Il cinema

Sal? o le centoventi
giornate di Sodoma
1975.
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Dal romanzo di De Sade Le centoventi giornate di Sodoma

Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini
Collaborazione alla sceneggiatura Sergio Citti e Pupi Avati
Fotografia Tonino Delli Colli; scenografia Dante Ferretti; costumi Danilo Donati; consulente musicale Ennio Morricone; montaggio Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi; musiche a cura di Pier Paolo Pasolini; aiuto alla regia Umberto Angelucci; assistente alla regia Fiorella Infascelli.?
Interpreti e personaggi Paolo Bonacelli (Il Duca Blangis); Uberto Paolo Quintavalle (il Presidente della Corte d'Appello); Giorgio Cataldi (il Vescovo, doppiato da Giorgio Caproni); Aldo Valletti (l Presidente Durcet, doppiato da Marco Bellocchio); Caterina Boratto (signora Castelli); H?l?ne Surg?re (signora Vaccari, doppiata da Laura Betti); Elsa de' Giorgi (signora Maggi); Sonia Saviange (virtuosa d? pianoforte). E inoltre: Sergio Fascetti, Antonio Orlando, Claudio Cicchetti, Franco Merli, Bruno Musso, Umberto Chessari, Lamberto Book, Gaspare di Jenno, Giuliana Melis, Faridah Malik, Graziella Aniceto, Renata Moar, Dorit Henke, Antinisca Nemour, Benedetta Gaetani, Olga Andreis, Tatiana Mogilanskij, Susanna Radaelli, Giuliana Orlandi, Liana Acquaviva, Rinaldo Missaglia, Giuseppe Patruno, Guido Galletti, Efisio Erzi, Claudio Troccoli, Fabrizio Menichini, Maurizio Valaguzza, Ezio Manni, Anna Maria Dossena, Anna Recchimuzzi, Paola Pieracci, Carla Terlizzi, Ines Pellegrini. Produzione PEA (Roma) / Les Productions Artistes Associ?s (Parigi); produttore Alberto Grimaldi; pellicola Kodak Eastmancolor; formato 35 mm, colore; macchina da ripresa Arriflex; sviluppo e stampa Technicolor; sincronizzazione International Recording, Roma; missaggio Fausto Ancillai; distribuzione United Artists Europa.
Riprese marzo-maggio 1975, teatri di posa Cinecitt?, esterni Sal?, Mantova, Gardelletta (Emilia), Bologna; durata 116 minuti.?
Prima proiezione I Festival di Parigi, 22 novembre 1975.?


