. I contributi dei visitatori Alberto Ferrari, Momenti teatrali nell?opera e nella fortuna di Pier Paolo Pasolini
8.1?? AFFABULAZIONE RONCONIANA
Luca Ronconi (foto qui a sinistra) organizz? a Torino, nel 1993 come direttore artistico del Teatro Stabile, un trittico di testi teatrali pasoliniani messi in scena nell?ambito di un progetto preciso: Affabulazione, rappresentato dal 18 maggio di quell?anno allo Stabile del capoluogo piemontese, Pilade e Calderon, rappresentati contemporaneamente in due sale del Castello di Rivoli dal 31 maggio con interpreti gli allievi della Scuola di Teatro dello Stabile di Torino.?200
Prenderemo in considerazione Affabulazione, che si valse di attori quali Umberto Orsini, Paola Quattrini, Marisa Fabbri, Carlo Montagna.?
Prima per? vale la pena cercare di comprendere le ragioni che hanno portato Ronconi a voler cimentarsi con il poeta friulano e l?approccio che lo ha condotto alla sua messinscena del testo. C?? da dire che il regista aveva gi? avuto a che fare molti anni prima con Pasolini mettendo in scena Calderon nell?ambito del celebre Laboratorio di Prato?201, dove il programma era legato ai temi del sogno con particolare riferimento a La vita ? sogno di Calderon de la Barca: Ronconi ammette un incontro con il testo pasoliniano abbastanza occasionale ?pi? per completare il programma che non per un reale interesse verso l?opera di Pasolini??202. In effetti in quel 1976 il teatro pasoliniano doveva sembrare ostico se non privo di stimoli per molta parte del mondo delle scene, dato che la sola lettura dell?apodittico e poco costruttivo Manifesto per un nuovo teatro sembrava implicare un?autoesclusione da tutto l?esistente, senza peraltro fornire indicazioni abbastanza precise e stimolanti per una radicale riforma. Quanto ai testi, la loro verbosit? e la volont? dichiarata dall?autore di voler concepire un teatro che fosse solo ?di parola? non avvicinava certo la ricerca contemporanea volta in particolare alla riscoperta di una dimensione corporea forte.
Ronconi ha dichiarato che, comunque, seguiva con interesse tutto ci? che riguardasse Pasolini, e ?la diffidenza non era la mia nei suoi confronti, ma la sua verso di me: aveva a che vedere con l?ambiente nel quale io mi trovavo a vivere e lavorare.(? ) Mi interessavano anche i suoi testi teatrali (? ) Il suo Manifesto ,invece, lo trovavo, se non proprio scervellato, vago? ??203. Il regista assistette anche all?unica regia pasoliniana, quella di Orgia nel 1968 a Torino con Laura Betti, ricavandone l?impressione di una ?messa in voce? del testo fedele a quel che ci si proponeva nel Manifesto e perci? opinabile, un ripudio letterario della categoria stessa della teatralit?, basato su di una considerazione degli attori teoricamente molto interessante ma di fatto dequalificante.?204 Alla luce di questa lettura da spettatore ?addetto ai lavori? si spiega l?opposizione per cui se Pasolini credeva in qualche modo nel ?verbo? come trasmissione di un messaggio, ?io (Ronconi) dico che il verbo non esiste, e non concordo con l?idea pasoliniana di un teatro oratorio, sede di un recitativo pi? o meno monastico che poi finisce per spingere gli attori a esprimersi proprio nel modo che Pasolini contestava?, cio? crediamo nel birignao del teatro accademico.?205
Date queste premesse, Ronconi ha per? scoperto il valore della drammaturgia pasoliniana lavorando sul Calderon a Prato, affermando poi anche una questione di metodo: ?le ragioni del testo le scopro mano a mano, altrimenti mi sembra un?applicazione un po? secca e troppo arida.??206
Quindi, il regista dice di avere scoperto nel testo una novit? e una freschezza rivelatisi poi profetiche, e perci? convalidanti una lettura valida anche per i nostri giorni. Nel momento in cui riprende i testi teatrali dell?autore friulano (1993) per il trittico cui abbiamo accennato, Ronconi tende infatti a sottolineare la passione civile ancora attualizzabile che i drammi contengono, e afferma di aver scelto Pilade e Calderon per i giovani della sua scuola al fine di farli impossessare di una memoria storica che non hanno, e farli scontrare con una materia apparentemente cos? lontana da loro, ma che serve per ?porre il problema della formazione all?interno di una ricerca di identit? che non ? soltanto esistenziale e sociale ma linguistica??207.
