La vita

Pier Paolo Pasolini
La vita
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Pelosi e il fantasma di Pasolini.
di Dacia Maraini
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Se Pasolini avesse voluto architettare una vendetta postuma non avrebbe potuto inventare niente di più inquietante e romanzesco: il suo assassino, da ragazzo indifferente, svogliato, semianalfabeta, violento, bugiardo, apatico ed egoista, si è trasformato, attraverso la famigliarità col fantasma della sua vittima, come lui stesso racconta, in un giovane uomo inquieto, pensoso, capace di soffrire e quindi anche di capire ciò che prima gli era estraneo, voglioso di apprendere e perfino di scrivere. L'assassino Pino Pelosi è diventato, per osmosi col ricordo assillante del mite poeta Pasolini, anche lui scrittore e poeta. Non è stupefacente?
Pino Pelosi, detto "la rana", si è buttato fin da bambino nel furto e nella rapina. L'inquietudine, la povertà, la cattiva educazione, certamente lo hanno spinto su quella strada. Nella sua vita randagia era prevista anche qualche piccola concessione sessuale in cambio di soldi. Eppure Pelosi insiste che non è mai stato una "marchetta". "Tutto quell'inferno per un pompino da ventimila lire" dice a pagina 45. E anche noi ci stupiamo. Ma l'inferno l'ha fatto lui.
Dobbiamo ringraziare Pino Pelosi per averci regalato, con questo libro, un ritratto molto veritiero di se stesso. La scrittura, come si sa, non riesce a mentire e la verità, per lo meno quella psicologica, trapela da ogni rigo.
Quando Pelosi dice che Pasolini, nel momento della schermaglia, è diventato un altro, "una bestia irriconoscibile", in realtà parla di se stesso. Come apprendiamo andando avanti nella lettura. Non è proprio lui che in certe situazioni si trasforma in maniera sorprendente diventando feroce e cieco, finendo per brutalizzare proprio le persone che gli stannoa cuore? Non ha fatto così con il suo compagno di cella solo perché lo guardava male? Non ha fatto così con la sua amata Maria Pia perché sospettava di non essere più amato? L'ha presa a calci e a pugni. Per pentirsi subito dopo e scrivere "non so come ho potuto farlo, non lo so e basta".
Non stentiamo a credere che la stessa cosa sia successa con Pasolini, il quale, probabilmente, senza volerlo, lo aveva ferito (a parole) nel suo rozzo orgoglio maschile.
Più volte Pelosi dice "non volevo ammazzarlo". Così come dice della sua ragazza "non volevo picchiarla". Ma l'ha fatto. Sembra che in certi momenti una forza più grande di lui si impossessi del suo corpo e lo spinga verso la brutale cancellazione dell'altro. Atto di cui poi si pentirà, continuando ad insistere che lui non è così, che quell'agire non appartiene alla sua natura.
Pelosi dice che Pasolini era conosciuto per il suo masochismo. Anche noi amici lo sapevamo. Pasolini non avrebbe mai fatto del male a nessuno, mai avrebbe minacciato e violentato. Lui semmai cercava qualcuno che, in un gioco erotico, lo malmenasse un poco. Era questo il suo segreto. Di solito i ragazzi a cui si accompagnava sapevano che era un gioco e stavano alle regole di quel gioco.
Ma Pino Pelosi ha un carattere poco giocoso, non conosce l'intuizione, è privo di pazienza, non sa cos'è la tolleranza ed ha uno scarso senso delle proporzioni. Lui, di fronte ad una schermaglia amorosa, che del resto aveva accettato per denaro, (ma che cos'è questo se non "fare marchette"?) si è sentito ferito nella sua idea di virilità ed ha reagito nel suo modo cieco e furioso. E non dica che non si è accorto di averlo messo sotto le ruote della macchina il corpo di Pasolini. Se ha avuto tanta prontezza da guidare la macchina in piena notte, dobbiamo pensare che avesse anche la  sensibilità per accorgersi che gli stava montando sopra. D'altronde un corpo umano non è un tappeto.
Escludo, conoscendolo, che Pasolinilo abbia minacciato o abbia voluto penetrarlo con un bastone. È probabile invece che abbia riso su quel falso pudore del ragazzo per provocare in lui una reazione e suscitare quella lotta giocosa che era la sua preferita. Proprio per farsi picchiare, come scrive con molta sincerità nel suo ultimo romanzo, Petrolio. Non certo per farsi ammazzare.
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Postfazione di Dacia Maraini al volume "Io, angelo nero" scritto da Pino Pelosi sull'omicidio di Pasolini
 


 
 

SU VITA E MORTE
DI PIER PAOLO PASOLINI
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Articolo del "Corriere
della Sera" del
3 novembre 1975

Un coraggio a metà,
di Carlo Bordini

Pasolini ucciso da due motociclisti, di Oriana Fallaci

Un delitto politico,
di Giorgio Galli

Pelosi e il fantasma di Pasolini, di Dacia Maraini

Il segno di Rimbaud,
di Angela Molteni

In morte di Pasolini,
di Rossana Rossanda
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La vita - Pelosi e il fantasma di Pasolini, di Dacia Maraini

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