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2 novembre 1975 - 2 novembre 2008 PASOLINI L’ARRABBIATO: ![]() Lucida, mite rabbia di Pasolini! Sempre al critico francese, che nel 1970 gli chiedeva se il suo appassionato interesse per gli esclusi e i marginali fosse da addebitare ad un’esperienza dolorosamente vissuta, Pasolini aveva confessato che la sua era “la mentalità dell’animale ferito”, di chi subiva l’odio per la sua diversità, quello stesso razzismo che s’accaniva “contro tutte le minoranze del mondo” [ibidem, p. 105]. Ed è avendo presente i miserabili e i “dannati della Terra” che il Maestro di Casarsa della Delizia avrebbe accettato all’inizio degli anni ’60 di offrire la sua lettura della storia contemporanea, focalizzandosi sulle speranze e le lotte per la giustizia sociale e la decolonizzazione che avevano indelebilmente segnato il ventennio successivo alla sconfitta del nazifascismo.
All’inizio lo spettatore assiste ad una “ipotesi di ricostruzione”, o meglio alla ‘simulazione’ della prima parte mancante del documentario La rabbia del 1963: si tratta di un inedito montaggio di 16’ di materiali di forte impatto emotivo che il regista di Salò aveva avuto a disposizione, ma non poté utilizzare giacché il produttore silurò il primitivo progetto per far spazio ai rigurgiti xenofobi e reazionari dello scrittore Guareschi (sua la saga strapaesana di Don Camillo e Peppone), che nella parte assegnatagli arriverà a definire il processo di Norimberga “una vendetta delle nazioni vincitrici”, a fare l’apologia dei massacri dei paras francesi in Algeria e della segregazione razziale negli Usa. Le scene ricucite da Bertolucci sono accompagnate dall’originario commento previsto prima dei tagli. Viene poi riproposta la parte allora licenziata da Pasolini, circa 53’, elaborata a partire da cinegiornali e riprese inedite di produzione sovietica e americana. Suggellano il documentario alcuni spezzoni d’epoca che testimoniano il linciaggio subito lungo tutta una vita dall’uomo di lettere e di cinema, e significativi brani tratti da rare interviste.
Mario Schifano, Pasolini 1985.....
Clicca per ingrandire..... ![]() Scorrono in un caos apparente le immagini: l’insurrezione ungherese del ’56 schiacciata dai carri sovietici, le lotte di liberazione nel Terzo Mondo (Algeria, Cuba...), l’Africa in rivolta, soldati in colonna nel deserto (“incomincia la nuova preistoria”), Papa Giovanni “dal misterioso sorriso di tartaruga”, l’incubo delle esplosioni atomiche, la tragica fine di Marilyn Monroe, (*) poetico climax de La rabbia: “sorellina obbediente ... sciocca come l’antichità, crudele come il futuro.../ fra te e la tua bellezza posseduta dal Potere/ si mise tutta la stupidità e la crudeltà del presente”. Il congedo è dedicato all’astronauta Gagarin che apre le vie del cosmo a “miliardi di miseri abbarbicati alla terra come disperati insetti”, dilaniati dalla follia fraticida: “... la rivoluzione vuole una sola guerra, quella dentro gli spiriti che abbandonano al passato le vecchie, sanguinanti strade della terra.” Eversivo il contrappunto visivo-sonoro: si pensi alle immagini di De Gaulle (silenziato) a cui si sovrappongono gli scoppi della battaglia che infuria per l’indipendenza algerina. Dopo aver visionato la pellicola completa delle due parti (quella realizzata da lui e la ‘parodia’ di Guareschi), Pasolini comprende di essere stato invischiato in un’operazione qualunquista che, in un momento di duro scontro politico tra blocchi contrapposti, intende far rievocare “da sinistra” e “da destra” – neutralizzando le tesi contrapposte – avvenimenti e protagonisti della storia a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La sua richiesta di ritirare la firma si rivelerà inutile perché il documentario, dopo aver provocato roventi polemiche ancor prima della sua uscita, verrà boicottato dal pubblico scomparendo dalle sale dopo solo due, tre giorni di programmazione.
Ma l’autentica cifra dell’indignazione pasoliniana sta forse tutta ne La sequenza del fiore di carta (1969), 3° episodio di Amore e rabbia, che vede gli autori (oltre a Pier Paolo: Lizzani, Bellocchio, Godard e Bernardo Bertolucci) ispirarsi ciascuno ad una parabola evangelica. Lo scrittore di Ragazzi di vita traduce nel suo inconfondibile stile l’episodio del fico che suscita l’ira divina perché non dà frutti. Scene in bianco e nero di guerre, eccidi e manifestazioni si sovrappongono a tratti ad un unico piano sequenza di 11’ a colori dove uno spensierato Riccetto percorre via Nazionale a Roma scherzando coi passanti, mentre stringe tra le mani un lungo fiore di cartapesta simbolo della sua effimera felicità. Il pischello è curioso, ma si arresta alla superficie delle cose, la sua colpa è di non accorgersi di quanto gli succede intorno. Per Pasolini in un mondo così ingiusto nessuno può chiamarsi fuori, non c’è posto per gli ‘innocenti’: resta imperdonabile fingere di non vedere, rifiutare o ‘perdere’ l’altro accontentandosi di sopravvivere. E Riccetto che crede solo al valore dei suoi sogni morirà senza neppure accorgersene (come il fico sterile), folgorato da un fulmine nell’assordante, indifferente chiasso della metropoli. C’è spazio per suggerire l’esaustiva nuova edizione di “Pagine corsare”, curata dall’infaticabile Angela Molteni: index00.html, col rinvio interno al Centro Studi PPP. __________ CLICCA QUI PER VEDERE LE PAGINE ORIGINALI DELLA RIVISTA AUT * * *
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Un omaggio al Poeta delle primule a 33 anni dal suo assassinio, di Daniele Cenci |