Il regista si approccia ai testi con il suo tipico rigore intellettuale ed il suo interesse raziocinante: non ? un caso se dichiara di essere non attratto ma incuriosito da Pasolini?208, e afferma che se il poeta friulano avesse visto la sua messa in scena proprio non gli sarebbe piaciuta, essendo lontanissima da quella presunta oggettivit? della parola che fondava la ?precettistica pasoliniana?209.
Ma il teatro di poesia ? molto autobiografico, come tutto in Pasolini, ed ? lecito chiedersi come un regista come Ronconi abbia affrontato testi cos? carichi di umori personali e cos? ?disordinati? stilisticamente e linguisticamente.
Effettivamente il regista afferma che ?in teatro l?autobiografia ? pericolosa e quando la si rappresenta in forme convenzionalmente dreammaturgiche ? insopportabile?. Ma subito si specifica che in Pasolini questo non avviene, perch? ?nei suoi testi non ci sono personaggi autobiografici, ma piuttosto la rappresentazione di un?autobiografia. Come succede nei sogni i suoi personaggi sono delle figure opposte che si immaginano al posto di altri.??210 C?? quindi una drammaturgia del dire tutto, ma quello autobiografico ? un elemento, molto forte, del dramma e non invece ?un qualcosa che appartiene all?autore?; ci? detto ? pi? convincente affermare come fa Ronconi di essere portato ?a mettere in scena delle opere e non degli autori?, e perci? non un?analisi psicologica di Pasolini attraverso i suoi testi ma i suoi testi e ci? che dicono a lui regista.?211
Quanto alla plurivocit? stilistica del testo, che potrebbe creare problemi di interpretazione agli attori, il regista dice che a suo avviso non esiste un linguaggio di Pasolini autore drammatico: ?In qualsiasi testo teatrale di Pasolini si alternano zone in cui la scrittura ? prevalentemente retorica e zone dove la scrittura si fa lirica. In alcuni punti c?? un?imitazione del linguaggio parlato, in altri c?? una trasposizione del linguaggio parlato?: ci sono quindi salti continui, e all?attore sono richiesti un?adesione e una distanziazione alternativamente ininterrotti. Quindi ?il problema tecnico consiste innanzitutto nel riconoscimento (degli stili, n.d.r.) e poi nell?opzione suggerita dalle varie chiavi che il testo ti propone.??212
Ma veniamo pi? specificamente all?allestimento di Affabulazione cercando di capire come Ronconi abbia poi praticamente reso sul palcoscenico le idee sopra esposte.?213
Anzitutto va notato come il regista non rinunci ad una sua specificit? stilistica che ? quella di creare, questa volta con Carmelo Giammello, un complesso meccanismo scenografico fatto anche di macchine, che in qualche modo vorrebbe sempre essere funzionale al testo; tapis roulant, sedili semoventi, palloni che scorrono su binari, il tutto sotto ?incantate luminosit? alla Wilson?214 a rimarcare un contesto di artificialit? che sottolinea la dimensione di sogno allucinatorio del protagonista, ed anche trasforma la Parola pasoliniana ?in una sorta di linguaggio sintetico, da computer, artificiale come le immagini e le luci che lo elaborano??215.
La critica ha abbastanza uninamemente considerato un po? eccessivo l?ingombro scenotecnico, per qualcuno ?monocorde??216, eccessivamente artificializzante e rigido rispetto ai trasalimenti, alle suggestioni liriche e agli spiazzamenti sempre presenti nel testo?217; per Geron invece nel tentativo di attenuare la staticit? del testo il regista ha ecceduto in soluzioni inventive che ?anzich? attenuare la tirannia della parola, l?hanno paradossalmente sottolineata??218.
