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2 novembre 2006

"Pagine corsare"

Pier Paolo Pasolini: La voce di un poeta
di Liberato Russo
1° novembre 2006

Nessuno può spegnere la voce di un poeta…Nessuno può dominare il pensiero imprigionando l’azione e la parola! La voce di un poeta rappresenta sempre un ritorno all’essenza di quel pensiero fragile e leggero, capace però di provocare fulminanti riflessioni, analisi, critica sociale e politica! Trentuno anni fa un’espressione di morte, una violenza e una barbarie senza precedenti ha cercato di umiliare e mutilare la genialità ed il pensiero di uno dei massimi poeti della nostra Italia! 

“(…) Abbiamo perso prima di tutto un poeta, e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre quattro in un secolo; quando sarà finito questo secolo Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe essere sacro...”  Queste le parole di Alberto Moravia all’indomani della morte di Pier Paolo Pasolini avvenuta tra il 1° e il 2 novembre del 1975. Parole belle e incisive, urlate con rabbia e con dolore; credo siano le più significative e sicuramente esprimono in un lampo quello che Pier Paolo deve rappresentare per l'Italia di oggi come quella di 31 anni fa, quando si spense a soli cinquantatre anni sotto i colpi di una violenza inaudita!  In quel funerale, in mezzo a tutti quei pugni alzati, c’era un popolo che era lì per lui come per un amico, uno che aveva saputo accorgersi di quella gente e ne aveva parlato, descrivendola senza compassione; l’aveva descritta così com’era, coi suoi pregi, coi suoi difetti… e questo lo fanno soltanto gli amici! 

Il Novecento aveva perso troppo presto uno dei suoi poeti più cari, aveva perso troppo presto chi era riuscito a leggere un’epoca nello scorrere degli anni, con una lucidità spaventosa, quasi fosse più in alto, quasi ne vedesse meglio i contorni. Era “scomodo” certo, perché le sue parole restavano e colpivano duro; per quanto le attaccassero, le processassero, le mettessero all'indice, loro restavano lì e pesavano, erano piombo per gli “ipocriti” e i “perbenisti”, erano un bruciore acceso sulle ferite dell'Italia di quegli anni, erano grida alzate contro l’ignoranza!

Trentuno anni ci separano dall’assassinio di Pier Paolo Pasolini! Eppure il dolore è ancora vivo come se fosse accaduto ieri; eppure lo strazio è inconsolabile e quella ferita è ancora aperta! Più ci si allontana da quel giorno, più Pasolini lo si sente presente nella vita di ciascuno di noi. Perché non riusciamo a dimenticare? Perché questo dolore, questa “strana nostalgia” passa e si tramanda da una generazione ad un’altra, da coloro che l’hanno direttamente conosciuto e che l’hanno potuto ascoltare a coloro che non hanno potuto conoscerlo e, come me, l’hanno scoperto solo nei suoi versi, in una rappresentazione teatrale o in un film? Io dico perché nessuno è stato capace di colmare quell’eterno vuoto che egli ha lasciato, nessuno ha saputo conoscere e amare il mondo come lui ha saputo fare!! Perché Pasolini è stato tante cose insieme dando vita ad un percorso sentimentale e culturale che ha portato ad amarlo come un fiore raro, come un fratello, come un amico. 

Pier Paolo è stato innanzitutto un poeta, un grandissimo poeta, con la consapevolezza, come ebbe a dire proprio Moravia nel giorno del suo funerale, che “di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro in un secolo (…)” . È stato uno scrittore che ha “folgorato” l’anima e la mente, che ha inventato e “impastato” un nuovo linguaggio; è stato un grande regista, consapevole che il cinema non era una tecnica diversa di rappresentare la realtà, ma un linguaggio, con i suoi codici segreti, che dunque andava usato per capire meglio il mondo, per immergersi nelle diverse realtà, specie le più tragiche e difficili, per cercare dentro di essa lo stretto passaggio tra il razionale e il magico, tra la storia contemporanea ed il passato.
È stato un uomo di teatro, teso alla sperimentazione più coraggiosa! È stato un letterato coltissimo. È stato un polemista pungente, che negli ultimi anni della sua vita ha annunciato con lucidità profetica la corruzione e lo “sfascio” di una società che andava cambiando in radicale rottura con se stessa e il suo passato. È stato insomma un “eretico” e un “diverso”!

Oggi, quando ormai tutte le logiche del progresso si sono dimostrate bugiarde, è forse proprio la sua parola l’unica chiave per uscire dalle pastoie di un tempo di morte; non nel senso di un ritorno a un mondo che non c’è più, non nel senso di una nostalgica contemplazione del passato, ma in quello di non ritenere impossibile la ricerca di valori e di orizzonti diversi. Se è nostalgia sognare un mondo diverso, se è nostalgia denunciare la perdita del senso della vita, se è nostalgia sentirsi umiliati e offesi dalla cecità e dal conformismo, allora Pasolini fu davvero un nostalgico, e nostalgici con lui tutti quelli che lo amarono e lo amano.

Qui fu la sua vera diversità, non tanto nella sua condizione di omosessuale, che pure egli non nascose mai, che fu forte scandalo in quel tempo e che gli costò processi e persecuzioni senza fine in una società sessuofobica e repressa! Ma se ci guardiamo intorno, dietro la nostra apparente e moderna libertà sessuale, dietro la nostra apparente e moderna “spregiudicatezza”, quella diversità risulta essere, purtroppo, ancora uno scandalo!!

Questo è, dunque, quello che ci manca; tutto questo ci rende Pasolini così caro e presente in mezzo a noi. Ma è innanzitutto il poeta che ci manca, è innanzitutto l’acuto e limpido poeta, quello che si legge ancora così poco, quello che palpita e vibra non appena si apre una delle sue innumerevoli raccolte.

 

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Vedi anche: tutti gli aggiornamenti di "Pagine corsare" da ottobre 1998
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Pier Paolo Pasolini: La voce di un poeta, di Liberato Russo

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