![]() |
|
![]() |
Il cinema ![]() Il Decameron di Pier Paolo Pasolini (e di Giovanni Boccaccio, of course...) a cura di Angela Molteni Nella versione definita dal montaggio che ha portato Il Decameron nelle sale cinematografiche nel 1971, Pasolini riprende, e interpreta liberamente, nove racconti tratti dall?opera omonima scritta tra il 1348 e il 1353 da Giovanni Boccaccio, il grande poeta e narratore del Trecento (ai racconti utilizzati da Pasolini nel suo film colleghiamo qui alcune novelle originali di Giovanni Boccaccio): La genesi del film pasoliniano ? comunque pi? complessa di quanto appaia dalla versione definitiva del film. Il testo della sceneggiatura del Decameron edito da Garzanti (e recentemente anche nei Meridiani Mondadori) ? tratto da un dattiloscritto; il progetto iniziale, secondo il trattamento, del quale pure si conserva copia in un dattiloscritto, era di un film ?di almeno tre ore?, suddiviso in tre parti, comprendente un numero maggiore di novelle rispetto a quante ne furono elaborate in sceneggiatura. In una lettera al produttore Franco Rossellini, Pasolini illustrava in questi termini le proprie intenzioni:Primo tempo:? ?Caro Rossellini, portando a termine la lettura del Decameron e maturandolo, la mia prima idea del film si ? modificata. Non si tratta pi? di scegliere tre, quattro o cinque novelle di ambiente napoletano, ossia di una riduzione di tutta l?opera a una parte ?scelta da me?: si tratta piuttosto di scegliere il maggior numero possibile di racconti (in questa prima stesura sono 15) per dare quindi un?immagine completa e oggettiva del Decameron. Va previsto dunque un film di almeno tre ore.?Passando dal trattamento alla sceneggiatura, e poi dalla sceneggiatura al film, non solo cambia il numero delle novelle coinvolte, ma cambia anche la struttura generale dell?adattamento pasoliniano. Riporto qui di seguito, riprendendolo dalla prefazione di Gianni Canova all?edizione garzantiana, l?elenco delle novelle, mettendo tra parentesi la loro collocazione nel libro di Boccaccio e evidenziando in colore blu i racconti che non appaiono nella versione finale del film di Pasolini; per Alibech troverete collegato un testo dal titolo L'utopia del senso nella novella di Alibech (Decameron III, 10) di Alessandro Marini - comprendente anche il racconto originale di Giovanni Boccaccio (Alibech ? il racconto girato da Pasolini che sfortunatamente ? andato perduto; se ne parla nell'iniziativa culturale del Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini la cui pagina informativa ? qui collegata). Come si pu? notare, l?adattamento procede nel senso di una sempre maggiore riduzione del numero di novelle; spariscono quelle di ambientazione esotica e quasi tutti i racconti che appartengono a un ambiente aristocratico-borghese. Alla utilizzazione definitiva delle novelle di Boccaccio nel film pasoliniano abbiamo gi? accennato sopra.?TRATTAMENTO: ![]() ![]() [Sopra, a sinistra Franco Citti-Ciappelletto morente e, a destra, Giuseppe Zigaina-il santo frate che raccoglie la sua ultima confessione. Cliccando sulle immagini se ne potranno vedere altre.]? Il secondo episodio-guida ? quello dell'allievo di Giotto, interpretato dallo stesso Pasolini: in chiave autobiografica il regista-attore sottolinea il rapporto tra la vita, il sogno e l'arte. Al termine del film, l?allievo di Giotto-Pasolini festegger? con i suoi lavoranti l'impresa compiuta, poi, guardando l'affresco - il suo film - dir?: "Perch? realizzare un'opera, quando ? cos? bello sognarla soltanto?".? [Cliccare sulle immagini dell'allievo di Giotto-Pasolini per vederne altre.] ![]() ![]() ([Il "quadro" complessivo ? riprodotto qui sopra: cliccando sull'immagine se ne potranno vedere alcuni particolari].? Cinque dei nove racconti sono "licenziosi", cio? l'erotismo vi ha il sopravvento. Sono i seguenti:?
