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Narrativa Ragazzi di vita
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Al Liceo Scientifico Statale Talete di Roma nel corso dell’anno scolastico 2007-2008 è stata proposta – tra altre – la lettura e l'approfondimento di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini. Ed ecco che cosa hanno scritto gli allievi del Talete:
Francesca Alfò, Lorenzo Antonelli, Luca Bianco, Lorenzo Carrone, Matteo d’Anelli, Federica De Lillis Carolina Del Manso, Giammarco Dolce, Ginevra Hernandez, Roberta Lamonaca, Niccolò Marota, Matteo Montuori, Lorenzo Pantini, Sara Peruccacci, Livia Pucci, Giancarlo Sanchez V., Simone Scalchi, Ylenia Sinibaldi, Adriana Spaziani, Roma Tenorio, Simone Trisolini, Davide Turchi, Simone Valentini, Federica Viezzoli (Liceo Scientifico Talete Roma 2008; docente referente: Prof.ssa Adonella Ficarra)»Gli allievi del Liceo Talete hanno pubblicato e diffuso una loro relazione sul lavoro svolto e sulle conclusioni da loro tratte [qui la copertina del fascicolo da loro prodotto]: ripropongo in “Pagine corsare” alcune pagine del loro resoconto, in particolare i brani: Intervista a Silvio Parrello Ragazzi di vita ieri, noi ragazzi del centro oggi Dal romanesco all’italiano Lunedi 12 Maggio, noi della seconda M del Liceo Scientifico Talete ci incamminiamo verso un quartiere mai frequentato da molti di noi. Alle 13,15, stremati dalla partitella di calcetto nell’ora di educazione fisica, ci dirigiamo a prendere l’autobus a Piazzale Clodio. Le varie visite, gli impegni sportivi e altri impegni riducono la classe a sole 12 persone. Arrivati all’autobus sono le 13,40: l’autobus è pieno, ma noi troviamo posto. Attraversiamo la Roma di tutti i giorni, tra semafori, traffico, clacson che suonano e alle 14,20 scendiamo all’inizio della Circonvallazione Gianicolense. Noi ragazzi abbiamo fame, tanta, ma la professoressa di farci mangiare non ne vuole sapere, è troppo presa dalla scoperta di questo quartiere che non si rende nemmeno conto che imbocchiamo Via Ozanam alle 14,30!! ![]() Cominciano a essere scattate le prime foto a via Ozanam, una via abbastanza lunga e in salita dominata dalle foglie pendenti dei platani che nascondono dietro al loro immenso verde tutto ciò che c’è dietro. Arriviamo al luogo più importante della nostra visita: il negozio di Silvio Parrello, poeta-scrittore, amico di Pasolini, ma lo troviamo chiuso. Il grande poeta-pittore è a casa a farsi la sua meritata “pennichella” pomeridiana; tuttavia il barista del negozio accanto ci assicura che per le 16,00 Silvio sarà di nuovo al suo negozio.
Sono le 15,00. La serranda è mezza abbassata, tuttavia l’anziano barista ci fa accomodare. Finalmente si mangia. Cerchiamo di rimediare qualche informazione dall’anziano signore che però non ci è molto di aiuto. In compenso notiamo che è un gentilissimo signore poiché ci offre del tè fatto in casa proprio da lui. Nel frattempo un gruppetto dei nostri si dirige ad un altro bar, che risulterà essere una meta del nostro itinerario: il Bar Lorena. Anche qui sono molto accoglienti, ci danno da mangiare, paghiamo e cerchiamo di ”raccattare” qualche informazione. C’è un signore che interviene subito appena nominiamo Pier Paolo Pasolini. Alto, anziano e molto sorridente, dice di essere il nipote del Riccetto (il protagonista del libro) ci si illuminano gli occhi: abbiamo incontrato proprio la persona giusta senza nemmeno cercarla. Usciamo dal bar e ci incamminiamo verso la chiesa del quartiere. Mentre camminiamo uno di noi nota una scritta su un muro, la legge e poi chiama tutta la “ciurma” ad osservarla. La scritta recita: “Donna Olimpia ammutolisce, s'inchinano E’ ottima per il nostro lavoro. Tra commenti, commozione e stupore scattiamo delle foto e riprendiamo a camminare. Entriamo in chiesa. Ci sono solo fedeli che pregano con il rosario in mano, ma in lontananza vediamo un signore anziano che sistema i lumini; è lui stesso a interessarsi di noi e finalmente possiamo ascoltare e scrivere qualcosa di molto interessante. Il signore ci descrive la Roma degli anni ‘50, il crollo-della scuola Franceschi e i passatempi dei giovani nel dopoguerra. ![]()
