La narrativa

"Pagine corsare"
Narrativa

Ragazzi di vita
al Liceo Scientifico Statale Talete di Roma
maggio 2008

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Liceo Scientifico Talete di Roma (disegno dal sito web del Liceo - http://www.liceotalete.it/index.php)
Al Liceo Scientifico Statale Talete di Roma nel corso dell’anno scolastico 2007-2008 è stata proposta – tra altre – la lettura e 
l'approfondimento di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini. Ed ecco che cosa hanno scritto gli allievi del Talete:
«Durante l’anno scolastico 2007-2008, contemporaneamente allo svolgimento del programma di italiano, ci è stata proposta sistematicamente la lettura di un libro di narrativa italiana ed internazionale con temi che variano dalla magia della poesia (Il postino di Neruda di Antonio Skarmeta) fino alle rappresentazioni dei soprusi della camorra in Gomorra di Roberto Saviano.
Come ultimo testo la scelta è caduta su Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini dove sono narrate le vicende dei ragazzi di borgata dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale. Poiché la classe si è dimostrata assai interessata all’argomento, l’insegnante ha colto l’occasione per proporre agli studenti un approfondimento e contestualizzarlo nella realtà odierna.
Abbiamo deciso di visitare i luoghi principali del romanzo, laddove i protagonisti trascorrevano le proprie giornate. Siamo venuti a contatto con testimoni diretti delle realtà del romanzo pasoliniano presso i quali abbiamo riscontrato molte conferme, ma anche qualche artificio letterario, sul contenuto dell’opera. 
Ritenendo attendibile l’analisi sociale e storica di Pasolini abbiamo avuto elementi sufficienti per poter confrontare i ragazzi di borgata di allora, con noi, ragazzi di oggi. I temi affrontati dallo scrittore sono stati analizzati dando vita a discussioni in classe e a riflessioni scritte che mettono a confronto le situazioni familiari, il grado di istruzione, i rapporti con i coetanei, con gli adulti e i reciproci modi di vivere. E’ emerso come alcune caratteristiche siano rimaste invariate nel tempo, mentre altre, per il diverso contesto storico in cui sono inserite, abbiano subito dei notevoli cambiamenti.
Il romanzo infine è stato sottoposto a un lavoro di “traduzione”, abbiamo, cioè, riscritto un capitolo passando dal romanesco pasoliniano a un italiano medio-alto.
Questo lavoro se da un lato ci ha permesso di affinare la nostra competenza nell’uso della lingua scritta, dall’ altro ci ha però convinti che quest’opera non avrebbe potuto essere che concepita e realizzata in questa forma per diventare il capolavoro che è.
Francesca Alfò, Lorenzo Antonelli, Luca Bianco, Lorenzo Carrone, Matteo d’Anelli, Federica De Lillis Carolina Del Manso, Giammarco Dolce, Ginevra Hernandez, Roberta Lamonaca, Niccolò Marota, Matteo Montuori, Lorenzo Pantini, Sara Peruccacci, Livia Pucci, Giancarlo Sanchez V., Simone Scalchi, Ylenia Sinibaldi, Adriana Spaziani, Roma Tenorio, Simone Trisolini, Davide Turchi, Simone Valentini, Federica Viezzoli  (Liceo Scientifico Talete Roma 2008; docente referente: Prof.ssa Adonella Ficarra)»
Gli allievi del Liceo Talete hanno pubblicato e diffuso una loro relazione sul lavoro svolto e sulle conclusioni da loro tratte [qui la copertina del fascicolo da loro prodotto]: ripropongo in “Pagine corsare” alcune pagine del loro resoconto, in particolare i brani:

A spasso per Donna Olimpia
Intervista a Silvio Parrello
Ragazzi di vita ieri, noi ragazzi del centro oggi
Dal romanesco all’italiano