Le vicende narrate nel film

Il film segue la falsariga del romanzo del Marchese de Sade, attraverso la ripetizione infinita del numero magico 4. Quattro "Signori", rappresentanti di tutti i Poteri, il Duca (quello nobiliare), il Monsignore (quello ecclesiastico), Sua Eccellenza il Presidente della corte d'Appello (quello giudiziario) e il Presidente Durcet (quello economico), si riuniscono in una villa assieme a quattro Megere, ex meretrici, e a una schiera di giovani ragazzi e ragazze, catturati tra i figli dei partigiani, o partigiani essi stessi, in una sontuosa e cadente villa, isolata dal mondo dal presidio dei soldati Repubblichini e delle SS. Nella villa, per centoventi giorni, sar? vigente per tutti un regolamento sottoscritto dai quattro Signori, con il quale essi sono autorizzati a disporre indiscriminatamente e liberamente della vita delle loro giovani vittime, le quali dovranno tenere un comportamento di assoluta obbedienza nei confronti dei Signori e delle loro regole. Ogni insubordinazione o pratica religiosa, verr? punita con la morte.
Le giornate si svolgono attraverso una struttura infernale dantesca, che corrisponde alle quattro parti (un Antinferno e tre Gironi), in cui ? diviso il film. Le tre Megere, nella mansione di narratrici, hanno il compito di raccontare le proprie perversioni sessuali nella cosiddetta Sala delle Orge, con lo scopo di eccitare i Signori e contemporaneamente di "educare" i ragazzi alla soddisfazione dei loro appetiti sessuali. Le narratrici sono accompagnate al pianoforte da una quarta donna, che ha il compito di estetizzare ulteriormente il loro racconto crudo, pornografico e compiaciuto.
L'Antinferno mostra la sottoscrizione delle regole da parte dei quattro Signori, il loro patto di sangue (ognuno sposa la figlia dell'altro), e la cattura dei giovani repubblichini di leva da parte delle SS, e infine la caccia delle vittime da parte dei repubblichini. Le vittime vengono tradotte poi nell'enorme villa, fuori Sal?, selezionate e irregimentate dai Signori e dai loro orribili galoppini. I giovani subalterni, maschi e femmine, si dividono cos? in quattro gruppi: le vittime, i soldati, i collaborazionisti, la servit?.
Il primo girone ? il Girone delle Manie. In esso, guidati dalla Signora Vaccari, i Signori esercitano una serie di sevizie sui corpi nudi o vestiti degli adolescenti, aiutati e rinforzati dai fedeli repubblichini. Tra le molte sevizie, primeggia quella di farli mangiare a quattro zampe, nudi, latranti come dei cani, degli scampoli di cibo gettati in terra o nelle ciotole, quando alcuni di questi bocconi di cibo sono riempiti, a sorpresa, di chiodi.
Il Girone della Merda, dalla denominazione fin troppo esplicita, sotto la guida della Signora Maggi, si svolge tutto all'insegna dell'analit?, o meglio, dell'oroanalit?, dal momento in cui alle sempre pi? fitte chiacchiere erudite dei signori (che citano a memoria Klossowski, Baudelaire, Proust e Nietzsche) si aggiunge la scatofagia, coronamento metaforico del film, per cui tutti sono letteralmente obbligati a cibarsi della propria merda, appositamente raccolta durante il giorno.
Il Girone del Sangue mostra l'apice delle efferatezze del film: qui i Signori, dopo aver costretto ognuno dei ragazzi a trasformarsi in delatore nei confronti delle infrazioni altrui, prescelgono le vittime designate allo strazio e accettano i peggiori come collaborazionisti. In seguito, in un'orgia progressiva di torture, amputazioni, e varie uccisioni rituali, i Signori, aiutati dai loro vecchi e nuovi collaboratori, si prodigano in balletti isterici e atti sessuali necrofili sulle vittime, portando all'apoteosi il loro sentimento di disprezzo reciproco e del mondo.
Il film ha poi, non preannunciato, un Epilogo. Nel mezzo dell'immane carneficina, due giovanissimi collaborazionisti, annoiati e assuefatti, cambiano canale alla radio d'epoca che trasmette i Carmina Burana di Orff, e improvvisano maldestramente, sulla canzonetta degli anni Quaranta Son tanto triste, motivo conduttore del film, qualche passo di valzer, pronunciando questo dialogo: "Sai ballare?"? "No."? "Dai, proviamo. Proviamo un po'..."? "Come si chiama la tua ragazza?"? "Margherita."

