La saggistica

"Pagine corsare"
Saggistica

Il caso Pasolini
"Non sei tu la morte... Ordine di Stato"
Testo teatrale in nuce
di Giuseppe Lorin, 13 giugno 2009

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Perché realizzare un’opera, quando è così bello sognarla soltanto?
Pier Paolo Pasolini, "Decameron" (1970-71)


Avevo iniziato a scrivere questo testo per il teatro, poi, gli infiniti impegni, mi hanno portato lontano da questa idea, fino a che Angela Molteni, memoria storica di Pier Paolo Pasolini, ereditata direttamente da Laura Betti, con una sua e-mail, mi ha fatto rivivere quel momento emozionante di chi “sente” la volontà di altre entità invisibili ai nostri sensi, che ti “rapisce” 
l’anima e ti induce a metterti in contatto empatico con questa “volontà”, al fine di dipanare eventi mai chiariti. (Giuseppe Lorin)

P.P.P.: Da bambino mi divertivo a modificare la fine delle storie; creavo così un nuovo racconto che, pur in un epilogo diverso, manteneva la struttura dell’originale. Così facendo, mi dava estrema soddisfazione manipolare un’opera universalmente approvata. Questa metodologia creativa l’attuavo tutte le volte che non volevo soffrire; era per me, un meccanismo di difesa, di rimozione: riversavo su un oggetto similare quelle attenzioni che non potevo riversare 
sull’oggetto autentico… Con l’andar del tempo l’attenzione… la spostai sulle persone.

P.P.P/NINETTO: (con voci sovrapposte) Non posso ancora dirti niente, aspetto una telefonata importante, ma ti prometto che ci vedremo. Ti richiamo più tardi per dirti quando. Stai tranquillo, ancora ci tengo a te, io; anche se non ci si vede più come prima… e questo, lo sai bene, l’hai voluto tu. Ciao, a più tardi.

PINO PELOSI: (concitato) Quei fetusi catanesi hanno ucciso il mio cane! Che cazzo vogliono? (piange disperato) L’ho seppellito con le mie mani!

P.P.P.: Ribadisco che non ce n’è uno, dico uno, dalla destra democristiana alla sinistra democratica, che non sia colluso con affari criminali, mafiosi, o con gruppi terroristici; non sappiamo più con chi abbiamo a che fare. Il Pci sembra un po’ più pulito degli altri partiti, nonostante i suoi intrighi interni. È il solo che potrebbe riconquistare la fiducia della gente ed è anche l’unico sbarramento possibile contro l’estrema destra. Con il governo Moro, ci saranno forse delle buone proposte che porteranno al giusto equilibrio, ma alcuni… non hanno la coscienza tranquilla, e penso che saranno improbabili delle proposte innovative per il nostro paese… Ho l’impressione d’essere continuamente spiato!

NINETTO: Caro Paolo, non riuscirò mai a scriverti cose belle, come sai fare tu, questo è sicuro! Ma devi sapere anche che, ricordando la nostra amicizia, l’amore che abbiamo vissuto, nonostante lei e quello che provo per lei, io non ti ho mai dimenticato, non ti ho mai abbandonato. Tu sei tutto per me, ti devo tutto. Tu sei il padre che avrei voluto avere. Io parlo come un figlio, ma senza avere paura, e voglio che tu sappia che io non ti lascerò mai, anche se so che ancora mi vuoi bene così come me ne vorrai per sempre; forse anche se non me lo dici più. Chiamami al tuo ritorno, voglio sapere del film di cui mi parlavi. È quello che tu vuoi ancora girare con me, quello che ci farà stare di nuovo insieme? Non so scriverti altro, Paolo, non lo so fare, nella mia testa tutto diventa confuso all’improvviso, le parole non bastono a esprimere i miei pensieri, per te. Sono preoccupato per te. Ti abbraccio. Un bacio. Sempre tuo, Ninetto.