A spasso per Donna Olimpia

Lunedi 12 Maggio, noi della seconda M del Liceo Scientifico Talete ci incamminiamo verso un quartiere mai frequentato da molti di noi. Alle 13,15, stremati dalla partitella di calcetto nell’ora di educazione fisica, ci dirigiamo a prendere l’autobus a Piazzale Clodio. Le varie visite, gli impegni sportivi e altri impegni riducono la classe a sole 12 persone. Arrivati all’autobus sono le 13,40: l’autobus è pieno, ma noi troviamo posto. Attraversiamo la Roma di tutti i giorni, tra semafori, traffico, clacson che suonano e alle 14,20 scendiamo all’inizio della Circonvallazione Gianicolense. Noi ragazzi abbiamo fame, tanta, ma la professoressa di farci mangiare non ne vuole sapere, è troppo presa dalla scoperta di questo quartiere che non si rende nemmeno conto che imbocchiamo Via Ozanam alle 14,30!!

Via Ozanam - quartiere Donna Olimpia

Cominciano a essere scattate le prime foto a via Ozanam, una via abbastanza lunga e in salita dominata dalle foglie pendenti dei platani che nascondono dietro al loro immenso verde tutto ciò che c’è dietro. Arriviamo al luogo più importante della nostra visita: il negozio di Silvio Parrello, poeta-scrittore, amico di Pasolini, ma lo troviamo chiuso. Il grande poeta-pittore è a casa a farsi la sua meritata “pennichella” pomeridiana; tuttavia il barista del negozio accanto ci assicura che per le 16,00 Silvio sarà di nuovo al suo negozio.

Targa stradale: Piazza di Donna OlimpiaApprofittiamo per andare a spasso per Monteverde: imbocchiamo via di Donna Olimpia e in lontananza vediamo un bar.

Sono le 15,00. La serranda è mezza abbassata, tuttavia l’anziano barista ci fa accomodare. Finalmente si mangia. Cerchiamo di rimediare qualche informazione dall’anziano signore che però non ci è molto di aiuto. In compenso notiamo che è un gentilissimo signore poiché ci offre del tè fatto in casa proprio da lui. Nel frattempo un gruppetto dei nostri si dirige ad un altro bar, che risulterà essere una meta del nostro itinerario: il Bar Lorena.

Anche qui sono molto accoglienti, ci danno da mangiare, paghiamo e cerchiamo di ”raccattare” qualche informazione. C’è un signore che interviene subito appena nominiamo Pier Paolo Pasolini. Alto, anziano e molto sorridente, dice di essere il nipote del Riccetto (il protagonista del libro) ci si illuminano gli occhi: abbiamo incontrato proprio la persona giusta senza nemmeno cercarla. Usciamo dal bar e ci incamminiamo verso la chiesa del quartiere. Mentre camminiamo uno di noi nota una scritta su un muro, la legge e poi chiama tutta la “ciurma” ad osservarla. La scritta recita:

“Donna Olimpia ammutolisce, s'inchinano 
i grattacieli quando passi impettita di qua anche Pasolini ti saluta”
La scritta sul muretto

E’ ottima per il nostro lavoro. Tra commenti, commozione e stupore scattiamo delle foto e riprendiamo a camminare. Entriamo in chiesa. Ci sono solo fedeli che pregano con il rosario in mano, ma in lontananza vediamo un signore anziano che sistema i lumini; è lui stesso a interessarsi di noi e finalmente possiamo ascoltare e scrivere qualcosa di molto interessante. Il signore ci descrive la Roma degli anni ‘50, il crollo-della scuola Franceschi e i passatempi dei giovani nel dopoguerra. 

Pagina di giornale: Il disastro di Monteverde (alla scuola Franceschi)

Targa commemorativa (2005)Targa sezione Pci - DonnaOlimpia - Fulvio D'AmicoUsciamo dalla chiesa scortati sempre da questo signore che ci indica dov’è la scuola e dov’è la targa in onore di Pier Paolo Pasolini. Ci salutiamo e immortaliamo nelle nostre macchinette fotografiche la bellissima targa.

Ore 16,00: qualcuno che abita fuori Roma ha il treno che parte. Dopo aver escogitato un ottimo piano per assicurarci che le ragazze potessero arrivare alla stazione intatte, riscendiamo giù nella piazza e all’interno troviamo la sede del P.C.I frequentata spessissimo da Pasolini.