Ore 16,00: qualcuno che abita fuori Roma ha il treno che parte. Dopo aver escogitato un ottimo piano per assicurarci che le ragazze potessero arrivare alla stazione intatte, riscendiamo giù nella piazza e all’interno troviamo la sede del P.C.I frequentata spessissimo da Pasolini. Nonostante il divertimento, le gambe stanno accusando tutti i chilometri percorsi. Entriamo in tre condomini di case popolari ed anche qui foto su foto. Nel camminare incontriamo due ragazze giovani, chiediamo loro qualche informazione, ma non ne sanno proprio niente: non conoscono il libro e sanno a malapena chi è Pasolini. Ormai si è fatto un po’ tardi e decidiamo di tornare davanti al negozio di Silvio Parrello. Sono le cinque e non è ancora arrivato. Decidiamo di prendere un caffè (offerto dalla prof ... che onore!) usciamo, ma ... niente! Siamo dispiaciutissimi, la prof è letteralmente delusa ..., venire qua e non incontrare Silvio Parrello ... Ma eccoli!! I tre lampi di genio, gli unici tre rappresentanti maschili del gruppo: Luca, Giammarco e Matteo, decidono di incamminarsi verso l’abitazione del pittore con l’intenzione di imporgli un incontro. Citofonano: il pittore si affaccia dalla finestra e dopo un fischio inaspettato che ci stordisce alziamo gli occhi al cielo e vediamo sbucare la faccia secca del grande amico di Pasolini. Neanche il tempo di dirgli chi siamo che ci dice “Aò, nve preoccupate cinque minuti e sto ar negozzio” Siamo felicissimi: abbiamo trovato Parrello! Corriamo dalla prof e da lontano facciamo ok con le mani. Il sorriso della prof si stende sul suo volto. E’ felicissima anche lei e ansiosamente aspettiamo tutti insieme. Dopo cinque minuti vediamo da lontano venire verso di noi un uomo molto magro ma vistoso per la sua altezza, e per la sua buffa salopette. Il suo sguardo è molto struggente.
Comincia a tirare fuori foto, pagine di giornali, poesie, cartoline, suoi dipinti, insomma ci sommerge di documenti e informazioni: ormai sappiamo tutto di Pasolini e della sua vita movimentata nella borgata romana. Il momento più bello arriva quando Silvio ci comincia a recitare a memoria alcune poesie sue e di Pasolini. Le poesie sembrano concretamente tramutarsi in immagini e questo grazie alla sua foga e all’espressività di Silvio condite con qualche sfumatura romanesca. Sono poesie stupende, che turbano, che fanno pensare, degne davvero di applausi che noi regaliamo volentieri al pittore. Sono le 18,00 ed è arrivato il momento di salutarci ma diventa difficile farlo capire al pittore poiché è talmente preso dalla nostra visita che non smette più di parlare. Dopo un po’ lui stesso ci accompagna fuori dal negozio. Scattiamo delle foto con lui (che nel frattempo continua a parlare) e ci salutiamo con un suo “Se beccamo a scola” in risposta al nostro invito di incontrarci al Talete. Ci dirigiamo verso la fermata dell’autobus. Roma è sempre uguale, trafficata e caotica, l’autobus idem; alcuni scendono prima, vicino casa e il resto della ciurma abbandona la prof sull’autobus, colmo di gente, poco prima del capolinea. Siamo tutti stanchissimi ma contenti della giornata passata [...] Arriva con passo lento ma controllato di chi conosce come funziona il mondo e non vuole per questo farsi ingannare o abboccare a false verità. ![]() E mentre parla apre i cassetti del suo studio ed estrae ritagli di giornale che parlano di Pasolini o di lui che dell’amore per quello scrittore ha derivato la sua ragione di vita: l’arte. Infatti nello studio sono appesi dei suoi quadri che ritraggono in atmosfere sognanti e perdute quelle parti del quartiere che non ci sono più: il ferrobedò, i campetti... E non appena intuisce che in noi l’interesse lievita, inizia