Pier Paolo Pasolini
La poesia
Le ceneri di Gramsci
commento di Massimiliano Valente
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Pubblicata nel 1957, questa raccolta di poesie rappresenta il punto più alto della poesia pasoliniana. Consiste in undici poemetti: 'Appennino, Il canto popolare, Picasso, Comizio, L'umile Italia, Quadri friulani, Le ceneri di Gramsci, Recit, Il pianto della scavatrice, Una polemica in versi, La terra di lavoro.
Le ceneri di Gramsci costituisce, nel panorama letterario del Novecento, un'opera fondamentale che rifiuta i toni stessi della poesia novecentesca. Anticipando e negando le neo-avanguardie, Le ceneri di Gramsci si rifanno a una tradizione precedente, anche nella forma metrica, costituita da poemetti in terzine.Un'opera di impegno civile e sperimentalismo formale in cui il poeta rappresenta in tutta la loro drammaticità le contraddizioni, consapevolmente vissute, del proprio pensiero.
"C'e' del carduccianesimo, senza dubbio, in Pasolini: nell'enfasi troppo frequente del discorso, nello stesso piglio populistico e giacobineggiante. Ma si tratta di un carduccianesimo generalmente filtrato attraverso la lezione di Giovanni Pascoli, un poeta verso il quale Pasolini dimostra di avere più di una conoscenza umana e letteraria.
[...] L'umile Italia è composta in strofe di dieci novenari. La famosa La mia sera è composta di strofe di sette novenari, più un senario di chiusura, che rima con il penultimo novenario. Altre analogie ci permettono in questo caso di pensare ad un rapporto ancora più stretto, ad una lettura diretta del testo pascoliano. Nell'umile Italia troviamo: "leggera è la gioia" (e sembrerebbe espressione tipicamente pascoliniana); ne La mia sera: "una gioia leggera". In Pascoli: "Che voli di rondini intorno! che gridi nell'aria serena!"; in Pasolini il motivo delle rondini volanti e stridenti sulle piazze italiche è ripreso e ampliato nella terza e quinta strofa". (1)
Parole di Alberto Asor Rosa, che nel suo Scrittori e popolo, si riferisce all'"eccesso di tensione" presente nei primi componimenti dell'opera: L'Appennino, Canto popolare, Umile Italia, e i riferimenti letterari di Pasolini.
Ma è sul presunto populismo di Pasolini che si incentra l'analisi di Asor Rosa:
"E' da osservare, innanzi tutto, che il populismo pasoliniano fa ora un altro passo innanzi verso una coerente completezza. Se la fase dei primi poemetti aveva rappresentato per lo scrittore il passaggio da un populismo istintivo a un populismo cosciente, ora il populismo comincia a caricarsi di un preciso significato politico. Dietro l'ideologia del populismo si profila la presenza di una cultura, che si fa garante e in un certo senso testimone oggettiva, storica della visione pasoliniana di popolo. Si fanno i nomi di Croce e Gobetti, quasi a testimoniare la comparsa di una dimensione morale; si fa, soprattutto, il nome di Gramsci, e dietro o in Gramsci s'individua la funzione attiva, rivoluzionaria, di un'ideologia marxista". (1)
Le ceneri di Gramsci è il poemetto centrale dell'opera; composto nel 1954 ne rappresenta il punto più alto. Così Pasolini nelle note alla fine del volume:
"Gramsci è sepolto in una piccola tomba del Cimitero degli Inglesi, tra Porta San Paolo e Testaccio, non lontano dalla tomba di Shelley. Sul cippo si leggono solo le parole: 'Cinera Gramsci', con le date". (4)
Il poemetto si apre con un inizio lento, con ritmo cadenzato. Vi è contrasto tra il laico cimitero in cui è sepolto Gramsci e il lontano battere delle incudini dal quartiere popolare di Testaccio, non lontano da lì, ma già un altro mondo, un'altra vita. Il Gramsci di quel cimitero non è quello della prigionia, della lotta, "non padre, ma umile fratello" (2), quindi indifeso e solitario. E' riscontrabile in questa idealizzazione di Gramsci la figura del fratello partigiano assassinato: anch'egli giovane e indifeso. Ma il centro del poemetto si sposta sulla figura del poeta, mentre Gramsci viene "preso, ripreso e abbandonato più volte con un ritmo spezzato quasi a testimoniare la difficoltà di una precisa definizione. [...] Come se il poeta, volgendo lo sguardo direttamente su di sé, acquistasse maggior forza, maggior interesse". (1)
Il popolo assume una valenza di sincerità, quasi religiosa:
"Lo scandalo del contraddirmi, dell'essere
con te e contro di te; con te nel cuore,
in luce, contro te nelle buie viscere;
del mio paterno stato traditore
- nel pensiero, in un'ombra di azione -
mi so ad esso attaccato nel calore
degli istinti, dell'estetica passione;
attratto da una vita proletaria
a te anteriore, è per me religione
la sua allegria, non la millenaria
sua lotta: la sua natura, non la sua
coscienza; è la forza originaria
dell'uomo, che nell'atto s'è perduta,
a darle l'ebbrezza della nostalgia,
una luce poetica: ed altro più
io non so dirne, che non sia
giusto ma non sincero, astratto
amore, non accorante simpatia.." (2)
Gramsci rappresenta una dimensione storica, a cui il poeta si riferisce, ma che non intende come portatrice di progresso, che vede esclusivamente nella vitalità prorompente del popolo.