Nonostante il divertimento, le gambe stanno accusando tutti i chilometri percorsi. Entriamo in tre condomini di case popolari ed anche qui foto su foto. Nel camminare incontriamo due ragazze giovani, chiediamo loro qualche informazione, ma non ne sanno proprio niente: non conoscono il libro e sanno a malapena chi è Pasolini. 

Ormai si è fatto un po’ tardi e decidiamo di tornare davanti al negozio di Silvio Parrello. Sono le cinque e non è ancora arrivato. Decidiamo di prendere un caffè (offerto dalla prof  ... che onore!) usciamo, ma ... niente! Siamo dispiaciutissimi, la prof è letteralmente delusa ..., venire qua e non incontrare Silvio Parrello ... Ma eccoli!! I tre lampi di genio, gli unici tre rappresentanti maschili del gruppo: Luca, Giammarco e Matteo, decidono di incamminarsi verso l’abitazione del pittore con l’intenzione di imporgli un incontro. Citofonano: il pittore si affaccia dalla finestra e dopo un fischio inaspettato che ci stordisce alziamo gli occhi al cielo e vediamo sbucare la faccia secca del grande amico di Pasolini. Neanche il tempo di dirgli chi siamo che ci dice “Aò, nve preoccupate cinque minuti e sto ar negozzio” Siamo felicissimi: abbiamo trovato Parrello! Corriamo dalla prof e da lontano facciamo ok con le mani. Il sorriso della prof si stende sul suo volto. E’ felicissima anche lei e ansiosamente aspettiamo tutti insieme. Dopo cinque minuti vediamo da lontano venire verso di noi un uomo molto magro ma vistoso per la sua altezza, e per la sua buffa salopette. Il suo sguardo è molto struggente.

Silvio ParrelloCi dà il benvenuto e si prende tutta quella confidenza che per noi è scontato offrire. Entriamo nel suo negozietto: ci stiamo a malapena tutti. E comincia a parlare. E’ un uomo vero, intelligente, simpatico e con una grande e incontenibile passione per Pasolini.

Comincia a tirare fuori foto, pagine di giornali, poesie, cartoline, suoi dipinti, insomma ci sommerge di documenti e informazioni: ormai sappiamo tutto di Pasolini e della sua vita movimentata nella borgata romana. Il momento più bello arriva quando Silvio ci comincia a recitare a memoria alcune poesie sue e di Pasolini. Le poesie sembrano concretamente tramutarsi in immagini e questo grazie alla sua foga e all’espressività di Silvio condite con qualche sfumatura romanesca. Sono poesie stupende, che turbano, che fanno pensare, degne davvero di applausi che noi regaliamo volentieri al pittore.

Sono le 18,00 ed è arrivato il momento di salutarci ma diventa difficile farlo capire al pittore poiché è talmente preso dalla nostra visita che non smette più di parlare. Dopo un po’ lui stesso ci accompagna fuori dal negozio. Scattiamo delle foto con lui (che nel frattempo continua a parlare) e ci salutiamo con un suo “Se beccamo a scola” in risposta al nostro invito di incontrarci al Talete. Ci dirigiamo verso la fermata dell’autobus. Roma è sempre uguale, trafficata e caotica, l’autobus idem; alcuni scendono prima, vicino casa e il resto della ciurma abbandona la prof sull’autobus, colmo di gente, poco prima del capolinea. Siamo tutti stanchissimi ma contenti della giornata passata [...]


Intervista a Silvio Parrello

Arriva con passo lento ma controllato di chi conosce come funziona il mondo e non vuole per questo farsi ingannare o abboccare a false verità.

