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Saggistica Pasolini e le sue Alfa Romeo L’automobile ha ispirato fin dal suo nascere le correnti letterarie d’avanguardia. Riaffiorano alla memoria le frequentazioni non isolate di Gabriele D’Annunzio con il mondo dell’auto: nota è infatti la passione del poeta Vate per le Alfa Romeo e forte l’ammirazione per i piloti che si cimentano in quelle eroiche imprese che appaiono essere le corse automobilistiche. ![]() Molto diversi sono, al contrario, gli scenari che hanno di fronte a sé i poeti del secondo dopoguerra. Negli anni della ricostruzione, la indiscriminata crescita industriale e il profondo cambiamento sociale che ne deriva determinano il rapido passaggio da un’organizzazione culturale arcaica alla moderna organizzazione della cultura di massa. È Pier Paolo Pasolini il primo tra gli intellettuali italiani che intuisce con singolare lungimiranza la “mutazione antropologica” subita dagli italiani, e che assume una posizione nettamente critica nei confronti degli effetti causati dalla boom economico degli anni ’60: “…io non sono contro il progresso, ma contro lo sviluppo che soffoca il progresso…”In questa prospettiva l’auto diventa il simbolo della nuova era governata dalla legge del profitto e dei consumi. Ma Pasolini, uomo di forti contraddizioni, la cui vita e la cui opera sono caratterizzate dalla presenza continua ed invasiva dell’ossimoro, e cioè della contrapposizione apparente, se da un punto di vista meramente ideologico detesta l’auto in quanto simbolo per eccellenza del potere consumistico, ne è anche profondamente e narcisisticamente attratto [1] Come in un film di Godard: soloMa le automobili, e le Alfa Romeo in particolare, rivestono per Pasolini un ruolo fatalmente importante anche nella sua vita privata. Il giovane poeta e romanziere bolognese trasferitosi a Roma sul finire degli anni ’50, inizia la dura scalata al successo letterario tra mille difficoltà, non ultime quelle finanziarie. I primi anni trascorsi nella Capitale sono anni difficili, culminanti, però, con il successo e la notorietà: la raccolta poetica “Le Ceneri di Gramsci”, il romanzo “Ragazzi di vita”, mostreranno Pasolini al grande pubblico, ma ancor più contribuiranno alla notorietà i successi nel cinema (“Accattone”, “Mamma Roma”, “Uccellacci uccellini”). E con i successi letterari e cinematografici arriva anche la “tranquillità” economica. Il poeta potrà allora permettersi il punto di arrivo di ogni stimato ed affermato professionista: l’Alfa Romeo Giulietta. Ma sarà proprio questa tanto desiderata Giulietta, di colore bianco, acquistata nel giugno del 1960, ad essere al centro di un’assurda vicenda accaduta allo scrittore: [2] Percorro corso Vittorio, diretto verso casa (sono poco meno dell’una di notte), quando sento un fischio e una voce: «a Pa’!» Guardo indietro e vedo il Tedesco, un giovane di Trastevere, vecchio amico mio, che incontro quasi tutte le sere, rincasando, da quelle parti; è con un suo compagno, il Picchio, che conosco solo di vista. I due vengono quasi di corsa verso la mia macchina con la faccia stupita, sorridente e cordiale delle grandi occasioni: la grande occasione è la mia Giulietta TI, nuova, che ho da pochi giorni e che il Tedesco vede per la prima volta: e quindi accorre per congratularsi. Subito, naturalmente,mi chiede anche di provarla. «Non più di cinque minuti, eh! Ché ho sonno,» gli faccio. […]. Là in fondo all’angolo, verso via dei Coronari, cosa succede? Una ventina di persone che urlano, gemono, invocano: si sarà fatto male qualcuno? Una lite in famiglia? […] È una colluttazione tra due giovani, in mezzo a questo coro scomposto di vecchi: un maschio e una femmina …Essi si stanno colpendo furiosamente, afferrandosi per la gola e