Il testo teatrale continua con il medesimo afflato poetico, ricco di sensazioni e di sentimenti mai sopiti, in un gioco teatrale ad intreccio, così come un groviglio di intenti un intreccio di colpe hanno portato il Poeta alla morte per … “ordine di Stato”! “Il percorso evolutivo, umano e intellettuale, di Pier Paolo Pasolini è segnato fin dall’inizio da una visione antitetica dell’autorità. La vita stessa gli “impone” uno schieramento preciso, ovvero un rifiuto netto e sempre più raffinatamente articolato nei confronti di tutto ciò che obbliga, che pretende, che opprime la volontà individuale. La contrapposizione al potere è al centro della sua stessa esistenza, che lo vede fin da piccolo schiacciato dalla presenza castrante del padre. Carlo Alberto Pasolini è infatti un ufficiale fascista, il che è di per sé sufficiente a fargli incarnare un ruolo insopportabile per Pier Paolo bambino, dotato di spiccata sensibilità e di un’innata propensione a coltivare la propria individualità. L’autoritarismo del padre è presente nel pubblico come nel privato: alcolista, dedito al gioco d’azzardo, maltratta la madre:
«Quelle scenate hanno fatto nascere in me il desiderio di morire […]. È stato 
l’incubo della mia vita. Tutte le sere aspettavo con terrore l’ora della cena sapendo che sarebbero venute le scenate».
Il terribile teatro della vittima e del carnefice grava sull’infanzia di Pasolini e gli impone di non rimanere spettatore e di farsi attore. Il bambino allora prende posizione, si schiera con il debole e contro l’oppressore. Non è una contrapposizione ingenua, ma la scelta coraggiosa di non chiudere gli occhi di fronte al dolore, per quanto gli è possibile. Questa scelta si evolve, divenendo la tematica di fondo di una ricerca spirituale e intellettuale che lo porta a guardarsi intorno con quella costante vis polemica di cui egli stesso patirà più volte le conseguenze, fino al tragico epilogo della sua esistenza.

C’è da chiedersi quanto si tratti veramente di una scelta. L’opera di Pasolini sembra tracciare un’autobiografia dello spirito in qualche modo dettata da un fato ineluttabile:

«…eravamo grandi nemici, ma la nostra inimicizia faceva parte del destino, era fuori di noi».
La sua ricerca intellettuale chiede una spiegazione a quell’istinto viscerale, incontrollabile, che muove i suoi passi oltre la ragione. E nella tragedia greca trova la negazione di ogni motivo: 
l’esistenza si muove lungo fili poco sensibili alla volontà umana. L’odio non è una scelta, ma un prezzo inevitabile di quel groviglio di passioni cui la sua sensibilità non gli permette di sottrarsi. È infatti l’amore eccessivo per la madre che alimenta il sentimento di astio nei confronti del padre. La partecipazione alla posizione del debole gli suscita un’incontrollata urgenza di frapporsi al potente. Egli è Pilade, l’incarnazione del rifiuto del potere: una scelta morale e al contempo una spinta ingovernabile. I suoi passi sono mossi da passioni, note e nascoste, oltre il limite imposto, per cui Pasolini indossa, per volontà e per costrizione al contempo, l’abito della diversità. Non si può aderire, non ci si può conformare. Occorre sfidare, combattere, in altre parole tradire quell’autorità che, come un demone invincibile, si incarna di volta in volta in una figura specifica, in un personaggio o in un’istituzione.

Pasolini è consapevole di questo tradimento, e lo paga prendendo su di sé il peso della colpa:

«I figli che non si liberano dalle colpe dei padri sono infelici: e non c’è segno più decisivo e imperdonabile di colpevolezza che l’infelicità. Sarebbe troppo facile e, in senso storico e politico, immorale, che i figli fossero giustificati – in ciò che c’è in loro di brutto, repellente, disumano – dal fatto che i padri hanno sbagliato. L’eredità paterna negativa li può giustificare per una metà, ma dell’altra metà sono responsabili loro stessi. Non ci sono figli innocenti. Tieste è colpevole, ma anche i suoi figli lo sono. Ed è giusto che siano puniti anche per quella metà di colpa altrui di cui non sono stati capaci di liberarsi».
Se nella tragedia greca cerca le trame del proprio dolore e le radici di passioni sovrastanti, è nella rappresentazione sacra del cristianesimo che anela a una catarsi, all’espiazione della propria struggente umanità. L’espiazione è nella ricerca stessa, scaturita da una profonda sensibilità e fonte a sua volta di una sensibilità comprensiva: l’odio non è cieco, ma accompagnato, stemperato, in ultima analisi lenito da un occhio compassionevole:
«Questo del fascismo è un alibi, con cui pure giustifico il mio odio, ingiusto, per quel povero uomo: e devo dire tuttavia ch’è un odio, orrendamente misto a compassione».
La ferita dell’infanzia risveglia i demoni dell’odio, ma come l’intelligenza asservisce i demoni ad aspirazioni di libertà, propria e altrui, così un amore innocente, incontaminato, getta sui demoni una luce diversa, rivelandoli come fantasmi di bisogni perduti.