Silvio Parrello con alcuni allievi del Liceo Talete di Roma e la loro prof
Non ci lascia nemmeno parlare... “Venite, venite nello studio mio; vedete quante foto de Pasolini? e quei ritaji de giornale parleno de lui. Qui tutto parla de lui. Hanno buttato fango sulla figura sua soprattutto colle bucie su a morte sua, ma io ‘o so, io so ‘a verità. Pelosi er giovane accusato nun centra niente! faceva parte der complotto pure lui, nun l’hanno fatto uscì de galera pe’ a paura che parlava! Ma io ‘o so, so che j’hanno addirittura comprato ‘na casa pe’ ricompensallo der silenzio. Pasolini è stato ‘cciso da nartra machina. Ce stava nartra machina qua’ ‘a sera, co’ nartre quattro persone dentro!!e due abbitano proprio qua de fronte! ma io nun posso fa’ i nomi, n’ c’ho ‘e prove. Ogni vorta che me chiameno ‘n televisione, pe’ quarche celebrazione su Pasolini, appena capiscono che io vojo di’ tutto me scarichino. Ma n c’ho paura io, da Pasolini ho ‘mparato er coraggio de ‘a verità. Parlamose chiaro, dopo Dante ce sta’ Pasolini e n’è ‘na provocazione è ‘a verità. So i poeti che hanno capito tutto, che pòi legge e sentì che ancora te parleno. Io me ricordo bene quanno veniva qua e voleva giocà a pallone co’ noi, ce faceva fa ‘a lotta. Nvece nun credereste ma era n ‘omo forte! era difficile sbragallo pe’ tera, me ricordo ‘na vorta quanno da solo s’è messo sotto ‘e gambe de ‘na mucca e è riuscito a arzalla su ‘e spalle... Ncredibbile”.

E mentre parla apre i cassetti del suo studio ed estrae ritagli di giornale che parlano di Pasolini o di lui che dell’amore per quello scrittore ha derivato la sua ragione di vita: l’arte. Infatti nello studio sono appesi dei suoi quadri che ritraggono in atmosfere sognanti e perdute quelle parti del quartiere che non ci sono più: il ferrobedò, i campetti...

E non appena intuisce che in noi l’interesse lievita, inizia a recitare poesie che ascoltiamo in religioso silenzio. Sono poesie forti, dai contenuti civili che ci inducono immediatamente a fare i conti con la nostra scarsa e ancora ingenua coscienza. Silvio (così ormai affettuosamente lo chiamiamo) recita tutto a memoria soppesando ogni singola parola e rimarcando quelle che maggiormente dovrebbero sferzare e smuovere i nostri sentimenti. Ci colpisce soprattutto il verso di una poesia, che recita più o meno così: “non peccare non significa non fare del male, ma fare del bene“. E lì sentiamo racchiuso tutto il messaggio dell’opera di Pasolini, l’invito ad agire e a reagire, a non rimanere inermi e indifferenti di fronte a qualsivoglia ingiustizia.

“Guardate, guardate ‘sta paggina de ‘a Repubblica, vedete è de du’ mesi fa. Hanno abbattuto er casale, io ho fatto de tutto pe’ ‘mpedijelo ma nessuno m’ha ascortato. E guardate sta foto: è Pasolini. Er piccoletto accanto so’ io. Ce voleva bbene. ‘N’è vero quello che se dice de lui, che veniva qqua pe’ artri scopi. Je piaceva gioca’ co’ noi, era attratto dar nostro modo de vive, da’ ‘a freschezza, e je ‘nsegnavamo pure er romanaccio. Comunque si volete io posso racconta’ artre cose, magari anche all’artri ragazzi de scola vostra. Io ‘nc’ho probblemi a veni’ a Roma.”

E ancora come cinquant’anni fa Silvio parla come se abitasse da un’altra parte. Perché Donna Olimpia è davvero un altro mondo.


Ragazzi di vita ieri, noi ragazzi del centro oggi
Allievi del Liceo Talete che hanno partecipato al lavoro di approfondimento su 'Ragazzi di vita'
Ragazzi di vita è un documentario, una fotografia delle borgate romane nel dopoguerra e degli adolescenti che vi abitavano. Brutale ci mostra i giorni, le notti, i furti, i giochi; ci mostra le infanzie rubate a ragazzi, e non uomini, vissuti, “ragazzi di vita” a cui lo Stato ha voltato le spalle e a cui nessuno ha insegnato principi e valori o dato una mano. 

