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Saggistica Pier Paolo Pasolini:
La Chiesa nega il sacerdozio ai gay, Paola Binetti associa l’omosessualità alla pedofilia, nelle città si è aperta la caccia ai gay. Arretratezza culturale, involuzione. L’omosessualità è ancora una colpa per i benpensanti medio piccolo borghesi. Della diversità Pasolini, nel 1974, su "Il Mondo" scriveva: "Si tratta, tutto sommato, di una delle tante forme di liberazione la cui analisi e la cui accettazione forma in genere l’orgoglio di un intellettuale moderno". Forse per questo egli è diventato l’icona stessa della diversità. Pasolini fu capace di scatenare grandi dibattiti fra i sostenitori dell’omosessualità come condizione naturale dell’uomo al pari dell’eterosessualità e fra quelli che la ritenevano una "malattia" o una "perversione". Argomenti che ancora oggi dividono. Nel primo caso, si argomenta, si prediligono i rapporti sessuali con persone del medesimo sesso da parte di soggetti con base anche eterosessuale, dove può non esistere il limite tra le due sfere, successivamente anche restringersi esclusivamente alla componente omosessuale dietro scelta personalmente vissuta. In questo caso sarebbe una libera scelta, non derivante da motivazioni traumatiche, da "blocchi" repressivo-coercitivi ma di completa apertura verso tutte le manifestazioni del piacere. In questi casi l’omosessualità non sarebbe una malattia. D’altra parte negli stessi rapporti eterosessuali spesso i partners si abbandonano a manifestazioni e slanci simulanti sodomizzazione. L’omosessualità diventa malattia quando è coercitiva, nel senso di una condizionata forzatura per preesistenti complessi o traumi infantili-educativi o anche per costituzionalità, quindi, scelta obbligata. Per Pasolini "non esiste uomo che non sia 'anche' omosessuale". Molte volte "la omosessualità" insita in un individuo rimane larvata e protetta da una "esplosione" di sentimenti moralistico-religiosi o sensi di colpa. Comunque sia, tesi condivisibili o meno a parte, rimane il fatto che ancora oggi gli omosessuali sono costretti a vivere dolorosamente e in solitudine il dramma della loro "diversità". E come spesso succede, il dolore genera rabbia, la rabbia ribellione. Quindi si assumono atteggiamenti di sfida, come sbandierare in modo esibizionistico modelli di comportamento "singolare", chiassoso e "provocante" che li costringe in uno stereotipo, dai più, inviso. Non risolvono così i loro problemi, soprattutto quello della solitudine, anzi li accentuano. Ma, spesso, questo diventa l’unico modo per dire "Eccoci, ci siamo. Anche noi abbiamo diritto ad avere una vita normale". Solo una società ancora intrisa di vetero-cattolicesimo, bigotta, che ha rigurgiti nazifascisti può pensare all’omosessualità come una colpa da fare espiare nei lager. Solo l’idea della "diversità" vista in chiave negativa, come "minaccia" della propria identità può generare quei sentimenti di paura, ansia, sospetto che pongono, per autodifesa, l’eterosessuale in un gradino più alto nella scala dell’umanità. Se vivessimo in una società più civile, in cui l’essere umano è valutato solo per quello che è, per le sue azioni, per il suo senso civico, per la sua correttezza, e non per le preferenze sessuali nessuno avrebbe bisogno di ostentare, enfatizzare il proprio essere gay, etero, nero, giallo, rosso. Una società davvero civile pone l’umanità tutta sullo stesso gradino. Pasolini scriveva di essere "non appartenente a nessuno, libero d’una libertà che mi ha massacrato… il mio blocco sessuale che mi rende un diverso … è anche la mia privata tragedia". E’ una condizione che forse vivono molti omosessuali. Ci si può anche abituare a una determinata attività sessuale che alla fine ne diventa la loro unica manifestazione, che certamente non è meno unica dei rapporti eterosessuali solo perché "amore non procreante". Procreante o meno è pur sempre amore. Perché si deve negare? Perché considerare gli omosessuali "malati" al punto da farne oggetto di studio tanto da elaborare tesi sulla loro esistenza alla stregua dei "fenomeni" anomali? Quanta ignoranza e quanti pregiudizi si nascondono dietro l’arroganza, la presunzione,
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