Effettivamente Quadri sottolinea come la dimensione di autoanalisi del testo sia estremizzata in questo allestimento, fino quasi a creare un monologo da un?opera che ?per risolvere tutti i suoi grumi li affastella?, fino a generare una sorta di stationendrama alla Strindberg, dove tutto, scene e altri personaggi, ? filtrato dall?io protagonista e vistose cesure sottolineano i cambi di scena, spesso marcati dalla musica di Haydin scelta da Paolo Terni.?219
Per un protagonista cos? decisivo, Ronconi ? ricorso all?arte interpretativa di Umberto Orsini (foto a destra), il cui confronto con Gassmann, interprete di due precedenti edizioni del dramma (1977 e 1986) ? inevitabile. Gassmann si proponeva al pubblico nel consueto ruolo di eccellente ed assoluto mattatore, e quindi prevaleva un lavoro di appropiazione del testo da parte dell?attore, in uno ?sforzo di maggiore comunicabilit???220; addirittura qualcuno ha affermato che a confronto la versione gassmanniana del Padre ?sembra nel ricordo l?arringa di un principe del foro trombone??221. Di certo Orsini ha fatto prevalere la tensione raziocinante del personaggio, con sobriet? e scarna efficacia evitando di far pesare ?l?atletismo della parte??222, e ci? ? convalidato dalle parole dello stesso attore che ha affermato di aver voluto togliere, dietro le indicazioni di Ronconi, qualsiasi ampollosit? al discorso, facendo ?piazza pulita del gonfio, dei possibili pirandellismi? e usando la lingua ?come uno spartito secondo una scelta di realismo non naturalistico, facendo sentire cadenze e scatti??223. Bertani sottolinea come questo spartito configuri un vero proprio processo accanito al personaggio, con una durezza dialettica che va a scapito di ?tenerezze e smarrimenti, incertezze ed ansie? presenti nel testo ed esprimenti una crisi e un dolore ?realmente sentiti a livello personale??224: d?altronde lo stesso Ronconi aveva dichiarato di volere offrire ai testi una certa ?oggettivit?? e distanza, evitando l?aura sacrale e intimidatoria di quando Pasolini era in vita?225.
Evidentemente ci? vale anche per gli altri personaggi, ma con diverse sfumature. La critica si ? particolarmente compiaciuta per la bravura della ?ronconiana? Marisa Fabbri, che peraltro interpretava il ruolo minore della Negromante, presente in una sola scena ed abile a padroneggiare s? stessa su di una diabolica poltrona mobile a motore che doveva distrarre un po? lo spettatore, estrosa acuta e ?delirante come una macchina celibe??226.
Paola Quattrini ? stata invece scelta appositamente in quanto attrice quasi ?da vaudeville? per interpretare il ruolo della moglie borghese incapace di capire la profonda crisi del marito: non a caso Quadri nota che l?attrice ? spinta dal regista ?verso un birignao che avrebbe fatto rabbrividire Pasolini?, nella sua svagatezza mondana che per Rita Cirio la rende addirittura la migliore in scena.?227
Infine vogliamo sottolineare la scelta precisa del regista di affidare al solo attore Carlo Montagna una serie di piccoli ruoli dalla breve interlocuzione con il protagonista o la moglie, oltre all?essenziale apparizione dell?Ombra di Sofocle, alter-ego e coscienza critica del Padre. In questo modo, con felice intuizione drammaturgica, l?Ombra del trageda greco ingloba in s? come unico antagonista tutti i personaggi che indirizzano ?lo Sconosciuto verso la via di Damasco??228, per citare ancora Strindberg. Anche qui la critica sembra abbastanza unanime nel riconoscere la convincente interpretazione plurima dell?attore, possente e ironico al contempo.
Possiamo sostenere con qualche fondamento e aiutati da Giovanni Raboni che indubbiamente se c?? in Ronconi un qualche distacco nei confronti della materia affrontata esso ? frutto di una sottile penetrazione critica, e del tentativo di rendere vivo un testo non facile con i mezzi che pi? gli si confanno dal punto di vista dell?approccio scenico.229
?
?
?