urlando. È un attimo: il Tedesco accanto a me grida:«Quello è il Barone, lo conosco» «Scendi e portalo via!» gli dico subito. […]. Il Tedesco altrettanto rapido scende, afferra per le braccia il giovane, e lo spinge con forza dentro la macchina. La giovane continua a urlare, la sua voce si confonde tra gli urli degli altri: metto in moto e parto… ![]() Sarà sempre, però, quella Giulietta al centro di un altro assurdo episodio giudiziario occorso a Pasolini accusato addirittura di rapina a mano armata: Bernardino De Santis, un benzinaio di San Felice Circeo asserisce che il 18 novembre del 1961 il poeta, entrato nel bar annesso al distributore, dopo aver sorseggiato una bibita e avergli rivolto alcune domande, minaccia di ucciderlo puntandogli contro una rivoltella caricata con un proiettile d’oro e poi tenta di rubare le 2000 lire presenti in cassa. L’autore dell’assurdo gesto, nascosto dietro un cappello nero, viene riconosciuto dalla targa della sua autovettura, una Giulietta bianca. Pasolini viene condannato a 15 giorni di reclusione e 10.000 lire di multa. Nel 1963, la Corte di Appello di Roma dichiara di non doversi procedere contro Pasolini per intervenuta amnistia. Nel 1965 viene assolto per insufficienza di prove. Trascorrono gli anni e Pasolini arriva alla soglia dei cinquant'anni ma il suo stile di vita è quello di un giovane della sua epoca: è attento alla linea, pratica sport, veste con i jeans e giubbetti corti e naturalmente non disdegna le automobili sportive e veloci. Ma il suo stile di vita e la sua dichiarata omosessualità lo rendono inviso a quella parte di opinione pubblica perbenista e conservatrice. Nel 1970 svolge, tra l’altro, il ruolo di opinionista per un noto quotidiano: risponde alle lettere dei lettori che pongono quesiti su questioni linguistiche, su argomenti di cinema, politica ecc. Ma anche in questo ruolo la sua vita privata viene passata al setaccio dall’opinione pubblica e Pasolini diventa un facile bersaglio da colpire: [3] Caro amico, […] Lei non mi concede il diritto di amare la classe operaia e di lottare (come può lottare uno scrittore) per essa. […] Tanto per dirne una, la famosa Ferrari in questione è una vecchia Ferrari del '60, poco più di un ferro vecchio, che mi è stata regalata dal produttore di un film di Lizzani, in cui, per amicizia del regista, avevo fatto una particina. Non l'ho praticamente mai usata, e l'ho data indietro recentemente per una misera somma. Possiedo ora una Alfa Romeo 1750, se le interessa saperlo. Che è una cosa assolutamente normale, ed è idiota rimproverare. Come vede, umilmente mi giustifico: perché purtroppo accuse come la sua mi piovono da tutte le parti, come se fossi l'unico a possedere un appartamento appena discreto e una macchina. Cose che ho comprato coi soldi guadagnati col mio lavoro. Io non ho mai avuto un «colpo di fortuna» in tutta la vita. […] ![]()
Un particolare inquietante e premonitore della prematura scomparsa lo si desume dal brano “Per una «Nota dell’editore»” appartenente allo scritto incompiuto “La Divina Mimesis”, pubblicato postumo, in cui Pasolini si cala paradossalmente nelle vesti dell’editore che pubblica il suo volume: … Io mi limito a pubblicare tutto quello che l’autore ha lasciato…--------------------- NOTE * Un sincero ringraziamento a Rocco Carfagna da "Pagine corsare" per la cortese autorizzazione alla pubblicazione. (1) P.P . Pasolini, Poesia in forma di rosa, Garzanti, 1964, pagg. 130-131. (2) Da un racconto di P. P. Pasolini apparso su Paese Sera del 4 luglio 1960. (3) Da: Pier Paolo Pasolini, Il Caos, “l’orrendo universo” del consumo e del potere, a cura di Gian Carlo Ferretti, Editori Riuniti, 1995 (risposta alla lettera di un lettore).
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