da S. Murri, Pier Paolo Pasolini, Il Castoro-l'Unit? 1995


I commenti

Un commento a questo film richiede una premessa sia pure breve ma essenziale, poich? un elemento drammatico, dal quale non ? possibile prescindere, ne segna il cammino: la tragica morte di Pasolini avvenuta prima che il montaggio fosse compiuto. ? chiaro che tutte le critiche che si rovesciarono sul film non trovarono pi? il principale interlocutore. Sul film, per?, nel corso della sua lavorazione, Pasolini ebbe modo di esprimersi in svariate circostanze. Saranno quindi in primo luogo i suoi scritti, le sue interviste o alcuni commenti di critici particolarmente acuti che ci permetteranno di comprendere pi? chiaramente i contenuti, i significati e i messaggi dell'ultimo film del regista. Occorre per? tracciare, almeno per sommi capi, alcuni punti fondanti che presiedono alla realizzazione del film.?
Dopo Il fiore delle Mille e una notte, Pasolini aveva in mente la realizzazione di alcuni altri progetti cinematografici, tra cui un film su San Paolo, che avrebbe dovuto intitolarsi Bestemmia:?
"Ho sempre fatto film col sole [?…] adesso far? un film tutto di pioggia [?…] Evidentemente, questa mia violenza contro la Chiesa ? profondamente religiosa, in quanto accuso san Paolo di aver fondato una Chiesa anzich? una religione. Io non rivivo il mito di san Paolo, lo distruggo".?
Un altro progetto aveva come tema l'Ideologia:?
"Una cometa (l'Ideologia) trascina dietro a s? un Re Magio [Pasolini prevedeva per questo ruolo l'interpretazione di Eduardo De Filippo], il quale, seguendola, viaggia a lungo, facendo dunque esperienza dell'intera realt?".?
Si veda a questo proposito la lettera sottoriportata del 24 settembre 1975 con la quale Pasolini ?– dopo aver girato Sal? ?– propone a Eduardo di fare il film, che si sarebbe chiamato Porno-Teo-Kolossal.?
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Roma, 24 settembre 1975?
Caro Eduardo,?
eccoti finalmente per iscritto il film di cui ormai da anni ti parlo. In sostanza c'? tutto. Mancano i dialoghi, ancora provvisori, perch? conto molto sulla tua collaborazione, anche magari improvvisata mentre giriamo. Epifanio lo affido completamente a te: aprioristicamente, per partito preso, per scelta. Epifanio sei tu. Il "tu" del sogno, apparentemente idealizzato, in effetti reale.?
Ho detto che il testo ? per iscritto. In realt? non ? cos?. Infatti l'ho dettato al registratore (per la prima volta in vita mia). Resta perci?, almeno linguisticamente, orale. Ti accorgerai subito infatti, leggendo, di una certa sua aria un po' plumbea, ripetitiva, pedante. Passaci sopra. Mi era impossibile ?– per ragioni pratiche ?– fare altrimenti.?
Io stesso l'ho letto per intero oggi ?– poco fa ?– per la prima volta. E sono rimasto traumatizzato: sconvolto per il suo impegno "ideologico", appunto, da "poema", e schiacciato dalla sua mole organizzativa.?
Spero, con tutta la mia passione, non solo che il film ti piaccia e che tu accetti di farlo: ma che mi aiuti e m'incoraggi ad affrontare una simile impresa. Ti abbraccio con affetto, tuo?
Pier Paolo
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Nel 1974, dopo la vittoria (12 maggio) dei ?“no?” al referendum sull'abrogazione del divorzio (un ?“no?” che aveva ricevuto una tiepida adesione da parte del partito comunista italiano, preoccupato soprattutto che questa contesa sul divorzio potesse turbare i sentimenti religiosi degli italiani), Pasolini pubblica sul ?“Corriere della Sera?” l'articolo ?“Gli italiani non sono pi? quelli?” (ora in Scritti corsari [edito da Garzanti] con il titolo ?“10 giugno 1974. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia?”, ampliato poi da un altro articolo dell'11 luglio 1974).?
"L'ansia del consumo ? un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perch? questo ? l'ordine che egli inconsciamente ha ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi 'diverso'. Mai la diversit? ? stata una colpa cos? spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non ? stata infatti conquistata, ma ? una falsa uguaglianza ricevuta in regalo."?
Rispetto a questo scritto vi fu una vivace reazione dei comunisti e si accese una dura polemica prima con Maurizio Ferrara, poi con Italo Calvino e Franco Ferrarotti; Pasolini invi? una lettera aperta a Calvino, pubblicata sul ?“Corriere della Sera?”, alla quale replicarono, oltre allo stesso Calvino, Alberto Moravia, Franco Fortini, Umberto Eco, Giorgio Bocca e Natalia Ginzburg.?
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Questi sono gli stati d'animo, questo il clima generale, questo il quadro che fanno da sfondo alla decisione di Pasolini di appropriarsi di un progetto che Sergio Citti stava esaminando. Citti pensava, infatti, di produrre una sceneggiatura dalle Centoventi giornate di Sodoma di De Sade. Pasolini fa proprio il progetto (Sergio Citti, con Pupi Avati, saranno poi collaboratori alla sceneggiatura), sviluppa l'idea che sorregge il romanzo di De Sade del ?“piacere?” della violenza, delle sevizie, della perversione sessuale, e traspone l'originaria ambientazione settecentesca nella repubblica di Sal? del 1944; questa una sua dichiarazione:
"L'idea mi ? venuta da Le centoventi giornate di Sodoma, questa specie di sacra rappresentazione mostruosa, al limite della legalit?. Mi sono accorto tra l'altro che Sade, scrivendo pensava sicuramente a Dante. Cos? ho cominciato a ristrutturare il libro in tre bolge dantesche [in effetti il film sar? strutturato in un antinferno e tre gironi]. Ma l'idea di sacra rappresentazione peccava di estetismo, occorreva riempirla di immagini e contenuti. Quattro nazifascisti fanno dei rastrellamenti; il castello di Sade dove portano i prigionieri, ? un piccolo campione di lager. Mi interessava vedere come agisce il potere dissociandosi dall'umanit? e trasformandola in oggetto."