Al padre, Pasolini dedica la raccolta scritta in dialetto friulano Poesie a Casarsa. La scelta del dialetto si configura come un gesto di sfida. Il padre, infatti, non aveva alcuna stima per il friulano, in linea con il disprezzo per il dialetto che mostrava il fascismo. La ‘riconciliazione’ non avviene nel territorio del padre, ma in quello del figlio, come se rappresentasse anche una dichiarazione di emancipazione. E, insieme, con il dialetto friulano Pasolini dà voce alla ‘vittima’, alla madre, esprimendo un amore più volte dichiarato nelle sue opere:

«La sua “presenza” fisica, il suo modo di essere, di parlare, la sua discrezione e la sua dolcezza soggiogarono tutta la mia infanzia».
In questa presenza c’è l’ossimoro di una benedizione che è insieme dannazione.”
Anche la dolcezza ha un prezzo, anche la bellezza è, in ultima analisi, un vincolo:
«È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
Di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…»
Pasolini rivela dunque come le sue due più grandi passioni, cioè l’amore per la madre che salvaguarderà da qualsiasi altra contaminazione con il genere femminile e l’odio per il padre, ostacolino il suo desiderio di emancipazione.
«Solo col distacco dalla madre può esserci una crescita. Solo con il perdono per il padre può esserci pace.»
Questa è la tesi di Maria Laura Gargiulo, sostenuta nel libro Pasolini e le ragioni del dissenso.

Giuseppe LorinTorniamo al “sollecito” della mia amica, Angela Molteni; mi piace qui di seguito riportare le sue parole scritte nella e-mail a me indirizzata:
«[...] tempo fa mi annunciasti che stavi scrivendo Pasolini: non sei tu la morte. A che punto sei? Approfitto per chiederti un parere. Cosa ne pensi delle ulteriori, ennesime tesi sull'omicidio di Pasolini? Cito qui di seguito due pagine del mio sito pasoliniano in cui sono recensiti altrettanti libri usciti sulla ipotesi che vorrebbe far risalire la morte di Pasolini a un vero e proprio complotto, che parte da Petrolio - l'ultimo libro incompiuto di PPP, per arrivare al caso di Enrico Mattei (è solo ora accertato che la sua morte fu causata da un attentato) e a quello del giornalista Mauro De Mauro che indagava appunto sulla morte di Mattei:

https://pierpaolopasolini.eu/saggistica_petroliodellestragi_DElia.htm
https://pierpaolopasolini.eu/libri_profondonero2009.htm

Sul fatto che Pelosi non fosse solo - quella famosa notte tra il 1° e il 2 novembre 1975 - non dovrebbero esserci altri dubbi, e quindi ben venga un ulteriore accertamento sulla presenza di altre persone in quella tragica notte:  in questi ultimi tempi Pelosi ha parlato ancora e stavolta ha fatto anche alcuni nomi... Ma che si tratti di complotto... beh, non mi sono fatta ancora un'opinione precisa, anche dopo aver letto i due libri citati. Mi auguro tu possa trovare qualche minuto del tuo tempo per potermi trasmettere le tue impressioni, te ne  sarei veramente grata.
Tieni presente tra l'altro che:

- è vero che negli Appunti di Petrolio tra il 20 e il 30 Pasolini parla della faccenda Eni, in particolare di Cefis/Troya e delle sue spericolate imprese finanziarie lecite e illecite; e chiama in causa citandoli esplicitamente Andreotti e Fanfani...»

