La saggistica

Pier Paolo Pasolini
La saggistica

"Che cos'è e come è
fatta la critica"
di Angela Molteni



"Che cos'è e come è fatta la critica?". Naturalmente questo è un problema molto vecchio, benché neanche lontanamente risolto, dice Pasolini. E aggiunge: "Tuttavia pensavo che facendo personalmente io della critica e per tanto tempo questo 'mistero' mi si sarebbe un po' e almeno pragmaticamente chiarito. Invece no... Ho fatto delle 'descrizioni'...
In Descrizioni di descrizioni, dunque, Pasolini si occupa di critica letteraria. E lo fa in modo superlativo. In modo che leggere queste pagine dà l'impressione di leggere un racconto, una "descrizione" appunto. Lo scrittore iniziò la propria collaborazione a "Tempo" nel novembre 1972, procedendo fino al 24 gennaio 1975. 15 pezzi pubblicati su "Tempo" vennero poi inclusi - con una scelta dello stesso Pasolini - in Scritti corsari, pubblicato nel 1975. 
Sono raccolti in Descrizioni di descrizioni i brani in cui Pasolini parla di autori italiani (Pestelli, Arbasino, Calvino, Siciliano, Bellezza, Lalla Romano, Bassani, Volponi ecc.), ma anche di alcuni importanti opere di scrittori stranieri (Forster, Platonov, Strindberg, Céline, Márquez, Dostoevskij, Tanizaki ecc.).
Mi soffermerò in particolare su due "pezzi", perché, in qualche modo, legati all'attualità. Si tratta, nel primo caso, di una sorta di "polemica" nata con l'uscita recente di un libro di Carla Benedetti (Pasolini contro Calvino. Per una letteratura impura, Bollati Boringhieri 1998 - vedi l'intervento su "Pagine corsare" ): Pasolini recensì il 28 gennaio 1973 Le città invisibili di Italo Calvino: riporto alcuni accenni di ciò che scrive su tale libro e sul suo autore. Nel secondo, Pasolini si riferisce (18 novembre 1973) a una dichiarazione su Calderón (l'opera teatrale pasoliniana pubblicata nel 1973) di Adriano Sofri, allora leader di "Lotta Continua".
 

28 gennaio 1973
Italo Calvino, Le città invisibili

Sono cresciuto insieme con Italo Calvino [...] Il nostro lavoro in qualche modo si integrava, benché fosse così diverso; e ci legava soprattutto l'ottimismo - come un buon sentimento - consistente nella convinzione che il nostro lavoro fosse al "centro" di qualcosa, e che qualcosa ne dovesse risultare. In modo molto ombroso, ci ammiravamo e ci amavamo, senza molti complimenti, troppo presi dall'importanza di ciò che facevamo per consentirci pause disinteressate.
Poi Calvino ha cessato di sentirsi vicino a me. L'ho capito subito. All'inizio degli anni Sessanta, qualcosa si spaccava, e io e lui eravamo sulle parti opposte della spaccatura. Il suo viso militare, fiero e furbetto, sotto le grosse sopracciglia nere, che benché così settentrionale lo rendono molto mediterraneo, la bocca carnosa che si agita sempre come sul punto di dire qualcosa che passa ilarmente da lontano nel suo cervello attento - questa sua immagine ha cominciato un po' a ingiallire e a scolorirsi [...] Naturalmente ho da ridire col modo in cui Calvino ha scelto l'"attualità": la sua apertura verso la neo-avanguardia e la sua adesione aprioristica al Movimento Studentesco (per tenermi molto sulle generali). Non so cosa è passato realmente dentro la sua testa in questi ultimi anni, perché Calvino, forse diplomaticamente, ha taciuto e ha un po' mentito. [...] Fatto sta che Calvino ha mantenuto intatto il suo credito, mentre io screditato due volte, da due mode da cui Calvino invece non si è dissociato - stabilendo con esse una specie di sia pur distratta alleanza - col ristabilirsi della verità, che io, inopportunamente, ho gridato a tutti i venti come una gallina spennacchiata - continuo a godermi non solo il discredito [...] ma anche la antipatia di chi non mi sa perdonare di aver detto a suo tempo ciò che era giusto dire. Di Calvino, dicevo, per qualche anno non ho saputo realmente niente, quasi che anche fisicamente egli avesse avuto una specie di sospensione. [...] Adesso egli mi riappare, non solo vero, ma più vero che mai, col suo ultimo libro, che non solo è il suo più bello, ma bello in assoluto. [...] La cultura specifica di Calvino, poi, che è quella letteraria, liberatasi dalla sua funzione, dai suoi doveri, è divenuta come una miniera abbandonata, in cui Calvino va a prelevare i tesori che vuole. Che cosa vi preleva? (1)