Occorre infine tener conto, nel formulare o nel proporre conclusioni sull'ultima opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini, di quella che ? una filosofia di fondo, riferita al cinema, del pensiero pasoliniano:?
"A mio parere, il cinema ? sostanzialmente e naturalmente poetico [...] perch? ha il carattere del sogno, perch? ? vicino ai sogni, perch? una sequenza cinematografica ? la sequenza cinematografica di un ricordo o di un sogno e non solo questo, ma le cose in se stesse sono profondamente poetiche: un albero fotografato ? poetico, un volto umano fotografato ? poetico, perch? la fisicit? ? poetica in s?, perch? ? un'apparizione, piena di mistero, piena di ambiguit? [...].?
Il cinema di poesia ? il cinema che adotta una particolare tecnica, proprio come un poeta adotta una particolare tecnica per scrivere versi. Se si apre un libro di poesie, si riconosce immediatamente lo stile, il modo di rimare e tutto il resto: si vede la lingua come strumento, si contano le sillabe di un verso. L'equivalente di quello che si vede in un testo poetico lo si ritrova in un testo cinematografico, attraverso gli stilemi, ossia attraverso i movimenti di macchina e il montaggio. Per cui fare un film ? essere poeti."?

A met? febbraio 1975 iniziano le riprese di Sal? nelle campagne intorno a Mantova. Il 25 marzo, in una autointervista sul ?“Corriere della Sera?” Pasolini tra l'altro scrive:?
"Il sesso in Sal? ? una rappresentazione, o metafora, di questa situazione: questa che viviamo in questi anni: il sesso come obbligo e bruttezza. [?…]?
Oltre che la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto) che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni, tutto il sesso che c'? in Sal? (e ce n'? in quantit? enorme) ? anche la metafora del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti. In altre parole ? la rappresentazione (magari onirica) di quella che Marx chiama la mercificazione dell'uomo: la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento). Dunque il sesso ? chiamato a svolgere nel mio film un ruolo metaforico orribile. [?…]?
[Le mie Centoventi giornate di Sodoma si svolgono a Sal? nel 1944], e a Marzabotto. Ho preso a simbolo di quel potere che trasforma gli individui in oggetti [?…] il potere fascista e nella fattispecie il potere repubblichino. Ma, appunto, si tratta di un simbolo. [?…] In realt? lascio a tutto il film un ampio margine bianco, che dilata quel potere arcaico, preso a simbolo di tutto il potere, e abbordabili alla immaginazione tutte le sue possibili forme. [?…]?
Nel potere ?– in qualsiasi potere, legislativo e esecutivo ?– c'? qualcosa di belluino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attualizzabile la pi? primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli: cio?, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. [?…] I potenti di De Sade non fanno altro che scrivere Regolamenti e regolarmente applicarli".
Pasolini ha concepito questo film, dunque, in un momento storico in cui percepiva lucidamente, attraverso tutto ci? che stava accadendo attorno a lui (la violenza, la corruzione, la caduta verticale dei valori, l'imposizione di miti consumistici, l'omologazione sociale e culturale) il grado di sfacelo di un intero paese e il crimine di un potere ?“tritacoscienze?” che agiva ?– e agisce ?– in nome di una democrazia solo nominalmente, formalmente tale, una situazione di cui una parte di noi italiani avrebbe cominciato a prendere coscienza solamente sul finire degli anni Ottanta.?