200 Si veda per la completezza degli elenchi di interpreti, scenografi etc., ?Il Patalogo? 1993.
201 Sul Laboratorio di Prato ed i motivi che hanno portato alla scelta dei testi, vedi Luca Ronconi, La ricerca di un metodo, Ubulibri, Milano 1978.
202 In A proposito del teatro di poesia: mettere in scena Pasolini, trascrizione del dibattito svoltosi al Teatro Ateneo di Roma il 23 e 24 marzo 1994 con Franca Angelini, Sandro Lombardi, Ferruccio Marotti, Antonella Ottai, Luca Ronconi, Federico Tiezzi, pubblicata su ?Biblioteca Teatrale? n.35/36, luglio-dicembre 1995, Bulzoni Editore, Roma.
203 vedi Pasolini,, un profeta dei nostri giorni, intervista di Anna Maria Mori su ?La Repubblica?, 26 maggio 1993.
204 Per un approfondimento su quella messa in scena di Orgia ed anche specificamente sul giudizio in proposito di Ronconi, vedi qui, 5. 3.
207 Da un?intervista a ?L?Unit?? di M.G.Gregori, 3 giugno 1993. Vedi anche l?intervista di O.Guerrieri su ?La Stampa? del 5 maggio 1993.
208 Nell?intervista di M.G.Gregori apparsa su ?L?Unit?? del 18 gennaio 1993.
209 Vedi ancora A proposito del teatro di poesia, cit.
210 Vedi la gi? citata intervista a ?L?Unit?? del 18 gennaio 1993.
211A proposito del teatro di poesia, cit., dove Ronconi conclude affermando: ?Volevo saggiare le possibilit? di teatralit? di quel teatro (? ) Se in qualche modo ci siamo riusciti, uno dei propositi ? non ti dico l?unico ? ? stato realizzato.?
212 Vedi ancora A proposito del teatro di poesia, cit.
213 Un video dell?Affabulazione ronconiana ? attualmente disponibile presso l?Archivio Storico del Piccolo Teatro di Milano oggi diretto da Ronconi stesso, dove ? consultabile anche un programma di sala originale.
214 F.Quadri, Pasolini, la vita ? sogno anzi allucinazione, ?La Repubblica?, 19 maggio 1993.
215 R.Cirio, P.P.P. in ronconese, ?L?Espresso?, 6 giugno 1993. M.D?Amico (E Ronconi illumina il mistero Pasolini, ?La Stampa?, 19 maggio 1993) evidenzia i ?pochi mobili che si stagliano con la precisione di certi sogni, in un delicato cromatismo?.
216 A.Savioli, E in principio era il padre, ?L?Unit??, 19 maggio 1993. Savioli premette che l?impianto scenografico ? ?in continua mutazione, tutto incastri e disincastri?, ma appunto ?monocorde, nella sua gelida geometria, e rumorosetto, quando si azionano certi meccanismi?.
217 Su questo vedi l?articolo di Quadri, cit., e quello di O.Bertani, Orsini freddo padre padrone, ?L?Avvenire?, 19 maggio 1993. Ma M.D?Amico su ?La Stampa?, cit., afferma che ?Ronconi non sarebbe Ronconi (? ) senza qualche complicato marchingegno meccanico celebrante solo se? stesso, ovvero il ludus, il gioco, che fa parte del teatro?.
218 G.Geron, Padre, figlio e tante parole, ?Il Giornale?, 19 maggio 1993.
219 F.Quadri, cit.; cfr. anche A.Balzola, Una trilogia di messinscene pasoliniane, ?Sipario?, ottobre 1993.
223 Da un?intervista di M.G.Gregori, ?L?Unit??, 15 maggio 1993.
224 Vedi O.Bertani, Orsini freddo padre padrone, cit.
225 Nella stessa intervista Ronconi ammoniva per?: ?niente toni alti, ma nemmeno sberleffi?. Sulla possibile accentuazione grottesca dei testi pasoliniani insister? invece Tiezzi, come vedremo fra poco. Vedi ?La Repubblica?, 6 maggio 1993.
226 R.Cirio, P.P.P. in ronconese, cit. Cfr. anche sulla Fabbri i gi? citati articoli su ?L?Unit?? e su ?L?Avvenire?.
227 Vedi F.Quadri e R.Cirio, negli articoli citati.