a recitare poesie che ascoltiamo in religioso silenzio. Sono poesie forti, dai contenuti civili che ci inducono immediatamente a fare i conti con la nostra scarsa e ancora ingenua coscienza. Silvio (così ormai affettuosamente lo chiamiamo) recita tutto a memoria soppesando ogni singola parola e rimarcando quelle che maggiormente dovrebbero sferzare e smuovere i nostri sentimenti. Ci colpisce soprattutto il verso di una poesia, che recita più o meno così: “non peccare non significa non fare del male, ma fare del bene“. E lì sentiamo racchiuso tutto il messaggio dell’opera di Pasolini, l’invito ad agire e a reagire, a non rimanere inermi e indifferenti di fronte a qualsivoglia ingiustizia. “Guardate, guardate ‘sta paggina de ‘a Repubblica, vedete è de du’ mesi fa. Hanno abbattuto er casale, io ho fatto de tutto pe’ ‘mpedijelo ma nessuno m’ha ascortato. E guardate sta foto: è Pasolini. Er piccoletto accanto so’ io. Ce voleva bbene. ‘N’è vero quello che se dice de lui, che veniva qqua pe’ artri scopi. Je piaceva gioca’ co’ noi, era attratto dar nostro modo de vive, da’ ‘a freschezza, e je ‘nsegnavamo pure er romanaccio. Comunque si volete io posso racconta’ artre cose, magari anche all’artri ragazzi de scola vostra. Io ‘nc’ho probblemi a veni’ a Roma.” E ancora come cinquant’anni fa Silvio parla come se abitasse da un’altra parte. Perché Donna Olimpia è davvero un altro mondo. Ragazzi di vita ieri, noi ragazzi del centro oggi ![]() Pasolini infatti non condanna i protagonisti, nonostante siano colpevoli di furti e altri reati, ma li presenta così come sono realmente: quasi giustificabili. Guardavano avanti e all’orizzonte non scorgevano nulla del loro futuro, così, già bambini, avevano smesso di scrutare lontano, stringendo gli occhi per mettere meglio a fuoco, nella speranza di avvistare un barlume luccicare. Sistemati in aule di scuole pericolanti o in caserme inutilizzate con le loro famiglie, preferivano dormire all’aperto, a Villa Borghese, su una panchina, o non dormire; preferivano vivere alla giornata, rubare i soldi a un cieco o da una borsa sul tram. Non potevano mostrare sentimenti, dovevano tappare le orecchie dai richiami del cuore, dovevano fare i fiji de ‘na mignotta E alla fine chissà quali erano i loro veri stati d’animo, se guardavano con superiorità i ragazzi del centro perché davvero si sentivano migliori, o solo perché in realtà avvertivano l’amaro della gelosia sotto i denti. No, sotto i denti non arrivava, non così in alto; restava sulla bocca dello stomaco, lo bloccavano lì e non si facevano domande, perché erano ragazzi di vita (non esiste un termine migliore di questo), spavaldi e menefreghisti. E noi? Mezzo secolo dopo che facciamo? Dove siamo? Lo vediamo il futuro? Lo cerchiamo il barlume di speranza? Noi abbiamo la bella casa in centro e la nostra camera con accesso privato, dove vige la nostra legge; le nostre due macchine con il posto auto che ci portano al Gilda con uno schiocco di dita; la piastra e le nike, il portafoglio di mamma, i regali a natale, il lettore mp3, il computer. Noi, noi abbiamo. A prima vista è una vita perfetta, no? (Aggettivo subdolo quel “perfetta”, lo so...). Eppure eccoci lì! Si, proprio li! Spiattellati sui giornali; l’immagine dell’entrata di un liceo stampata a colori un po’ sbiaditi, ragazzi normali (ma quanti aggettivi subdoli piacciono alla lingua italiana!) che escono da scuola, occhiali da sole, zaini, denti bianchi. Eppure manca qualcosa, sì, qualcosa dovrà pur mancare se i ‘bulli”, versione moderna e decisamente meno poetica e scagionabile dei “ragazzi di vita” di Pasolini, si riuniscono in queste baby-gang, che fanno così tanto “Banda Bassotti”. Così anche loro non possono mostrare sentimenti, anche loro ringoiano il sapore delle emozioni, ma perché? È solo l’adolescenza che li accomuna ai ragazzi anni ‘50 attaccati ai tram: per il resto mettiamo a confronto due vite diverse. Da una parte la generazione sincera e schietta, che aveva tanto affascinato Pasolini, costretta a fare ciò che faceva e quasi incosciente del fatto che fosse un comportamento sbagliato; Ma per fortuna non sono solo questi gli adulti di domani. Basta con la storia dei bulli e dei violenti! Già visto, già detto, già scritto. E tutta la maggioranza dei giovani? Quelli messi in cattiva luce, quelli legati insieme alla parte secca mentre si faceva di tutta