? interessante osservare come alcuni intellettuali abbiano percepito e commentato i contenuti dell'ultima opera cinematografica pasoliniana.?
Nell'esame di Enzo Siciliano, per esempio, vi sono due riflessioni particolarmente interessanti: quella sull'"estraneazione teatrale" di scuola brechtiana e quella di una serie di brutalit? orrende ?– radicali e totali ?– che i nazifascisti della repubblica di Sal? avrebbero potuto credibilmente compiere.?
Torturare e uccidere, anche attraverso rivoltanti perversioni sessuali, era per i carnefici nazifascisti una possibilit? concreta e non un frutto della ?“invenzione?”, o delle ?“fantasie distorte?” di Pasolini . Ma vediamo ci? che dice tra l'altro Enzo Siciliano (Vita di Pasolini, Giunti 1995):?
"Sal? o le centoventi giornate di Sodoma ? una sorta di saggio critico per immagini. Tema del saggio, nel quale il romanzo postumo di Sade viene assunto come provocazione intellettuale, ? la mentalit? concentrazionaria nazifascista, istigatrice di violenza. Ma i suoi temi sono anche la trasgressione e la morte. [?…] Sade mette in bocca ai propri personaggi discorsi di incontinente verbosit? e narrazioni di una programmatica astrattezza. Ebbene, tanto spreco di parole e discorsi ha un fine preciso: ridurre l'azione romanzesca a rito e a emblema.?
In Sal?, ritualismo e emblematicit? sadiani filtrano interi. I personaggi di Les 120 journ?es de Sodome interpretano, sulla pagina scritta, le proprie azioni al modo degli attori, non coincidendo mai con esse. Si verifica cos? un calcolato scollamento fra ci? che dicono e ci? che fanno. Pasolini punta deliberatamente a questo scollamento, a questa 'estraneazione teatrale', di cui Brecht ? stato il teorico.?
Sal?, film 'brechtiano', film 'critico', film ritualistico, si apre con immagini di campagna padana: i nazifascisti vi compiono razzia di giovani. [?…] la cerimonia avr? inizio una volta che la razzia ? accuratamente ultimata. [?…]?
Il potere ? anarchia, dice Pasolini: il potere vuole abolire la storia e sopraffare la natura. Storia e natura possono essere abolite e sopraffatte attraverso il sesso.?
La cronaca dei fatti umani suggerisce che durante la repubblica di Sal?, col dominio dei nazisti, una tale sopraffazione, radicale e totale, avrebbe potuto compiersi. Ecco, quindi, nel film sotto il suggerimento di Sade, rendersi esplicita la metafora di quella apocalisse".