Pasolini infatti non condanna i protagonisti, nonostante siano colpevoli di furti e altri reati, ma li presenta così come sono realmente: quasi giustificabili. Guardavano avanti e all’orizzonte non scorgevano nulla del loro futuro, così, già bambini, avevano smesso di scrutare lontano, stringendo gli occhi per mettere meglio a fuoco, nella speranza di avvistare un barlume luccicare. Sistemati in aule di scuole pericolanti o in caserme inutilizzate con le loro famiglie, preferivano dormire all’aperto, a Villa Borghese, su una panchina, o non dormire; preferivano vivere alla giornata, rubare i soldi a un cieco o da una borsa sul tram. Non potevano mostrare sentimenti, dovevano tappare le orecchie dai richiami del cuore, dovevano fare i fiji de ‘na mignotta E alla fine chissà quali erano i loro veri stati d’animo, se guardavano con superiorità i ragazzi del centro perché davvero si sentivano migliori, o solo perché in realtà avvertivano l’amaro della gelosia sotto i denti. No, sotto i denti non arrivava, non così in alto; restava sulla bocca dello stomaco, lo bloccavano lì e non si facevano domande, perché erano ragazzi di vita (non esiste un termine migliore di questo), spavaldi e menefreghisti.

E noi? Mezzo secolo dopo che facciamo? Dove siamo? Lo vediamo il futuro? Lo cerchiamo il barlume di speranza? Noi abbiamo la bella casa in centro e la nostra camera con accesso privato, dove vige la nostra legge; le nostre due macchine con il posto auto che ci portano al Gilda con uno schiocco di dita; la piastra e le nike, il portafoglio di mamma, i regali a natale, il lettore mp3, il computer. Noi, noi abbiamo. A prima vista è una vita perfetta, no? (Aggettivo subdolo quel “perfetta”, lo so...). Eppure eccoci lì! Si, proprio li! Spiattellati sui giornali; l’immagine dell’entrata di un liceo stampata a colori un po’ sbiaditi, ragazzi normali (ma quanti aggettivi subdoli piacciono alla lingua italiana!) che escono da scuola, occhiali da sole, zaini, denti bianchi. Eppure manca qualcosa, sì, qualcosa dovrà pur mancare se i ‘bulli”, versione moderna e decisamente meno poetica e scagionabile dei “ragazzi di vita” di Pasolini, si riuniscono in queste baby-gang, che fanno così tanto “Banda Bassotti”. Così anche loro non possono mostrare sentimenti, anche loro ringoiano il sapore delle emozioni, ma perché? È solo l’adolescenza che li accomuna ai ragazzi anni ‘50 attaccati ai tram: per il resto mettiamo a confronto due vite diverse. Da una parte la generazione sincera e schietta, che aveva tanto affascinato Pasolini, costretta a fare ciò che faceva e quasi incosciente del fatto che fosse un comportamento sbagliato; 
dall’altro l’adolescente viziato e borghese (perché, diciamocelo, l’adolescente è viziato e borghese), che ha tutto e non si accontenta, che ruba per il gusto di farlo e perché la società lo convince che ciò che ruba è un “bene di prima necessità” di cui non può fare a meno. Ragazzi di vita ci pone di fronte a uno specchio e ci costringe a guardare la nostra immagine riflessa. Così ci rendiamo conto che non abbiamo nulla a che fare con quei bei ragazzotti di borgata e che l’unica cosa che non possiamo ottenere è proprio quello che più ci manca: un po’ della loro sincerità.

Ma per fortuna non sono solo questi gli adulti di domani. Basta con la storia dei bulli e dei violenti! Già visto, già detto, già scritto. E tutta la maggioranza dei giovani? Quelli messi in cattiva luce, quelli legati insieme alla parte secca mentre si faceva di tutta 
l’erba un fascio? Chissà se almeno quelli scrutano al di là della linea d’orizzonte dove si ferma l’occhio umano, chissà... Spero di sì, perché la nostra è una generazione un po’ in bilico, siamo tutti acrobati che camminano su un filo teso, senza sapere se sotto la rete c’è e, se c’è, se ci reggerà. Un po’ come i “ragazzi di vita” in fondo, proprio come loro.

