La saggistica

"Pagine corsare"
Saggistica

Pasolini, il posto delle lucciole
Viaggio in Friuli, dove 60 anni fa scoppiava lo scandalo che avrebbe
segnato una svolta nella vita del poeta
Marco Belpoliti, La Stampa 11 ottobre 2009
Campi coltivati a Casarsa

SANTA SABINA DI RAMUSCELLO (PN) - Una grande casa di color rosso mattone, dalla forma irregolare e gli infissi di legno chiaro, occupa il posto dove un tempo c’era il prato. L’hanno terminata da poco, e con la sua mole impegna tutto lo spazio visivo lungo la piccola via asfaltata che dalla chiesetta di Santa Sabina arriva qui incrociando la strada verso San Vito in Tagliamento. Una ragazza uscita dall’edificio dispone la biancheria su uno stenditoio pieghevole e traguarda più in là, oltre gli alberi. Dietro l’edificio, composto di due corpi asimmetrici, incastrati l’uno nell’altro, un Lego banale, c’è il resto di quel campo: erbacce che crescono dappertutto e i segni di un vivaio di piante abbandonate. Tra l’erba alta c’è anche un trattore dismesso, rovina della civiltà contadina nell’età della sua motorizzazione, anch’essa tramontata da un pezzo.

In questo prato, nel settembre di sessant’anni fa, veniva a infrattarsi un giovane maestro di scuola, figlio di una friulana e di un romagnolo, domiciliato a Casarsa, poeta quasi laureato e militante comunista. Non è solo, ma in compagnia di quattro ragazzi, uno di 15 anni, gli altri di 16. Li ha incontrati a una festa che si svolge vicino alla chiesetta, dove hanno montato una piattaforma di legno e si balla. Pier Paolo Pasolini - è il nome del maestro - le frequenta con assiduità; ha anche vinto una gara, danzando con una ragazza di San Giovanni, un paese del circondario. Le feste sull’aia, le sagre, le ricorrenze religiose, scatenano un’allegria che il prefetto di Udine definisce perniciosa. C’è molta voglia di divertirsi e odore di sesso nell’aria. Pier Paolo ne è inebriato, anche se i suoi gusti non s’orientano, come per gli altri, verso l’altro sesso, ma il proprio. Gli piacciono i ragazzi. Se ne innamora subito. Ne ha anche scritto in uno scartafaccio che tiene chiuso nel baule, a casa, e da cui, molti anni dopo, postumi, usciranno due libri: Atti impuri e Amado mio.

Quella sera, mentre percorre la strada dalla chiesetta di Santa Sabina alla cascina dei Centis, famiglia del luogo, ancora non sa che sta per dare una svolta decisiva alla sua vita, per determinare il destino che farà di lui il più famoso e discusso intellettuale italiano della seconda metà del XX secolo. Pier Paolo insegna a Valvasone, scrive moltissimo; è iscritto al Partito comunista: segretario della cellula di San Giovanni. Ha 27 anni ed è già un intellettuale noto nella zona. Sul suo conto circola anche una voce: gli piacciono i ragazzini. Giuseppe Zengarli di 15 anni e i suoi tre amici, Pietro, Renato e Ottorino Sovran, cugini tra loro, lo hanno già incontrato. E con ogni probabilità sanno cosa vuole.

Pier Paolo offre dei dolci e propone a Giuseppe di andare nel prato lì vicino. Percorrono oltre un centinaio di metri e, all’altezza della casa dei Centis, oggi ristrutturata per essere abitazione di una giovane coppia con bimbo, vanno tra l’erba, vicino agli arbusti d’acacie. Lì bacia Pietro sulla bocca; gli palpa il sedere e il membro sotto la stoffa dei calzoni. Quindi estrae il pene e si fa masturbare. Non raggiunge l’orgasmo: vuole che un altro ragazzo, Giuseppe, lo aiuti a eiaculare. Bacia anche Ottorino sulla bocca, mentre gli altri stanno a guardare. Alla fine dà loro 100 lire e se ne torna alla festa.

Da qualche tempo Pier Paolo non fa più mistero della sua omosessualità. Ne ha scritto ai carissimi amici di Bologna, la città dove ha studiato. A Franco Farolfi ha spiegato che 
l’omosessualità non è più un Altro dentro di lui; pensa di aver «salvato capre e cavoli, cioè 
l’eros e l’onestà». I due poli del dilemma li descrive anche all’amica più cara, Silvana Mauri: «Ho perso scrupoli e molte timidezze; ho imparato a far l’amore senza amore e senza rimorsi». In effetti, sei anni prima, nel bel mezzo della guerra, a Casarsa della Delizia, paese natale della madre, dove si è rifugiato, in una stagione bellissima, ha avuto la tanto sospirata iniziazione sessuale. Ma la vicenda del prato di Ramuscello non è senza conseguenze.