Pasolini trova nel libro di Calvino tre "tesori": la scrittura ("... metallica, quasi cristallina, ma leggera, incredibilmente leggera: la scrittura del gioco..."); le tecniche dell'ambiguità ("... In ogni pagina... ogni canone è sospeso: anzi, è motteggiato..."); il surrealismo ("... un surrealismo che è la delizia delle delizie... [perché] sono funzionali a quella folle ideologia multipla, che contesta ogni possibile logica della ragione, e soprattutto quella dialettica...").
 
18 novembre 1973
Calderón

Interrogato sulla sua opinione intorno alla politicità di un'opera teatrale in versi appena uscita, Adriano Sofri [...] ha dichiarato che "dal punto di vista personale la tragedia lo interessa anche, ma dal punto di vista politico non ha commenti da fare, la sua rilevanza è nulla, non ha peso". Adriano Sofri è uno di quei giovani nati col '68, nel '68. Per lui "politica" significa "azione politica" nella pratica, "intervento politico" in ogni altro campo. Su altri punti egli è molto più agile, intelligente e possibilista (cioè cosciente delle infinite complicazioni della realtà) dei suoi compagni: ma su questo punto egli è rigidamente ortodosso. Per lui il pensiero non è pensiero se non si manifesta come azione. [...] Ecco perché a Sofri e ai suoi compagni piacciono unicamente gli atti d'accusa, le "querelles", le melopee, le documentazioni di parte, le oratorie vibranti, le condanne spietate e indiscriminate. Ecco perché la scrittura è per loro tanto più politica quanto più è piatta, convenzionale, banale, elementare, corretta da una certa ironia demagogica (che consenta anche fughe nell'ambiguità dello scherno). L'opera teatrale su cui Sofri ha pronunciato il suo "impersonale" giudizio è mia: si intitola Calderón ed è uscita in questi giorni. (1)

Pasolini spiega quali siano i contenuti di Calderón e conclude:
I gauchisti per anni [...] hanno fatto del Potere (chiamato "Sistema") l'oggetto di un "transfert"; su tale oggetto essi hanno scaricato tutte le colpe, liberando così, per mezzo di un meccanismo estremamente arcaico, la propria piccolo-borghese "coscienza infelice". [...] Il risultato di una convenzionale, approssimativa, banale, e quindi mitica e irrazionale idea del Potere, ha fatto sì che l'azione politica contro il Potere [...] accumulasse anche i caratteri "negativi" del nemico: non si può condurre una lotta intelligente contro un nemico considerato irreparabilmente stupido. [...] Una meditazione, non demagogica, su ciò che è realmente il potere, sarebbe a questi giovani rivoluzionari molto utile, anche per ciò che riguarda l'azione politica immediata, che è la sola che essi (forse giustamente) ritengono valida. (1)
(1) Descrizioni di descrizioni, Garzanti, Milano 1996
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di Angela Molteni

Bibliografia
 

La saggistica - Che cos'è e come è fatta la critica?, di Angela Molteni

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