Pier Paolo Pasolini
La saggistica
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di Pier Paolo Pasolini
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Tra le ultime opere di Pasolini, ve ne sono due che a mio avviso meritano una più attenta meditazione di quanto sia stato fatto finora. Mi riferisco ad Empirismo eretico e alle Lettere luterane.
È senz'altro chiaro e palese, dai titoli, il riferimento ad una riflessione filosofica e spirituale al punto che, questi scritti, possano essere elevati ad un ruolo simbolico ed estremamente significativo, dell'ultimo periodo dell'attività letteraria di Pasolini. Egli forse non giunge ad una sicura presa di coscienza, ma senz'altro vi è in lui un tormento intellettuale, la ricerca di un nuovo pensiero.
Oggi, ad una nuova considerazione, queste due opere paiono costituire, non certo per una consapevole volontà dell'autore, una sorta di lascito spirituale, dove dopo una analisi della realtà sociale italiana del suo tempo, compresa quella culturale e quella linguistica, fornisce alcune indicazioni, scova alcune strade per un'indagine.
Pasolini pare, da quello che trapela dai due libri, un letterato in evoluzione e di transizione. Cresciuto intorno alla letteratura neorealista, poco per volta se ne distacca, con il mutare della società. Vive l'instabilità di un progresso sociale repentino, ma non è consapevole di quale rimescolamento di certezze e di quale creazione di nuovi problemi, possano porre una società mutata ed una lingua pure mutata, come è quella italiana dei giorni di Pasolini. Egli avverte, mette in risalto, fa un ritratto fedele del suo tempo, ma senza mai un accenno esplicito. Nota dei mutamenti, riguardanti una società che passa rapidamente da uno stato prevalentemente agricolo ad uno essenzialmente industriale. È consapevole della creazione di nuovi problemi, ma non degli strumenti per risolverli, e né quali siano quindi questi problemi.
Pasolini, insomma, si arresta quando riconosce che il progresso, un certo progresso, è un falso progresso. Infatti parla di una mutazione antropologica avvenuta negli italiani, soprattutto nei giovani, ma non riesce ad approfondire il suo discorso letterario sui nuovi problemi. Prova anche un debole tentativo di risoluzione, con il piccolo trattato pedagogico inserito nelle Lettere luterane, "Gennariello", dal vago richiamo all'Émile di Rousseau.
Si può certamente dire che si è arrestato sulla soglia di nuovi sentieri letterari, come quello filologico e quello filosofico. Se, infatti, noi esaminiamo attentamente le due opere, vediamo che il problema filologico è presente in Empirismo eretico, e quello filosofico nelle Lettere luterane, sottolineando così una crisi nell'ambito della letteratura contemporanea, in quanto sfuma lentamente l'analisi sociale e subentra un approfondimento dell'interiorità psichica dell'uomo, fino ad estendere il discorso ad ogni problema della vita umana.
Nella prima opera, egli traccia rapidamente una storia della lingua italiana del millenovecento, lingua divisa ormai tra una cultura letteraria e una cultura nuova, quale quella industriale, e quindi con una conflittualità interna enorme.
Nella seconda opera si sofferma sulla realtà sociale italiana, "laboratorio di studio degli effetti nuovi creati sugli uomini da questa situazione politica", dice Pasolini, effetti sconvolgenti dal punto di vista antropologico.
Questi due libri, vengono a costituire così un fondamento per l'interpretazione della crisi non solo della società italiana, ma anche della letteratura italiana in generale, rappresentata dalla crisi del romanzo, come esaurimento di una spontaneità di contenuti, e appaiono come un tentativo, quello di Pasolini, alla ricerca di una parola unica e padroneggiante la realtà come la parola epica, ad esempio, dove il tempo è fermo, immobile, dove non esiste il dramma della scelta e della ricerca dell'originalità, mentre invece nel mondo delle due opere qui considerate, tutto è rimesso in discussione ed instabile.
Ormai Pasolini sembra un letterato latino, laddove fa avanzare il suo lato morale, letterato che conosce la filosofia o almeno ha una sensibilità per i problemi filosofici più o meno coscientemente, come da quello che chiaramente affiora già dai titoli dei due libri menzionati.
Dalla rivista di letteratura La Procellaria, anno XXXVII, n. 2, aprile-giugno, 1989
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