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Vita L'assassinio di Pasolini e i «papelli» di Marcello Dell'Utri Angela Molteni, 4 marzo 2010
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![]() Immagine di pagina 555 di "Petrolio" (Einaudi 1992), contenente una scaletta e alcuni schemi È una delle rare pagine redatte di pugno da Pasolini nel suo testo quasi totalmente dattiloscritto, Propongo qui alcune mie brevi riflessioni - e alcuni articoli giornalistici - su ciò che sta accadendo "intorno a Pasolini" da martedì 2 marzo 2010. Il senatore del Pdl nonché “noto bibliofilo” Marcello Dell’Utri dichiara di essere in possesso delle pagine di un capitolo d “Petrolio” il cui testo risulta mancante nel volume pubblicato nel 1992 da Einaudi e anche nel manoscritto originale conservato al Gabinetto Viesseux di Firenze. La storia del romanzo Petrolio e del capitolo citato è stata raccontata nei libri di Gianni D’Elia Il petrolio delle stragi (Effigie, 2006) e di Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco Profondo nero (Chiarelettere, 2009). * * * Ecco, per esempio, i mafiosi appartengono a quest’ultima tipologia di persone: ciò che dicono può apparire in un primo momento assolutamente estraneo a qualsiasi contesto, oppure funzionale a sostenere una determinata tesi, di cui però il più delle volte sfuggono i contenuti. Poi, se le esternazioni vengono approfondite, può essere che se ne scorgano le connessioni, le finalità. O magari soltanto i "pii desideri", forse le necessità di depistaggio a beneficio di una strategia non esplicitata che, per essere compresa e contrastata, occorre preliminarmente mettere a fuoco. Infine, ricordo anzitutto a me stessa che una qualsiasi tesi, ipotesi o accusa, sostenuta dalla persona più intellettualmente onesta che esista sulla faccia della terra, deve passare necessariamente dalle forche caudine dei riscontri per trasformarsi in una prova. Anche per gli scrittori è così, ma soltanto loro probabilmente sono in grado di dire quel “qualcosa in più” che spesso precede o annuncia o pretende "la prova" (Pasolini stesso ne è stato un esempio fulgido, e forse proprio per questo ha perso la vita) che spesso concorre perfino a svelare misteri, o meglio indizi che non hanno ancora il crisma della prova ma che possono essere utili ai lettori - che fanno parte di quella pubblica opinione di cui parlava il Poeta: «L'intelligenza non avrà mai peso, maiSarebbe sempre auspicabile in ogni caso che si riuscisse a distinguere gli indizi o le ipotesi da ciò che può essere riscontrato: si tratta anche e soprattutto di assumere un comportamento che non conceda spazi agli equivoci o alle strumentalizzazioni. Da quest’ultimo punto di vista il magistrato Vincenzo Calia è stato coraggioso ed esemplare, e al suo stile penso sia opportuno fare riferimento. Soprattutto se qualcuno come Marcello Dell’Utri ci invitasse ad affidarci ai suoi “papelli”, sui quali a mio parere occorrerebbe essere cauti e sulla cui autenticità finora non c’è alcun segnale affidabilmente credibile. Mentre conosciamo, purtroppo, la sua familiarità con l’apocrifo. In ogni caso, e visto il rilievo che anche lo stesso Dell’Utri assegna alla vicenda delle “misteriose pagine” cui ha fatto cenno con un linguaggio semi-cifrato e contraddittorio, sarebbe opportuno un provvedimento di sequestro di dette pagine da parte della magistratura, cosa che - leggo ora - è stata puntualmente richiesta dall’avvocato Stefano Maccioni e dalla criminologa Simona Ruffini e anche da Gianni D'Elia nel suo articolo odierno sul "manifesto". Non sarebbe che un primo, doveroso passo in direzione di una verità che appare finora non onorata. [A.M.] QUI UN FILMATO ADNKRONOS CON ALCUNE DICHIARAZIONI DEL SENATORE-BIBLIOGRAFO * * * di Tommaso Di Francesco "il manifesto", 3 marzo 2010 Il senatore Pdl e noto «bibliofilo» Marcello Dell’Utri, nonché condannato per favoreggiamento di mafia e colonna di Berlusconi, ha annunciato di avere in mano una «scoperta» che sarà svelata alla XXI mostra del libro antico, Milano 12-14 mrzo: un dattiloscritto di Pier Paolo Pasolini che corrisponderebbe a un capitolo