Il drammaturgo e critico Serafino Murri (Pier Paolo Pasolini, 1995), pone l'accento su diversi aspetti del film e su alcune traversie che ne hanno caratterizzato la lavorazione. E' una sua considerazione che, in particolare, ha richiamato la mia attenzione: ?“Ci? che ? certo, ? che Pasolini, pur mettendo in conto la sua morte, non aveva alcuna intenzione di fermarsi?”. ? noto, infatti, che Pasolini era gi? stato oggetto di aggressioni, di minacce, e che era letteralmente ?“accerchiato?” da una sorda ostilit?: ? possibile che in pi? d'una occasione abbia anche temuto per la sua vita. Ma a fronte di una persona che dice di se stessa, come egli fece, dopo Sal?: ?“Un nuovo regista. Pronto per un mondo moderno?”, ? priva di fondamento un'ipotesi che insinui che ?“sia andato volontariamente in cerca di qualcuno che lo suicidasse?”. Ed ecco uno stralcio delle riflessioni di Murri:?
"Sal? ? di certo un film estremo, che risponde alla sfida della Tolleranza rappresentando tutto ci? che viene rimosso dall'immagine che la societ? d? di s?: la violenza e la perversione, reintegrate al finto candore televisivo di cui la nuova classe politica si fa scudo per imporre i suoi dettami, non possono che provocare indignazione e scandalo.?
Il film fu girato con difficolt?, tra le frequenti ribellioni degli attori, che cercavano di rifiutarsi di eseguire i gesti osceni e di pronunciare le battute in maniera cos? cruda ed esplicita come li aveva immaginati il regista. Ma Pasolini, durante la lavorazione, non ha mai smussato alcuna di queste punte, e ha cercato di rappresentare consapevolmente 'il cuore della violenza' con una freddezza e una lucidit? espressive quasi maniacali: 'Se uno deve cadere a terra morto, glielo faccio ripetere mille volte finch? sembra proprio un corpo che cade morto. Insomma, un punto di perfezione formale che mi serve per chiudere in una specie di involucro le cose terribili di De Sade, del fascismo'.?
Pasolini non fece in tempo a vedere, completo di montaggio, il suo film sul Potere. Quando Sal? o le centoventi giornate di Sodoma fu proiettato in anteprima al Festival di Parigi, il 22 novembre del 1975, il regista era gi? morto da tre settimane.?
Molti hanno interpretato la sua morte per assassinio come una sorta di 'suicidio per procura', un gesto volutamente provocato da un uomo stanco di vivere, che cercava il pericolo e l'autoannullamento. Altri, rifacendosi alla violenta escalation della sua polemica politica degli ultimi mesi (era giunto a sostenere che occorreva una nuova Norimberga per la Dc), hanno adombrato il sospetto di una morte 'non casuale', senza credere all'autonomia della colpevolezza di Giuseppe Pelosi, il ladruncolo minorenne che lo aveva ucciso. Ci? che ? certo, ? che Pasolini, pur mettendo in conto la sua morte, non aveva alcuna intenzione di fermarsi.?
Che Sal? potesse essere soggetto a traversie giudiziarie che vanno dall'imputazione per oscenit? a quella di corruzione di minori, durate a fasi alterne fino al 1978, era prevedibile; e che le reazioni nell'opinione pubblica non avrebbero potuto essere di tacitante indifferenza, era l'aperta ambizione del regista: 'Questo film va talmente al di l? dei limiti, che ci? che dicono sempre di me dovranno poi esprimerlo in altri termini. ? un nuovo scatto. Un nuovo regista. Pronto per un mondo moderno', aveva detto Pasolini in una delle sue ultime interviste. Si preparava dunque, Pasolini, a dare battaglia all'indifferenza, a turbare l'inquietante 'sdrammatizzazione' operata dal Potere, in quel mondo oltre la fine del mondo dipinto con Sal??"

Pasolini, infine, in una intervista, dichiar?: "Chi potrebbe dubitare della mia sincerit? quando dico che il messaggio di Sal? ? la denuncia dell'anarchia del potere e dell'inesistenza della storia? Eppure cos? enunciato tale messaggio ? sclerotico, menzognero, pretestuale, ipocrita, cio? logico della stessa logica che non trova affatto anarchico il potere, e che trova esistente la storia, anzi, pone ci? come un dovere. La parte del messaggio che pertiene al senso del film ? immensamente pi? reale, perch? include anche tutto ci? che l'autore non sa, cio? l'illimitatezza della sua stessa restrizione sociale storica. Ma tale parte del messaggio ? imparlabile, non pu? che essere lasciata al silenzio e al testo".?
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ANGELA MOLTENI