Il pianto della scavatrice è un lungo pometto in cui si fondono il ricorrente tema del tormento interiore del poeta, e il dramma di una società aberrante. Il pianto della scavatrice è l'emblema di uno sviluppo che è anche, e soprattutto, sofferenza per un futuro che si compie attraverso la lacerazione del passato. Un progressivo sviluppo che non avrà mai fine, portatore, quindi, di nuove ferite e nuove sofferenze. La scavatrice lancia il suo urlo quasi umano; ma in realtà e l'urlo del passato che muore.
Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
"La notizia di cui si parla in questi versi, e che ne costituisce il trauma, è l'annuncio, datomi da Attilio Bertolucci, della denuncia "per oscenità" del mio romanzo Ragazzi di vita". (4) Con queste parole lo stesso Pasolini spiega nelle note finali del volume il poemetto Recit.
"Mi aspettava nel sole della vuota piazzetta
l'amico, come incerto... Ah che cieca fretta
nei miei passi, che cieca la mia corsa leggera.
Il lume del mattino fu lume della sera:
subito me ne avvidi. Era troppo vivo
il marron dei suoi occhi, falsamente giulivo....
Mi disse ansioso e mite la notizia.
ma fu più umana, Attilio, l'umana ingiustizia
se prima di ferirmi è passata per te,
e il primo moto di dolore che
fece sera del giorno, fu pel tuo dolore". (3)
In Comizio Pasolini ricorda il fratello Guido, assassinato in circostanze particolarmente tragiche e laceranti durante la lotta partigiana.
"Mio fratello Guido, dopo un anno di eroica lotta partigiana nelle file della 'Osoppo', è caduto sui monti della Venenzia Giulia nel febbraio del 1945." (4)
"E in questo triste sguardo d'intesa,
per la prima volta, dall'inverno
in cui la sua ventura fu appresa,
e mai creduta, mio fratello mi sorride,
mi è vicino. Ha dolorosa accesa,
nel sorriso, la luce con cui vide,
oscuro partigiano, non ventenne
ancora, come era da decidere
con vera dignità, con furia indenne
d'odio, la nuova storia: e un'ombra,
in quei poveri occhi, umiliante e solenne...
Egli chiede pietà, con quel suo modesto,
tremendo sguardo, non per il suo destino,
ma per il nostro... Ed è lui, il troppo onesto,
il troppo puro, che deva andare a capo chino?
Mendicare un po' di luce per questo
mondo rinato in un oscuro mattino?" (5)
In La terra di lavoro il motivo centrale è rappresentato dalla condanna degli "operai, che muti innalzano, nel rione dell'altro fronte umano". (6) Questo distacco, questa impossibilità di comunicare è anche innocenza di quella coscienza popolare che in questi versi viene esaltata:
"Gli è nemico chi straccia la bandiera
ormai rossa di assassini,
e gli è nemico chi, fedele,
dai bianchi assassini la difende.
Gli è nemico il padrone che spera
la loro resa, e il compagno che pretende
che lottino in una fede che è ormai negazione
della fede". (6)
Per Quadri friulani, come scrive lo stesso Pasolini: "questi versi sono stati scritti per una mostra del pittore Giuseppe Zigaina a Roma". (4)
Una polemica in versi:"Sul n. 6 della rivista 'Officina' usciva un mio scritto intitolato 'La posizione', dove, quasi a concludere, si leggeva: "Quanto al posizionalismo, per così dire, tattico dei comunisti, o nella fattispecie dell''Unità' o de 'Il contemporaneo', sarebbe atto da Maramaldo, in questo momento, infierire. La crudezza e la durezza ideologico-tattica di Salinari e altri era viziata da quello che Lukács - in una intervista concessa a un inviato appunto dell''Unità' durante i lavori del congresso del Pcus - chiama prospettivismo. L'ingenua e quasi illetterata (e anche burocratica) coazione teorica derivava dalla convenzione che una letteratura realistica dovesse fondarsi su quel prospettivismo; mentre in una società come la nostra non può venire semplicemente rimosso, in nome di una salute vista in prospettiva, anticipata, coatta, lo stato di dolore, di crisi, di divisione." Questo passo ha suscitato una reazione, certo sproporzionata presso la redazione de 'Il contemporaneo', che con illazioni poco generose (a cui generosamente, poi, si è assunto l'incarico di rispondere Calvino, su 'Il contemporaneo' stesso) mi ha attaccato in una sua rubrica polemica". (4)
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NOTE
(1) Alberto Asor Rosa - Scrittori e popolo - il populismo nella letteratura italiana contemporanea- Einaudi
(2) Pier Paolo Pasolini - Le ceneri di Gramsci - Garzanti
(3) Pier Paolo Pasolini - Recit - Garzanti
(4) Pier Paolo Pasolini - Note al volume Le ceneri di Gramsci - Garzanti
(5) Pier Paolo Pasolini - Comizio - Garzanti
(6) Pier Paolo Pasolini - La terra di lavoro - Garzanti
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