di «Petrolio», il romanzo incompiuto uscito postumo nel 1992. «L’ho letto - ha dichiarato - ma non posso dire nulla. Credo sia stato rubato dallo studio di Pasolini. È inquietante per l’Eni, parla di Cefls, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese». «È incredibile. Quel capitolo ‘Lampi sull’Eni” del romanzo ‘Petrolio’, ritenuto dal giudice Calia un documento storico sulle stragi d’Italia è stato rubato da casa di Pasolini. In termini giuridici è un ‘corpo di reato’. Pasolini potrebbe averci lasciato la vita per questo. Dell’Utri deve dire come lo ha avuto, chi glielo ha dato, per quali flni», accusa il poeta Gianni D’Elia, collaboratore del«manifesto» per molti anni, che per primo ha insistito sull’esistenza del capitolo scomparso nel saggio «Il petrolio delle stragi» (Effigie 2006). Appare chiaro che quel furto non è un fatto letterario ma riguarda le responsabilità del potere e che il capitolo diventa ora un’arma di ricatto. E Dell’Utri ci mette la firma. Ricordate quel che Pasolini scriveva solo un anno prima d’essere ucciso: «Io so, io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). * * * di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza “il Fatto quotidiano”, 3 marzo 2010 Adesso lo scoop letterario di Marcello Dell’Utri può diventare un input giudiziario, provocando la riapertura dell’inchiesta sull’uccisione di Pier Paolo Pasolini, assassinato all’Idroscalo di Ostia la notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975. E’ l’avvocato Stefano Maccioni (che un anno fa, assieme alla criminologa Simona Ruffini, depositò alla Procura di Roma un’istanza per riaprire le indagini sulla morte del poeta) a chiedere oggi ai magistrati il sequestro del misterioso dattiloscritto in possesso del senatore bibliofilo. Secondo Dell’Utri, si tratta di quindici pagine che costituirebbero un sunto di “Lampi Un omicidio, con ogni probabilità, di chiara matrice “politica”. Perché il capitolo misteriosamente scomparso è così importante? “Lampi sull’Eni” potrebbe costituire Che significa tutto ciò? Per l’ex pm di Pavia Vincenzo Calia, che negli anni passati ha Ma chi era Cefis? Dal dopoguerra in poi è stato il grande vecchio della finanza italiana, * * * Ladri di «Petrolio» di Gianni D’Elia “il manifesto”, 4 marzo 2010 Uno straccio di verità: sono ormai 35 anni che sul delitto di Pasolini in molti la chiediamo, Ossia qualcuno che è quanto più lontano da un antifascista come Pasolini si possa immaginare; e dico antifascista, perché per la denuncia del nuovo fascismo Pasolini è stato assassinato il 2 novembre del 1975, schiacciato come un cane all’Idroscalo di Ostia. Il nuovo fascismo era per Pasolini il nuovo potere economico del consumismo e del trasformismo politico, che dal delitto di Enrico Mattei del 1962 arriva alle stragi del «doppio Stato», passando per la loggia P2 fondata da Eugenio Cefis, e lasciata per paura al duo Gelli-Ortolani, fino a una delle società nascoste della Edilnord Centri Residenziali (già Edilnord s.a.s. di Silvio Berlusconi & c.), con sede a Lugano, dell’avvocato Umberto Previti, padre di Cesare, cui hanno dato il pittoresco nome di Cefinvest Un’eredità non dissimulata? Pasolini stava addosso a questa guerra del potere per il petrolio pubblico e privato, scriveva un romanzo complesso e dirompente, che se fosse uscito in quegli anni, in traduzione mondiale, avrebbe svelato l'economia politica delle stragi, che derivava da quel primo delitto fondativo del marcio italico che è l’attentato contro Mattei. Vengono i brividi a sentire che il berlusconismo si è impossessato anche di questo reperto: Ora, questo inedito pasoliniano, così bellamente sbandierato a una mostra del libro antico in programma a Milano dal 12 al 14 marzo, non potrà essere mostrato perché prima che di documento letterario si tratta di reperto di un delitto, oggetto di reato di furto o sottrazione, All’uscita della mia piccola inchiesta sul romanzo postumo come prova del delitto politico di Pasolini, già anticipata per tratti sintetici dal mio precedente e collegato saggio, L’eresia di Pasolini (Effigie, 2005) a parte una coraggiosa incursione di Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera («Il Petrolio al veleno di Pasolini. Il caso Mattei, i sospetti su Cefis e la morte violenta del poeta», 7 agosto 2005), si è assistito al dubbioso ripudio di molti, a partire dagli eredi, nei confronti di quel manoscritto e paragrafo scomparso, di cui resta solo il sunto con lo schema del potere italiano di allora in guerra: «Cefis (Fanfani, fisicamente) - Monti (Andreotti, fisicamente)». Così sta scritto, e quello che manca lo ha fatto riapparire il mago dell’Utri. Si tratta di «Lampi sull’Eni»? Si tratta di quel capitolo, che Pasolini chiama paragrafo? Ora Dell’Utri accenna a un privato anonimo come elargitore, e conferma: «Sono 78 pagine e si intitola Lampi suil’Eni. Se esiste ora quel capitolo, o paragrafo, se è quello di cui si parla da anni, non può e non potrà essere lasciato nelle mani di chi è già condannato per mafìa, e ha tra i suoi più cari amici e capi i piduisti iscritti a quell’albo nero della Repubblica. Pasolini non merita questo. Chiedo alla magistratura (a Roma c’è un fascicolo riaperto sull’omicidio di Pasolini) di farsi consegnare il dattiloscritto per esaminarlo, convocando magari il giudice Calia che ne sa Penso a tutti gli amici di Pasolini, ai lettori del mondo di questo poeta senza giustizia, alla beffa che in questo momento sentiamo aleggiare anche su questa ferita. Che quel capitolo esistesse, lo sentivamo, col cuore, con gli occhi e con le orecchie; col cuore dei compagni; con gli occhi dei lettori di Petrolio: «Per quanto riguarda le imprese antifasciste... ne ho già fatto cenno nel paragrafo intitolato “Lampi sull’Eni”, e ad esso rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria» (Appunto 22a, p.97); con le orecchie dei testimoni: «Mia cugina Graziella mi telefonò: “Sono venuti i ladri in casa, hanno rubato della roba, gioielli e carte di Pier Paolo”». Era passato forse un mese dal delitto, come ci disse Guido Mazzon, cugino di Pasolini e grande tromba jazz, a Pavia, il 24 ottobre 2005. Chiediamo il sequestro cautelativo della memoria di Pasolini, Insieme alla mobilitazione di chi si sente offeso, a partire dai morti a catena: Mattei, il suo pilota, il reporter americano, il giornalista Mauro De Mauro, il giudice Pietro Scaglione, fino a Pasolini, tutti sulle tracce di Cefis e della prima P2. * * * di Oliviero Beha "il Fatto Quotidiano", 3 marzo 2010 Troviamolo in fretta, e assegnamogli ad honorem e per acclamazione l’Oscar per la migliore sceneggiatura. Il film come sapete si chiama “Italia 2010” ed è frutto di una regia collettiva. O meglio, di un certo numero di persone. Sembra un film a episodi, tipo “I mostri” o “I nuovi mostri” di tanti anni fa e non certo l’ultimo orrendo remake. In realtà è davvero quella che si dice una pellicola corale. Mi limito qui a segnalarne alcuni spunti, per invitarvi a non perderlo. Anche perché è già uscito nelle sale, è in tv, su Internet, sui giornali, e temo che se non state attenti oltre ad “uscire” se ne andrà proprio per conto suo svicolando la coscienza del pubblico cui è dedicato. Intanto, in un giorno di tensione per il bavaglio all’informazione politica, i talk-show Rai sospesi, l’attentato alla democrazia e simili, esce la notizia che è stato ritrovato qualcosa a quel che sembra importante circa il romanzo postumo di Pier Paolo Pasolini. E chi annuncia il ritrovamento? Alberto Asor Rosa? Tullio De Mauro? Ninetto Davoli? Macché. Dall’Ansa di ieri: "Il senatore del Pdl Dell’Utri ha annunciato la scoperta di un dattiloscritto scomparso di Pasolini sui misteri dell’Eni. "L’ho letto ma non posso ancora dire nulla - ha detto Dell’Utri - è uno scritto inquietante per l’Eni". Meraviglioso: lui, il noto bibliofilo non ci dice nulla che lo riguardi e che lui conosca da vicino, quelle cosucce simpatiche e un po’ mafiosette per cui è già stato pluricondannato in un paio di gradi di giudizio, nulla - che so - sulla massoneria deviata o rientrante di questo paese. Ma ritrova lo scritto di uno che se fosse ancora in vita gli sarebbe saltato metaforicamente al collo.[...]
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