Sal? o le centoventi giornate di Sodoma ? ispirato a Le 120 giornate di Sodoma di De Sade; ? stato girato nel 1975 ed ? l'ultimo film realizzato da Pasolini prima del suo assassinio all'idroscalo di Ostia.
In questa pellicola, a differenza delle precedenti, Pasolini aspira alla perfezione tecnica e stilistica. Se il "cinema di poesia" lo ha spinto a richiedere il non professionismo agli attori professionisti, e a preferire attori presi dalla strada, in Sal? ricerca il massimo del perfezionismo.
E' un film, sostanzialmente, di scenografia, dove gli ambienti sono costituiti da stanze vuote, con pochissimi elementi, come per esempio la stanza del Cardinale, ove non c'? alcun quadro, alcun tappeto, nulla. Ci? che si ricava ? un'ambientazione cupa, in un contesto freddissimo e raggelante. Il film ? ambientato in una casale di campagna di Sal? e il periodo e' quello della Rsi, ma alcuni elementi scenografici sono ripresi da anni precedenti (1925). Pasolini, ripercorrendo le intenzioni di De Sade, ha cercato di dare un carattere dantesco alla struttura del film dividendola in gironi proprio come il verticalismo teologico di Dante.?
Con questo film Pasolini affronta il mondo moderno in una luce inedita rispetto alle esperienze del passato; c'? qui, una drammatica consapevolezza dell'orrore e dell'anarchia del potere, che egli si rifiuta di affrontare in modo realistico per rifuggire in una trasposizione metaforica. La metafora, quindi, rappresenta l'espediente grazie al quale il poeta-regista riesce a esprimere gli orrori perpetrati dal potere sul corpo umano: "la riduzione di questo a cosa, l'annullamento della personalit? dell'uomo". Nulla, secondo la visione pasoliniana, ? pi? anarchico del potere arbitrariamente spinto da esigenze puramente economiche che sfuggono ad un sentire comune.?
"E' un potere che manipola i corpi in modo orribile e che non ha nulla da invidiare alla manipolazione fatta da Hitler: li manipola trasformando le coscienze, cio? nel modo peggiore; istituendo dei nuovi valori alienanti e falsi, che sono i valori del consumo; avviene quello che Marx definisce: il genocidio delle culture viventi, reali, precedenti". [Pier Paolo Pasolini]?
Il potere, di per s?, ? codificatore e rituale; la ripetitivit? del gesto sodomitico rappresenta, per la sua meccanicit?, il paradigma che riassume questa terrificante imposizione del neocapitalismo.?
Per il carnefice si pone, dunque, il problema della ripetitivit? dell'atto in riferimento alla morte, che lo porta a ricercare non una ma cento vittime, perch? altrimenti non potrebbe ripetersi perdendo, in ultima analisi, il suo potere. Ma nel film c'? un'altra soluzione, ovvero fingere di ammazzare la vittima, ma in realt? non ucciderla affatto: "il ritorno alla vita diventerebbe una variante perversa, essendo ormai il rito della morte consumato".?
I carnefici di Sal?, attraverso la manipolazione dei corpi assumono la potenza di dei in terra, cio? il loro modello ? sempre Dio.?