Che ne pensa Silvio Parrello?
Si, certo, è vero! È che il magistrato Vincenzo Calia ha ragione. Il fatto Pasolini è stato un fatto internazionale, ecco perché fa paura la verità. Il potere si preoccupava di Mattei perché se avesse di fatto evidenziato le potenzialità minerarie dell’Italia, questa si sarebbe potuta affrancare dagli americani. Così come gli americani hanno potuto eliminare Mattei attraverso la mafia, il potere occulto, la stessa cosa è stata attuata per eliminare Pier Paolo Pasolini. Sono sicuro che entro l’anno uscirà fuori la verità sulla morte di Pier Paolo da parte dei servizi segreti italiani che a tutt’oggi custodiscono questa pesante verità.
«- è vero che il testo dell'Appunto 21 "Lampi sull'Eni" è stato evidentemente sottratto (o smarrito): la pagina bianca lo indica e Pasolini in un Appunto successivo cita esplicitamente il contenuto di quel precedente appunto...»
Che ne pensa Silvio Parrello?
È tutto sparito. Solo i Servizi Segreti, forse deviati, potevano agire come hanno fatto.
«- è vero che l'accostamento Mattei/Pasolini l'ha fatto per la prima volta il giudice Vincenzo Calia che, a Pavia, ha decretato che la morte di Mattei fosse ascrivibile a un attentato e non a un incidente - e ha allegato agli atti della sua inchiesta sulla morte di Mattei una copia di Petrolio...»
Che ne pensa Silvio Parrello?
La copia allegata agli atti è sì dell’opera Petrolio, ma di Petrolio mancano 80 pagine e secondo Calia in quelle pagine mancanti ci sono proprio i nomi degli assassini di Mattei e dei mandanti. Le pagine sono state prelevate ed archiviate dai servizi segreti.
«- è vero che Pelosi 'stavolta ha fatto qualche nome (i due fratelli Borsellino) di coloro che effettivamente avrebbero picchiato a sangue Pasolini. Ma su Pelosi... penso che sia stato per tutta la sua vita prevalentemente un grande bugiardo...  e poi dei due Borsellino aveva già parlato Sergio Citti...»
Che ne pensa Silvio Parrello?
I due Borsellino è sicuro che c’erano, ma ora sono morti, mentre Giuseppe Mastini detto Johnny lo Zingaro era lì con loro a picchiare Pasolini, e Pino non lo dice perché Johnny è ancora vivo, ha paura, ed è un suo amico; probabilmente il famoso plantare (41 piede destro) è proprio di Johnny. Johnny è in libertà vigilata, è uscito di recente. Pino però non fa i nomi dei grandi che realmente hanno ucciso Pasolini. Sicuramente uno di loro aveva una casetta lì 
all’idroscalo. Secondo me c’era la macchina di Pasolini, la macchina dei grandi che nella fuga ha demolito una recinzione lasciando sul reticolato anche del sangue di Pier Paolo, la moto Gilera dei ragazzi che l’avevano rubata qualche giorno prima ed una terza macchina targata Catania, macchina civetta dei picciotti mafiosi… Servizi Segreti??? La macchina dei grandi, uscita fuori strada dopo aver investito Pasolini, venne portata nella carrozzeria der scannella, al portuense da Antonio Pinna che il 16 febbraio 1976 scomparve e la sua macchina venne trovata all’aeroporto di Fiumicino abbandonata, e di lui non si seppe più nulla, scomparso, volatilizzato! Il Pinna, di Donna Olimpia, amico di Pier Paolo fin dagli anni di Ragazzi di Vita detto voilà, era un assiduo frequentatore di PPP. Cosa “attingeva” negli incontri col Pinna Pier Paolo…, non certo il sesso, ma solo informazioni sulla malavita romana che gli servivano poi come tematiche dei suoi romanzi, ed informazioni anche sui rapporti tra i personaggi politici e i fuorilegge divenuti in seguito brigatisti. Pino Pelosi è bugiardo perché è di natura bugiarda ed era un “amico” di Pier Paolo di vecchia data. Si incontravano quando ne avevano bisogno, perché con Pino si poteva fare solo sesso.
«- è vero che rileggendo "Io so" pensando a Cefis pare di individuare un attacco mirato "anche" all'uomo senza scrupoli successore di Mattei...»
Che ne pensa Silvio Parrello?