I ragazzi litigano e s’accusano l’un l’altro di «aver menato l’uccello a vicenda al Pasolini». La voce arriva ai carabinieri della Stazione di Cordovado che svolgono un’indagine. Il primo rapporto reca la data del 15 ottobre 1949. Due militi interrogano i ragazzi; poi chiamano in caserma Pasolini stesso, il 17 ottobre, che ammette «di aver commesso gli atti immorali a danno dei minori», e subito aggiunge «che quella sera ha voluto tentare una esperienza erotica di carattere e origine letteraria». Il riferimento è Gide. Nessuno dei ragazzi sporge denuncia. La famiglia di Pasolini è intervenuta, e l’avvocato Bruno Brusin ha pagato 100 mila lire a testa alle famiglie dei ragazzi per il danno subito. Ma la denuncia va avanti. Pier Paolo e il cugino Nico Naldini hanno saputo che esponenti democristiani gliel’hanno giurata: o Pasolini smette con 
l’attività politica oppure rendono nota la sua «anomalia sessuale». L’imputazione è di atti osceni in luogo pubblico e si prospetta anche il reato di corruzione di minore. Subito il Partito comunista lo espelle con infamia; lo fa Ferdinando Maurino, l’eroe partigiano Carlino, cui immediatamente Pier Paolo scrive un’accorata lettera: resterà in un cassetto del dirigente comunista 28 anni. La stampa comunista della regione pochi mesi prima ha attaccato un ex presidente dell’Azione Cattolica perché pederasta. In dicembre s’inizia il processo a porte chiuse e la sentenza arriva nel gennaio del 1950. Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Zengarli e Pietro Sovran vengono ritenuti colpevoli di atti osceni in luogo pubblico, reato previsto dall’art. 527 del Codice penale, e condannati a tre mesi di reclusione ciascuno e al pagamento delle spese processuali; la pena viene interamente condonata per effetto dell’indulto.

Il 28 dello stesso mese, alle 5 del mattino, accompagnato dalla madre, il poeta parte dalla stazione di Casarsa verso Roma. In quei mesi per lo scandalo si è consumata la tragedia famigliare: l’impazzimento del padre Carlo Alberto, militare di carriera, la perdita del posto a scuola, la depressione della madre, la sua profonda angoscia. Così Pier Paolo abbandona 
l’Eden, il Friuli cattolico e rurale, per le periferie romane, la Città Pagana e orgiastica, anche se, in Friuli come a Roma, i ragazzi li paga e li pagherà.

Nel 1951 a Pordenone c’è l’Appello. L’esito è favorevole. Cade l’imputazione di corruzione di minori e al centro della discussione, e delle verifiche logistiche dei giudici, c’è il prato di Ramuscello: è o no un luogo pubblico, visibile da chi passa? La perizia dei tecnici e il sopralluogo dimostrano che non è visibile dalla strada. I membri del tribunale non lo possono certo sapere, ma il prato è e resterà un luogo pasoliniano per eccellenza: spazio aperto 
all’esperienza amorosa nei romanzi, nei film, nelle vicende della sua vita vissuta: è lo spazio erotico. Lì vagano o giocano a calcio le «lucciole» del celebre articolo, ovvero i ragazzi a cui si accompagna per dare due calci al pallone, per consumare un atto sessuale o semplicemente per parlare con loro. È il pratone della Casilina di Petrolio, con venti ragazzi che possiedono Carlo, e sono i prati quelli in cui camminano verso il fallace Progresso Totò e Ninetto Davoli in Uccellacci e uccellini. «Nei salotti / non si può fare l’amore, e neanche nei letti. / Occorre un prato di periferia», recitano i tre suoi versi del 1968.

* * *

La lettera di Pasolini a "Carlino", spedita da Casarsa il 31 ottobre 1949

Caro Carlino,
circa tre mesi fa, come forse sai, sono stato ricattato da un prete: o io la smettevo col comunismo o la mia carriera scolastica sarebbe stata rovinata. Ho fatto rispondere a questo prete come si meritava dalla intelligente signora che aveva fatto da intermediaria. Un mese fa un onorevole democristiano amico di Nico mi avvertiva molto indirettamente che i democristiani stavano preparando la mia rovina: per puro odium theologicum - sono le sue parole - essi attendevano come iene lo scandalo che alcune dicerie facevano presagire. Infatti appena la manovra di Ramuscello, sempre per odium theologicum, è riuscita (altrimenti si sarebbe trattato di un fatterello senza importanza, una qualsiasi esperienza che chiunque può avere nel senso di una vicenda tutta interiore), probabilmente il Maresciallo dei Carab. di Casarsa ha eseguito gli ordini impartitigli dalla DC, mettendo subito al corrente i dirigenti, che a loro volta hanno fatto scoppiare lo scandalo in Provveditorato e nella stampa. Mia madre ieri mattina è stata per impazzire, mio padre è in condizioni indescrivibili: l’ho sentito piangere e gemere tutta la notte. Io sono senza posto, cioè ridotto all’accattonaggio. Tutto questo semplicemente perché sono comunista. Non mi meraviglio della diabolica perfidia democristiana; mi meraviglio invece della vostra disumanità; capisci bene che parlare di deviazione ideologica è una cretineria. Malgrado voi, resto e resterò comunista, nel senso più autentico di questa parola. Ma di che cosa parlo, io in questo momento non ho avvenire. Fino a stamattina mi sosteneva il pensiero di aver sacrificato la mia persona e la mia carriera alla fedeltà a un ideale; ora non ho più niente a cui appoggiarmi. Un altro al mio posto si ammazzerebbe; disgraziatamente devo vivere per mia madre. Vi auguro di lavorare con chiarezza e passione; io ho cercato di farlo. Per questo ho tradito la mia classe e quella che voi chiamate la mia educazione borghese; ora i traditi si sono vendicati nel modo più spietato e spaventoso. E io sono rimasto solo col mio dolore mortale di mio padre e di mia madre.

Ti abbraccio, Pier Paolo
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VEDI ANCHE:
Cronologia della storia LGBT, da Wikipedia
Omosessualità e legge, da Wikipedia

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