DIALOGHI ESTRATTI DALLA SCENEGGIATURA

BLANGIS: "Il gesto sodomitico ? il pi? assoluto per quanto contiene di mortale per la specie umana, il pi? ambiguo, per questo accetta, allo scopo di trasgredirle, le norme sociali, ? infine il pi? scandaloso, perch? pur essendo il simulacro dell'atto generativo, ne ? la totale derisione".?
BLANGIS: "Il gesto sodomita ha il grande vantaggio di poter essere ripetuto centinaia di volte. Come lei ben sa, Monsignore, la reiterazione, ? indispensabile perch? il morto rinasce a livello della mostruosit?".?
BLANGIS: "... noi tutti siamo d'accordo che il giorno del giudizio, Dio, rimproverer? i virtuosi in questi termini: 'Allorch? avete visto che sulla terra tutto era vizioso e criminale, perch? vi siete persi sulla strada della virt?? Le perpetue sciagure che io, Dio, seminavo sull'universo, dovevano convincervi che io amavo unicamente il disordine e che per piacermi, non era necessario farmi irritare, dato che ogni giorno io, Dio, vi davo esempio della distruzione; perch? allora voi non distruggevate? Imbecilli, perch? voi non distruggevate?'.".?
CURVAL: "Dunque noi non riusciamo mai a liberarci del modello di Dio? La cosa comincia a preoccuparmi, dopotutto, quando ognuno di noi fa dei corpi delle sue vittime ci? che vuole, egli non ? che Dio in terra!"?
BLANGIS: "Si tranquillizzi, Eccellenza, ? vero che noi tendiamo a identificarci fatalmente in modo parossistico e un poco fasullo col presunto rappresentante dell'ordine, cio? con Dio, e ci? ? seccante, ma dopo aver meditato a lungo sono giunto ad una conclusione liberatrice: basta sostituire la parola DIO con la parola POTERE, cos? tutto rientra perfettamente nel programma che ci siamo prefissi".
CURVAL: "Ma Dio non equivale forse a potere?".?
BLANGIS: "S?, ma per coloro che credono che il potere sia appunto ordine".?
CURVAL: "Ma scusi, noi, non siamo forse la dimostrazione vivente di che ? realmente il Potere? L'unica vera, grande, assoluta Anarchia, ? quella del potere. Infatti noi, qualsiasi cosa ci venga in mente, la pi? folle ed inaudita, la pi? priva di senso, possiamo scriverla in questo quadernetto, ed essa diviene immediatamente legale; se poi saltasse in mente di cancellarla, essa diverrebbe immediatamente illegale. Le leggi del Potere, non fanno altro che sancire questo potere anarchico,... e ci? vale per qualsiasi potere".?
CURVAL: "La vostra idea ? quella che si dice 'un uovo di Colombo' e mi trova del tutto consenziente, quanto poi alle altre forme di potere, quelle cos? dette democratiche o tolleranti, non esiterei a rincarare la dose: infatti l? dove tutto ? proibito, in realt? si pu? fare tutto, mentre l? dove si pu? fare qualche cosa, si pu? fare solo quel qualcosa".?
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Pier Paolo Pasolini mor? prima che il montaggio del film fosse ultimato (Sal? tra l'altro fu sottoposto a numerosi sequestri che ne faranno slittare l'uscita nelle sale di alcuni anni; Pasolini subir? cos? l'ultimo processo da imputato seppur morto; il produttore Grimaldi verr?, in appello, prosciolto dalle accuse di "commercio di pubblicazioni oscene").?
E' inquietante l'apparente preveggenza del film, che a differenza delle pellicole precedenti non lascia alcuna speranza. Pu? sembrare un testamento spirituale, questo di Sal?, un estremo tentativo di denuncia della trasformazione antropologica italiana e degli abusi, giudiziari e morali, che sub? il regista fino al giorno della sua morte. Ma in fondo non c'? soluzione di continuit? con i precedenti film; con la spensierata Trilogia della vita (Decameron, I racconti di Cantebury, Il fiore delle mille e una notte), rappresenta, semplicemente, l'inevitabile conclusione di una visione sociale e antropologica fatta dall'uomo-poeta, legato indissolubilmente al suo tempo e dal suo tempo ucciso.
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MASSIMILIANO VALENTE

IL BRANO CHE STAI ASCOLTANDO E' UN
PRELUDIO DI? FREDRYK CHOPIN
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SU SALO'
VEDI ANCHE


Immagini tratte dal film

Sade per Pasolini: una
pietra contro la societ?,
di Alberto Moravia

Una pagina critica
di Giovanni Grazzini

Sal? e altre ipotesi. Incontro con Dacia Maraini

La musica nei film
di Pier Paolo Pasolini.
Alcuni riferimenti pittorici
di Angela Molteni

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