La saggistica

"Pagine corsare"
Saggistica

Il 1993 secondo Pasolini
"Il Sabato" n. 14, 3 aprile 1993
Storia Libera

Augusto Del Noce, negli ultimi anni della sua vita, amava ripetere: «Pasolini aveva ragione». Pensava alle sue analisi sulla «sconfitta dei politici» ad opera di un nuovo potere totalitario. Al giudizio sulla omologazione della società. È stata quindi una coincidenza sorprendente ma emblematica leggere sui giornali un giudizio simile di Giulio Andreotti su Pasolini, reso noto proprio nelle stesse ore in cui il senatore dc veniva raggiunto da un avviso di garanzia «per attività mafiosa». Andreotti, sulla rivista "Lettere romane", ha scritto un articolo («Caro Pasolini ti chiedo ora le scuse per allora») in cui ricorda la polemica del '75 con lo scrittore friulano, originata dal famoso articolo sulla scomparsa delle lucciole.

«Pasolini» scrive Andreotti «rispose accusandomi di punti di vista "fattuali, pragmatici, materiali, quasi nomenclatori" e parlando di sviluppo senza progresso e di degradazione antropologica. E qui sbagliai. Avrei dovuto condurre il dialogo, approfondendo di più i valori culturali e morali dell'analisi di Pasolini, che senza enunciarlo, ricordava a me che l'uomo non vive di solo pane [...] Avrebbe potuto essere - lo credo senza peccare di presunzione - utile anche per contribuire a correggere l'involuzione morale di cui oggi si sentono pesantemente le conseguenze». Pasolini dunque aveva ragione quando denunciava la degradazione antropologica del popolo. «Era impossibile» scriveva l'intellettuale corsaro «che gli italiani reagissero peggio di così a tale trauma storico. Essi sono divenuti in pochi anni un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale [...] Ho visto dunque "con i miei sensi" il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino a una irreversibile degradazione».

Andreotti allora criticò questa cruda analisi, opponendovi con la consueta ironia l'elogio della lavatrice come «strumento di redenzione familiare». Ora riconosce che quanto Pasolini presagiva in quegli anni era qualcosa di più tremendamente serio.

Nel suo articolo su "Lettere romane" Andreotti fa ammenda della sua vecchia incomprensione di Pasolini ma gli muove ancora un rimprovero. Lo scrittore friulano sbagliava quando, denunciando il degrado antropologico e l'omologazione culturale, «salvava solo i comunisti, anzi i giovani comunisti». Forse qui Andreotti ha ragione: nel '75 non solo il popolo comunista, ma anche quello cattolico, rappresentavano ancora un punto di resistenza a quel nuovo potere che stava trasformando il nostro paese in modo inedito e radicale («un potere ... peggio che totalitario in quanto violentemente totalizzante»). Erano punti di resistenza obiettivi: più per la forza di inerzia di una tradizione che per reale consapevolezza di una diversità presente. Oggi non è più così. Perché non si può vivere a lungo delle elemosine di una tradizione passata. E il vuoto umano lasciato da questa «mancanza» presto o tardi è riempito. Gli anni '80, il decennio della grande eresia pelagiana, hanno spazzato via questi ultimi brandelli di società diversa, non omologata, tentando di riempire il vuoto con astratti e quindi intolleranti ideali morali. È come se fosse divenuta umanamente impossibile una memoria o anche solo una nostalgia di fatti, di luoghi e di incontri. Tabula rasa.

La rivoluzione politica in corso nel nostro paese è sotto molti aspetti l'epilogo della rivoluzione antropologica colta da Pasolini nel suo stato nascente.

Cosa c'è, chi c'è dietro questa traumatica svolta nella vita politica nazionale? C'è l'ideologia dell'89, gli intellettuali dell'89. I nuovi giacobini che pretendono imporre alla storia i loro astratti ideali. Così come prepararono ed imposero l'idea del nuovo ordine mondiale servendosi di mezzi leciti ed illeciti, oggi impongono da noi il nuovo ordine morale dell'Italia pulita. In astratto come si fa a non essere d'accordo con gli ideali di cui parlano? Ma se guardiamo alla realtà, se guardiamo la storia, come si fa ad unirsi all'exultet dei vincitori?

Il giacobinismo dell'89 ha seminato distruzione e morte nei paesi dell'Est, al punto che ora sempre più gente in quei paesi, quando è chiamata alle urne, esprime la volontà di tornare al comunismo. Ha travolto il cattolicesimo nella stessa Polonia, facendone la nazione più corrotta dell'Est. E anche da noi quella medesima ideologia giacobina predica ed opera la stessa rottura terroristica con il passato. Atteggiamento che non è mai indice di vera giustizia. E di vero amore al bene comune. Tant'è che non teme di compromettere quel livello di benessere sociale e quei meccanismi minimi di difesa delle classi più deboli che questi cinquant'anni ci hanno comunque garantito e che ora vengono tranquillamente smantellati.

L'astrazione al potere. Lo aveva capito Giovanni Testori, che nel suo Il senso della nascita del 1980 scriveva: «Ho come la percezione che il meccanismo sia già scappato di mano anche dallo stato; che abbia già creato un sovrastato. E che lo stato non sia più in grado di controllare questo sovrastato. Non è più lui il vero burattinaio; il vero burattinaio è quel meccanismo che ho chiamato "astrazione totale"». Vittoria degli onesti? Solo chi ha perduto la minima capacità autonoma di giudizio può credere a questa favola. Come ha detto recentemente, su queste colonne, Giacomo B. Contri: «Oggi stiamo vivendo la lotta, prossima e sanguinaria, per la vittoria, non dell'illusorio Partito dell'onestà, ma del Partito dell'Astrazione».

Ma è ancora Pasolini a fornire la lettura anticipata di questa "rivoluzione". «Sono pronto a ritirare la mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, ma su cui, a differenza di me, non può non avere prove, o almeno indizi. Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato». Profezia - per ora incompiuta - di questi giorni. 

 

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Il 1993 secondo Pasolini - "Il Sabato" n. 14, 3 aprile 1993

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