Quello che è cambiato è il fine: se allora essi erano giustificati (anche se il fine non giustifica il mezzo) perché non vi erano alternative, vie d’uscita che potessero migliorare le loro condizioni di precarietà, oggi come oggi, si parla nuovamente di baby gang che si servono della violenza e dei furti per sentirsi superiori e per cercare di imporsi agli altri. Probabilmente è la società che influenza talmente tanto da condizionare le vite di tutti: i protagonisti del romanzo sono condizionati dalla situazione del dopoguerra, dalla carenza di cibo, dalla mancanza di istruzione sia scolastica che familiare (i genitori perdono e non insegnano ai propri figli i veri valori dell’esistenza). E nel 2008? Tutti quei problemi non esistono più: i bambini studiano, ricevono regali e non si devono preoccupare di niente. Eppure, a guardarli i nuovi giovani, sembrano privati di qualcosa che li fa stare male, che li spinge a delinquere, che li esorta a cercare soddisfazioni e compensazioni anche nell’illecito e l’illegale. Il fatto è che la società ci sta imponendo uno standard troppo elevato nel quale solo i migliori, i più intelligenti, i più ricchi sono autorizzati ad andare avanti mentre gli altri sembrano non avere nessun diritto a continuare. Questo induce molti giovani a respingere e contraddire le regole, a rifiutare ogni limite, perché o si è dalla parte dei vincitori (che devono per forza sopraffare e sentirsi superiori per non essere scartati) oppure dei vinti.
![]() Leggendo Ragazzi di vita la prima cosa che notiamo è il linguaggio molto diverso dall‘italiano standard che siamo abituati a sentire e a parlare. Infatti Pasolini usa in tutto il romanzo il tipico dialetto di Roma: il romanesco. Partendo dalla lettura del libro ed individuando nel linguaggio uno degli elementi più importanti del romanzo abbiamo intrapreso questo lavoro di “traduzione” dal romanesco all’italiano. Molti sono stati i motivi che ci hanno indotto a una traduzione totale e particolareggiata. Innanzitutto trascrivendo e soprattutto traducendo ci siamo accorti di quanto il nostro dialetto tuttora influisce sul nostro modo di parlare e di scrivere. Cosi abbiamo anche scoperto, essendo obbligati ad utilizzare un italiano il più corretto possibile, quanti errori facciamo involontariamente tutti i giomi. Attraverso questa analisi inoltre abbiamo potuto sviluppare un controllo maggiore sul nostro scritto così da migliorare il nostro italiano. Questa “traduzione” che ora mostreremo aiuta anche a capire meglio il contenuto del testo che essendo totalmente in romanesco a volte non è facilmente comprensibile. Purtroppo però Ragazzi di vita trasformato perde la sua magia e sembra privo di senso. Tutto ciò è dovuto al fatto che attraverso il dialetto - come era nelle intenzioni di Pasolini - si riesce ad entrare meglio nel libro e ci si sente parte integrante della periferia negli anni del dopoguerra.
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Ringrazio infine Silvio Parrello che ha trasmesso a "Pagine corsare", oltre a una lettera, la documentazione relativa al lavoro degli allievi del Liceo Talete. Inoltre, Parrello mi ha fatto avere alcune pagine riguardanti la propria attività, che svolge da anni nel quartiere Donna Olimpia a Monteverde e non solo. Un’attività di cui il sito pasoliniano ha dato ampia testimonianza anche in passato, e di cui ora fornisco alcuni significativi aggiornamenti nelle pagine collegate. [A.M.]
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