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La vita Giornalismo d'inchiesta: Ciascuno di noi ha "un senso", un’attitudine particolare, nel comprendere le cose. C’è chi lo sviluppa verso la natura, chi verso la polica, chi verso la scienza... Andrea Purgatori ce l’ha per la ricerca della verità. Romano, classe 1953, Master in Sience of Journalim alla Columbia University di NY, si è occupato di terrorismo, stragi, guerre. Se ne è occupato lavorando per i giornali, il cinema, la televisione. Se ne è occupato, solo per fare alcuni esempi, scrivendo della strage di Ustica ne Il Muro di Gomma, di mafia ne Il Giudice Ragazzino, di camorra in Fortapasc. Se ne è occupato sul "Corriere della Sera", andando in giro per l’Italia e all’estero. Ha collezionato tanti successi e anche tante rogne. Purgatori, la sua passione per il giornalismo d’inchiesta viene da lontano: ci può dire, in due parole, qual è stato il momento in cui ha capito che cosa voleva fare da grande? Perchè "Riapriamo il caso Pasolini": tema del suo intervento oggi al convegno sul giornalismo d’inchiesta di Marsala?Pasolini non è stato ammazzato da una sola persona. Non è stata la nottataccia di un omosessuale finita nel sangue. Non è una pagina della nostra storia più recente che si può chiudere con la semplice e in qualche modo rassicurante convinzione che il sesso a pagamento comporta dei rischi, persino quello più estremo della morte. Pasolini è stato vittima di un’aggresione organizzata, consumata da più persone e per motivi che quasi certamente hanno a che fare con le posizioni politiche di un intellettuale scomodo che aveva il coraggio di rovistare negli affari sporchi di quella stagione di bombe e complotti. Giovanni Lobianco e Sandra Rizza hanno lavorato a un’inchiesta che mette in relazione il delitto di Pier Paolo Pasolini con la morte di Enrico Mattei e il rapimento e l’uccisione del giornalista Mauro De Mauro. I tasselli ci sono, la possibilità che Pasolini avesse trovato le prove di un collegamento tra l’attentato al presidente dell’Eni e l’esecuzione di De Mauro da parte della mafia è una pista concreta. Certamente l’inchiesta che ha individuato in Pino Pelosi l’unico responsabile della morte di Pasolini è stata una brutta inchiesta, deficitaria, sommaria, superficiale, piena di buchi. Lo stesso Pelosi oggi dice: non sono stato io, era un complotto. Beh, dopo quasi 35 anni, credo sia sacrosanto domandarci cosa realmente accadde, chi lo uccise e soprattutto chi furono i mandanti”: L’inchiesta più difficile della sua carriera?Quella sulla mancata perquisizione della casa di Totò Riina dopo la sua cattura. Diciotto giorni di buio che ancora oggi devono essere raccontati. Due puntate per il "Corriere della Sera" (e sei mesi di lavoro), che sono costate il processo all’ex comandante del Ros dei carabinieri generale Mario Mori e all’ex capitano Ultimo, l’ufficiale che guidò la squadra che catturò il padrino di Cosa Nostra. Chi decise di non entrare a casa di Riina per quasi tre settimane? Chi consentitì agli uomini di Cosa Nostra di effettuare il trasoloco di tutti gli effetti personali della famiglia del boss? E soprattutto, perché questo incomprensibile, colpevole ritardo? Faceva parte di un accordo segreto tra lo stato e qualche boss di Cosa Nostra che non accettava più la strategia di scontro frontale a colpi di bombe e di stragi? Tutti assolti, ma noi aspettiamo ancora le risposte. Quella che vorrebbe fare, anche gratis...Quella sulla strage di Piazza Fontana, anche dopo quarant’anni. È appena uscito un film con Russel Crowe che si chiama State of Play. Parla di un giornalista "vecchio stile" che conduce un’inchiesta per il Globe affiancato da una giovane blogger. Anche la saga Millennium (libri e ora un film) ha come protagonista una blogger. Lei come la vede questa commistione rete/carta stampata? E’ vero, come in fondo fa intuire il film con Crowe, che la velocità del web potrebbe inficiare la bontà di un’inchiesta giornalistica? Se anche fosse così, la possibilità di commentare i pezzi che offre un giornale on line non arricchirebbe il lavoro giornalistico?Stiamo parlando dell’Italia? Beh, viva la rete allora. I giornali e le televisioni sono in un tale conflitto di interessi col potere finanziario, industriale e politico che ogni inchiesta, anche la più insignificante, rischia di pestare i piedi ad almeno uno dei degli editori di riferimento. Infatti, non se ne fanno più. [...] |
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