Eugenio Cefis, successore di Enrico Mattei, era coetaneo di Pasolini ed anche lui friulano. In “Io so” del 14 novembre 1974, Corriere della Sera, PPP denuncia in una sua confessione gli intrighi, le stragi, le connivenze politiche, che hanno portato alla successione di Mattei.
«- è vero che Andreotti commentò la morte di Pasolini con la frase "se l'è cercata"...»
Che ne pensa Silvio Parrello?
L’ha detto perché PPP dava fastidio anche a lui. Andreotti sa chi ha ucciso Pasolini poiché il cervello di tutto in quel tempo era in America… Gli affari, il Potere, la Cia, la mafia, il potere nero, i servizi segreti italiani…
«- è vero che quelli erano anni in cui si contavano gambizzati o morti ammazzati tutti i giorni (anche tra i giornalisti) e che contestualmente Pasolini non fu certo un giornalista "addomesticato": pubblicò una serie di articoli che oggettivamente venivano considerati denunce o aperte provocazioni soprattutto al "Palazzo", inteso come potere politico e potere economico...»
Che ne pensa Silvio Parrello?
“Il romanzo delle stragi” del novembre 1974, a febbraio ‘75 “Processo alla DC”, dieci mesi prima della sua morte, a giugno 1975 fece un altro articolo pesante contro la TV di Stato (RAI-Radio Televisione Italiana), a ottobre contro la Scuola di Stato che voleva abolire poiché non funzionava come avrebbe voluto. Salò o le 120 giornate di Sodoma che rievocavano il potere decadente di Salò, fu la firma definitiva per la sua morte per Ordine di Stato.
«- è vero, è vero, è vero...
Vi sono un sacco di altri "è vero" da considerare, compreso il fatto che Laura Betti - che certamente conosceva Pasolini più dei duemilioni di visitatori di www.pasolini.net messi insieme, e che era al corrente anche dei fatti, della vita reale di Pasolini - era largamente schierata con chi teorizzava un complotto; ma Enzo Siciliano, per esempio, non la pensava come lei...»
Che ne pensa Silvio Parrello?
Che aveva visto giusto la Betti, la ragione era quella di Laura Betti. Enzo Siciliano non ha approfondito a dovere la questione e molto superficialmente ha allontanato la tesi del complotto politico internazionale. Che era stato un complotto l’aveva detto anche Alberto Moravia, grande amico di PPP.
«Insomma, la Procura di Roma è stata chiamata a riaprire le indagini, il capo dei Ris si è dichiarato disponibile a fare indagini sul Dna dei reperti riguardanti l'assassinio di Pasolini e se non altro si dovrebbero avere conferme che molti di noi attendono: Pelosi non era solo... Ma il complotto?»
Che ne pensa Silvio Parrello?
L’ho già detto, non ci sono dubbi! È stato un complotto internazionale con a capo la CIA. Questa verità verrà fuori con questo nuovo Presidente, illuminato, Barak Obama, che ha dalla sua parte la forte leadership che lo avvicina al Presidente Kennedy.
«Ecco, se tu potesse scrivere qualcosa su questo "tormentone" che il recentissimo "Profondo nero" ha riportato alla ribalta dell'attualità, ne sarei veramente felice.»
Che ne pensa Silvio Parrello di Profondo nero?
In Profondo Nero l’unica verità è quella del Magistrato Vincenzo Calia, il resto è tutta roba detta e ridetta… e risaputa. 
«Resta chiaro, in ogni caso, per ciò che riguarda Pasolini, che più della sua morte continuerò - continueremo - a parlare delle sue opere, stimolando tutti a conoscere meglio un autore i cui scritti e il cui cinema a mio parere risultano indispensabili per meglio comprendere anche la tristissima realtà dei giorni nostri. (Angela)»
 
Carissima Angela, con il sostegno e la memoria storica sia per ciò che riguarda il quartiere Monteverde, dove Pasolini è vissuto per dieci anni, sia per ciò che riguarda le conoscenze dirette dei fatti, mi è stato di forte aiuto Silvio Parrello, er pecetto, che ora è qui accanto a me come depositario delle verit…à che ora non sono più nascoste.
 
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Il caso Pasolini. "Non sei tu la morte... Ordine di Stato", di Giuseppe Lorin

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