Roberta LaMonaca


“Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini ci presenta i giovani di allora, gli adolescenti del dopoguerra che sono costretti ad “andare a tubature” (cioè rubare e vendere tubi) per sopravvivere. Essi devono maturare in fretta, hanno infatti i primi rapporti sessuali in tenera età con il solo scopo di sfogare il loro istinto animalesco. Troviamo comunque delle analogie tra i ragazzi rappresentati nel libro e noi ragazzi di oggi. Molti dei nostri coetanei infatti si comportano come i protagonisti del romanzo. Se un tempo come nel dopoguerra, la società viveva in uno stato di degrado economico e sociale e obbligava i giovani a vivere tra violenze e furti, la situazione di oggi in una società opulenta, resta purtroppo per alcuni giovani più o meno la stessa. 

Quello che è cambiato è il fine: se allora essi erano giustificati (anche se il fine non giustifica il mezzo) perché non vi erano alternative, vie d’uscita che potessero migliorare le loro condizioni di precarietà, oggi come oggi, si parla nuovamente di baby gang che si servono della violenza e dei furti per sentirsi superiori e per cercare di imporsi agli altri. Probabilmente è la società che influenza talmente tanto da condizionare le vite di tutti: i protagonisti del romanzo sono condizionati dalla situazione del dopoguerra, dalla carenza di cibo, dalla mancanza di istruzione sia scolastica che familiare (i genitori perdono e non insegnano ai propri figli i veri valori dell’esistenza). 

E nel 2008? Tutti quei problemi non esistono più: i bambini studiano, ricevono regali e non si devono preoccupare di niente. Eppure, a guardarli i nuovi giovani, sembrano privati di qualcosa che li fa stare male, che li spinge a delinquere, che li esorta a cercare soddisfazioni e compensazioni anche nell’illecito e l’illegale. Il fatto è che la società ci sta imponendo uno standard troppo elevato nel quale solo i migliori, i più intelligenti, i più ricchi sono autorizzati ad andare avanti mentre gli altri sembrano non avere nessun diritto a continuare.

Questo induce molti giovani a respingere e contraddire le regole, a rifiutare ogni limite, perché o si è dalla parte dei vincitori (che devono per forza sopraffare e sentirsi superiori per non essere scartati) oppure dei vinti.

Roma Tenorio


Dal romanesco all’italiano

Leggendo Ragazzi di vita la prima cosa che notiamo è il linguaggio molto diverso dall‘italiano standard che siamo abituati a sentire e a parlare. Infatti Pasolini usa in tutto il romanzo il tipico dialetto di Roma: il romanesco.

Partendo dalla lettura del libro ed individuando nel linguaggio uno degli elementi più importanti del romanzo abbiamo intrapreso questo lavoro di “traduzione” dal romanesco all’italiano. Molti sono stati i motivi che ci hanno indotto a una traduzione totale e particolareggiata. Innanzitutto trascrivendo e soprattutto traducendo ci siamo accorti di quanto il nostro dialetto tuttora influisce sul nostro modo di parlare e di scrivere. Cosi abbiamo anche scoperto, essendo obbligati ad utilizzare un italiano il più corretto possibile, quanti errori facciamo involontariamente tutti i giomi. Attraverso questa analisi inoltre abbiamo potuto sviluppare un controllo maggiore sul nostro scritto così da migliorare il nostro italiano.

Questa “traduzione” che ora mostreremo aiuta anche a capire meglio il contenuto del testo che essendo totalmente in romanesco a volte non è facilmente comprensibile. Purtroppo però Ragazzi di vita trasformato perde la sua magia e sembra privo di senso. Tutto ciò è dovuto al fatto che attraverso il dialetto - come era nelle intenzioni di Pasolini - si riesce ad entrare meglio nel libro e ci si sente parte integrante della periferia negli anni del dopoguerra.