![]() All'inizio del film vi ? il racconto in cui ? narrata la vicenda di Andreuccio da Perugia (Ninetto Davoli) recatosi a Napoli per comprare cavalli.? [Cliccare sull'immagine per vederne altre.]? Andreuccio viene condotto in un rione malfamato nell'abitazione di una giovane che, svelandogli di essere una sua sorella, lo deruba dopo averlo fatto cadere in un pozzo nero; dopodich? Andreuccio viene indotto da ladri sacrileghi a spogliare il cadavere di un arcivescovo; in questa occasione recupera un rubino che lo ripaga del furto precedentemente subito.? Un vecchio racconta poi un'altra storia ambientata in un convento, introducendo in tal modo la novella di Masetto. [Nelle immagini sotto: Masetto e le monache nel cortile del convento. Cliccare sulle immagini per vederne altre.] Le sceneggiature originali per i film della Trilogia della vita sono state pubblicate postume nel volume Pier Paolo Pasolini, Trilogia della vita. Le sceneggiature originali de Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il Fiore delle Mille e una notte, prefazione di Gianni Canova, Garzanti, Milano 1995. Presso Cappelli, Bologna 1975, era stata pubblicata un?edizione della Trilogia della vita, a cura di Giorgio Gattei, con le sceneggiature ?desunte dalle copie dei film attualmente in distribuzione?. Nel 2001 sono usciti, a cura di Walter Siti e Franco Zabagli, nei Meridiani Mondadori due volumi, Pasolini per il cinema, comprendenti tutte le sceneggiature e trascrizioni dei film realizzati, oltre ai commenti per documentari, alle sceneggiature in collaborazione e materiali per film altrui, alle idee, soggetti, trattamenti, alle "confessioni tecniche" e altro, alle interviste e dibattiti sul cinema). [Qui sotto: Lisabetta e il suo amato Lorenzo.] ![]() ![]() Denunciato alla Procura di Trento il 26 agosto 1971, la denuncia fu archiviata dal giudice istruttore; ci? nonostante, molti procuratoti della Repubblica, in varie parti d?Italia, decisero il sequestro del film nella loro zona e una schiera interminabile di cittadini italiani inoltrarono denunce contro il film; ogni volta il tribunale di Trento, rivendicando la propria competenza territoriale, ne ordin? il dissequestro. Il commento-recensione di
Al tempo del Vangelo secondo Matteo Pier Paolo Pasolini spieg? che per l'interpretazione aveva voluto evitare le ipotesi particolari e aggiornate e tenersi invece al senso comune. Cosa intendeva Pasolini per senso comune? Evidentemente, la fruizione del testo, attraverso i secoli, ?fuori della storia?, da parte di infiniti lettori, nei luoghi e nelle situazioni pi? diverse. Il senso comune: cio? il senso di tutto ci? che sfugge alla moda, alla storia, al tempo.? Pasolini, d'altra parte, come ? noto, ? un manierista, forse il maggiore della nostra letteratura dopo D'Annunzio. Cos? fin dal Vangelo secondo Matteo abbiamo avuto questo curioso e raffinato connubio: la visione ?inattuale? del senso comune accoppiata coi mezzi espressivi ?attuali? del manierismo decadente. Per Il Decameron, Pasolini ha proceduto in maniera non dissimile che per Il Vangelo. Ha accettato e fatta sua la visione del senso comune di tutti i tempi la quale considera Il Decameron come un libro non solo privo di tab? ma anche privo del compiacimento di non averne; un libro, cio?, in cui letteratura e realt? si identificano perfettamente per una rappresentazione totale dell'uomo. Accettata questa visione in fondo scandalosa (rispetto alla morale repressivamente permissiva di oggi) Pasolini ? passato a lavorare sui racconti del Boccaccio con tutte le risorse del suo estetismo critico e virtuosistico. Per prima cosa ha notato che nel Decameron la rappresentazione realistica della civilt? contadina ? chiusa in una cornice umanistica e raffinata. Indubbiamente questa cornice ha una grande importanza; essa crea quel rapporto tra gentilezza e rusticit?, tra realismo e letteratura, tra immaginazione e verit? che ? uno degli aspetti pi? affascinanti del Decameron. Gettando via questa cornice illustre ed elegante, Pasolini sapeva di modificare profondamente il testo boccaccesco; ma dimostrava al tempo stesso di essere un regista irresistibilmente originale ossia fatalmente infedele.? Pasolini non soltanto ha gettato via la cornice umanistica ma ha anche sostituito la ?favella? toscana con il dialetto napoletano. Si comprende anche facilmente perch?. Una volta distrutta la finzione della villa deliziosa in cui, in tempi di pestilenza, si ritira una brigata di gentiluomini e di gentildonne per godersi la vita e raccontarsi dilettose vicende immaginarie, alla rappresentazione del mondo boccaccesco conveniva meglio il napoletano ancora oggi vivo ed aggressivo che il toscano cos? estenuato persino in bocca dei contadini e degli artigiani. L'operazione linguistica, diciamolo subito, ? perfettamente riuscita ed ? uno dei caratteri pi? originali del film. Ne ? venuto fuori un Decameron in cui gli umidi e sordidi vicoli di Napoli sostituiscono le pulite rughe di Firenze e la rozza e rigogliosa campagna campana il pettinato contado toscano. Questa sostituzione topografica a ben guardare ? resa visibile soprattutto dalla sostituzione linguistica. A conferma una volta di pi? dell'importanza della parola nel cinema.? Altra soluzione felice ? quella del problema dell'erotismo boccaccesco altrettanto proverbiale quanto, in fondo, incompreso. Pasolini ha eliminato ogni tentazione di scollacciatura e ha fuso arditamente la serenit? rinascimentale con l'oggettualit? fenomenologica moderna. Nel film di Pasolini c'? pi? nudo che nel ?musical? Oh! Calcutta!; ma senza il compiacimento di infrangere tab?, semmai con l'idea di spingere la rappresentazione fin dove ? necessaria e dunque lecita. Crediamo che sotto questo aspetto Il Decameron pasoliniano segner? una data importante. Forse ? la prima volta che l'atto della copula viene presentato al cinema come puro e semplice gesto dei corpi, privo di significato e di valore, anzi visto come qualche cosa di difficile, di goffo e di scomodo che richiede la cooperazione di ambedue gli amanti.?
Gli interpreti sono tutti bravi per merito loro e di Pasolini che ha saputo sceglierli e dirigerli. Ma essi valgono soprattutto come volti inventati e rappresentati con estraniata immediatezza da encausto pompeiano.
[L'Espresso, 11 luglio 1971]
. . la canzone che state ascoltando ? A' cammesella] |
![]() |
|
![]() |