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I contributi dei visitatori Il "doppio spazio" di Porcile
![]() La doppia ambientazione del film riflette la fondamentale dicotomia presente allinterno dellintera opera pasoliniana, quella cioè fra mondo contadino, preindustriale, e mondo borghese e neocapitalistico. Esistono tuttavia delle zone di confine fra i due mondi, delle zone franche in cui le due scenografie si incontrano e si ibridano. Uno di questi momenti di passaggio, di confine, è rappresentato dallestetica derivante dalluso della macchina da presa (successivamente abbreviata mdp) e dai movimenti di macchina. Comè noto, il regista prediligeva luso della mdp a mano, considerando un fattore importante delle riprese di un film proprio lo sforzo fisico che ad esse è legato. Lo spazio rappresentato allinterno della villa e poi, nei giardini costituiti da rigide figure geometriche, è quello del tunnel. Lo spazio viene, se così si può dire, tunnellizzato, incanalato in bui cunicoli immaginari. Ad esempio, nel lungo piano sequenza (che presenta momenti di montaggio alternato, nellinquadrare ora luno ora laltro personaggio) in cui la mdp segue Julian e Ida nel loro dialogo, durante la passeggiata nel giardino, è come se i due personaggi stessero percorrendo lo spazio regolato ed occludente del tunnel. Lo stesso vale per le scene barbariche: gli antropofagi camminano fra colli e lande bruciate dal sole, in uno spazio assolutamente libero, ma è come se fossero inquadrati nel percorso di un tunnel o di una caverna. Il senso di chiusura, di soffocamento connota perciò la doppia ambientazione di Porcile; e a questo senso di soffocamento è indissolubilmente legata la dimensione dellangoscia. I protagonisti delle due ambientazioni, Julian (Jean-Pierre Leaud, lattore preferito di François Truffaut) e lantropofago interpretato da Pierre Clementi (attore che, invece, nel cinema di quegli anni, rimanda ad unidea demonica di sovvertimento dellordine costituito - si pensi alle interpretazioni de La via Lattea di Buñuel, di Partner di Bertolucci, o a quella de I cannibali di Cavani) sono attraversati in ogni momento da palpiti dangoscia. Il primo è infatti tormentato dal suo terribile segreto, mentre il secondo appare in preda ad una primitiva condizione di afasia che gli permette di pronunciare soltanto, durante il supplizio cui viene condannato, la frase, ripetuta come in un rito, ho ucciso mio padre, mangiato carne umana e tremo di gioia. Julian, allora, diviene quasi il doppio speculare dellantropofago morente: anchegli imboccherà la via dellautoannientamento e quindi del silenzio, della consumazione segreta dellatto rituale come il compiersi di un dovuto sacrificio. Si potrebbe anche dire che, fin dall'inizio del film, i due personaggi appaiono come votati al sacrificio e alla morte; in loro, cioè, è già scritta la loro fine e anche il loro destino che essi accettano e portano avanti fino in fondo (come, ad esempio, fanno anche Accattone, Stracci o Edipo). I due personaggi appaiono perciò speculari, come speculari sono le ambientazioni in cui agiscono, due spazi che non sono nientaltro che la somatizzazione del tunnel. Questultimo, alla fine, si chiude definitivamente, poiché è un monito al silenzio lultima invocazione del film: lo spazio dellangoscia dettata dal rito e da esigenze legate ad una sfera sacrale (come la passione per i maiali di Julian, o lantropofagia del cannibale) si spegne nel silenzio di una progressiva afasia. La chiusura appare totale e definitiva: lontana quindi, dai momenti finali di Teorema (1968), in cui la fine rimandava ad una qualche continuazione anche oltre gli avvenimenti della sfera filmica.
Anche qui, infatti, incontriamo due ambientazioni simmetriche, quella ordinata del mondo borghese e quella barbarica del mito e delle inquadrature finali. Bisogna comunque dire che, come del resto anche in Porcile, lambientazione cosiddetta ordinata, in realtà non è affatto tale: essa appare infatti in preda allangoscia e a pulsioni oniriche; il mondo borghese e apparentemente geometrizzato è invece continuamente attraversato dalla sfera del perturbante e dellonirismo (come si nota anche nel cinema di Buñuel). Anche Edipo re (1967) presenta le due ambientazioni; qui, però il mondo moderno del neocapitalismo appare solo nel finale, nel viaggio di Edipo accompagnato dallanghelos attraverso le strade del mondo desacralizzato della borghesia. Edipo, alla fine, è cieco; quindi percorre veramente loscura via di un tunnel, di un tunnel che nel film è perennemente presente, fin dallinizio (tunnel dellinconsapevolezza e della non conoscenza; inoltre, nel corso delle sue peregrinazioni, Edipo capiterà anche allinterno di un labirinto, in cui è preda di un freudiano perturbamento). Per concludere, uscendo dallambito strettamente pasoliniano, un altro film che presenta una doppia ambientazione simile, per certi aspetti, a quella di Porcile, è Zabriskie Point (1970) di Michelangelo Antonioni. Le due ambientazioni, quella delle repressioni iniziali e quella del deserto (e anche linterno della villa borghese che poi esploderà, che si ricollega alla prima) sono come gli spazi di una caverna-prigione. Anche qui, lapertura è solo illusoria e ingannevole; e illusoria e ingannevole è anche laura damore che pare avvolgere i due protagonisti. Non si sfugge al carcere ed alla repressione - sembra affermare il regista - neppure a Zabriskie Point. Langoscia insegue sempre i protagonisti come unoscura lama. Alla fine, dopo lesplosione, il silenzio padroneggerà su tutto (anche la scena dellesplosione, girata al rallentatore, è connotata dal silenzio e da una immobile atonia), proprio come in Porcile: Allora ssssst! non dite niente a nessuno. |
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