 
[Romanesco]
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«Che te rode er c..., a Na-dia? le fece Alvaro calmo calmo, vedendo che c’aveva i nervi. Lei a quelle parole sbottò tutta in una volta: «E namo,» fece, «famo quello che dovemo fà, na cosa sbrigativa, e bona notte! Che stamo a aspettà qqua, me o voi dì?.»
«Eeeeh, ammazza che prescia che c’hai,» fece Rocco. Lei fece una faccia offesa, e si rivoltò come una vipera, con la bocca tirata in giù e gli occhi che gli erano diventati di coccio per la rabbia, grigi come quelli dei malati di cuore: «Te va de intigne?» fece guardando furiosamente Alvaro negli occhi. «Come no?» fece Alvaro. «E alora namo, che aspetti?» concluse lei feroce, con quella bocca rossa che pareva una fessura dell’inferno. Alvaro continuò a guardarla con gli occhi che gli brillavano allegramente di bonaria ironia: «Tu me sa che oggi ancora nun hai ricevuto,» disse, facendo il gesto di calcare qualcosa col palmo della mano. «Me pari na libbidinosa!» aggiunse gaiamente.
«Ma va a mmorì ammazzato,» sibilò lei, imbestialita, greve peggio d’un facchino del mattatoio.
«Mo t’accontentamo, va,» concesse Rocco, sulla scia
d’Alvaro. «C’avemo certi stennarelli, qqua!»
«Pure er Riccetto, sa’,» fece Alvaro, «con tutto ch’è pischello. Hai da vede quanto arma, hai da vede!»
Il Riccetto restò impassibile, in ginocchio come s’era messo, con le gambe un po’ divaricate sulla rena: pure lui aveva in testa il cappello messicano, piazzato dietro le orecchie in modo che sulla fronte schizzavano i riccioletti, e tenuto fermo con uno spago che gli passava sotto la gola.
«Namo, daje,» concesse finalmente Alvaro, facendo alla paragula col mento un cenno verso il capanno. Lei nascose la soddisfazione sotto uno sguardo disgustato e dignitoso, e, puntando le mani a terra e voltandosi col sedere in alto, fece per sollevare un po’ alla volta il quintale di ciccia distribuita a pacchi e pacchetti qua e là dalle zinne ai polpacci.
«Fermete!» ordinò Alvaro, «vado avanti io.»
S’alzo e andò avanti, sparendo tra gli ombrelli, le sdraio e il carnaio dei bagnanti. Dopo un po’ la Nadia, rizzatasi prima ginocchioni, s’alzò all’impiedi, e gli andò dietro, piantando le fettone nella rena ardente.
Il Riccetto e Rocco restarono li, ad aspettare il loro turno. Rocco si allungò colle mani sotto la nuca, con la sua solita faccia da balordo. Il Riccetto, visto che tanto lui quanto Alvaro di farsi il bagno in tutta la mattinata non avevano parlato mai e se n’erano stati sbragati con la schiena contro i capanni, a smicciare le belle sorcone sfornare da Trastevere o dai Prati, dalla Maranella o dal Quarticciolo, gli chiese: «A Rocco, che, sai notà?»
«Come, nun so notà!» fece l’altro senza scomporsi. «Si me vedi dentro l’acqua, so’ na sirena so’!»
«Allora intanto ch’aspettamo, famise er bagno, daje!» fece il Riccetto.
«Nun me va, nun me va,» disse sbadigliando Rocco, «e vattelo a ffà da te, si te ficca.»
«Io me lo fo, sa’,» disse il Riccetto, deciso, e con un po’
d’emozione. Si tolse il sombrero, e corse verso il frangente. Stette lì a pensarci mezz‘ora, mettendo prima un piede in acqua e levandolo, poi l’altro e levandolo, poi andando avanti fino a che l’acqua gli arrivava ai ginocchi, facendo uno zompetto ogni volta che veniva l’ondata, che pareva gli dessero una pedata nel sedere.
Tutto lo specchio d’acqua davanti a lui era pieno di gente, che quasi non ci stavano, con un moscone che dondolava su e giù tra le capocce. Finalmente si decise e si buttò tutto dentro come una paperella.

[Italiano]
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«C’è qualcosa che non ti convince, Nadia?» Disse Alvaro calmo, vedendo invece la ragazza nervosa. Lei sentendo quelle parola, ebbe uno scatto improvviso: «Non perdiamo tempo!» disse «facciamo quello che abbiamo previsto, e molto velocemente cosi chiudiamo il capitolo! Vuoi dirmi cosa stiamo aspettando?!».
«Che fretta hai!» disse Rocco. Lei si mostrò offesa, e si adirò come una vipera, con la bocca rivolta all’ingiù e gli occhi grigi dalla rabbia, come gli affetti da malattie cardiache. «Sei ancora convinto di fare l’amore con me?» Disse guardando furiosamente Alvaro negli occhi. «Certamente» Disse Alvaro. «E allora andiamo, non perdiamo tempo» concluse lei con aria indispettita e con la bocca rossa tale da sembrare una cavità infernale. Alvaro continuò a guardarla con occhi che gli brillavano di bonaria ironia: «Secondo me, tu oggi ancora non hai ricevuto nessuno» disse, mimando un gestaccio con la mano. «Mi sembri incontenibile!» aggiunse gaiamente.
«Non ti permettere...» disse lei contenendo a stento la rabbia.
«Adesso ti placherò io» si intromise Rocco, continuando il discorso di Alvaro. «Siamo molto dotati!»
«Anche il Ricetto ne è a conoscenza!» disse Alvaro «anche se è solo un ragazzo. Devi vedere quanto è bravo! Devi vederlo!»
Il Ricetto restò impassibile, sempre nella stessa posizione, con le gambe divaricate sulla spiaggia: anche lui calzava un cappello messicano, messo dietro le orecchie in modo che sulla fronte uscissero i riccioletti, e trattenuto con uno spago che passava sotto la gola.
«Andiamo, ora» decise finalmente Alvaro, indicando alla ragazza con un cenno del mento il capanno. Lei celò la soddisfazione fingendo uno sguardo tra il disgustato e il dignitoso, e, puntando le mani a terra finse di sollevare un po’ alla volta gli accumuli di grasso distribuiti qua e là per tutto il corpo.
«Fermati!» ordinò Alvaro, «Vado avanti io.»
Si alzò e la precedette, scomparendo tra gli ombrelloni, le sdraio e i bagnanti. Dopo un po’ Nadia, alzatasi prima in ginocchio, si alzò in piedi, e lo segui.
Il Ricetto e Rocco restarono li, ad aspettare il loro turno. Rocco si distese mettendo le mani sotto la nuca, con la sua solita faccia da sfrontato. Il Ricetto, dal momento che sia lui sia Alvaro non avevano preso in considerazione l’ipotesi di fare il bagno, ed invece erano stati stesi con la schiena contro i capanni, a guardare le belle ragazze di Trastevere o di Prati ecc. gli chiese: «Rocco, sai nuotare?»
«Certo!» disse l’altro senza scomporsi. «Dentro l’acqua sono come una sirena!»
«Allora mentre aspettiamo, andiamo a farci un bagno, su!» disse il Ricetto.
«In questo momento non me la sento» disse sbadigliando Rocco «se tu senti la necessità, tuffati pure da solo!»
«Farò così!» disse il Ricetto con decisione, e con un po’ d’emozione. Si tolse il sombrero, e corse verso la riva. Rimase indeciso per mezz’ora, mettendo prima un piede in acqua e levandolo, poi l’altro e levandolo, poi andando avanti fino a che l’acqua gli arrivava alle ginocchia, facendo un salto ogni volta che lo raggiungeva un’ondata, che sembrava quasi colpito sul deretano.
Tutto lo specchio d’acqua davanti a lui era colmo di gente, che tentennava a tuffarsi. Finalmente si decise e si immerse con un atteggiamento poco atletico.

Ringrazio infine Silvio Parrello che ha trasmesso a "Pagine corsare", oltre a una lettera, la documentazione relativa al lavoro degli allievi del Liceo Talete. Inoltre, Parrello mi ha fatto avere alcune pagine riguardanti la propria attività, che svolge da anni nel quartiere Donna Olimpia a Monteverde e non solo. Un’attività di cui il sito pasoliniano ha dato ampia testimonianza anche in passato, e di cui ora fornisco alcuni significativi aggiornamenti nelle pagine collegate. [A.M.]


Pier Paolo Pasolini all'epoca in cui scrisse Ragazzi di vita

 


Ragazzi di vita al Liceo Scientifico Statale Talete di Roma

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