Perché la battaglia è sempre la stessa
            dopo trent’anni d’ansia,
            come i frassini fragili su un campo
            e inermi tra gli alberi-erinni
            i poeti, eretico poeta di verdi campagne 
            tra una verzura e un usignolo
            ebbro d’erba nel temporale
            mentre la febbre sale e ancora sale 
            ma tu a cercare a Roma tra i ruderi la gioia infinita.
            Eri un uomo più moderno d’un moderno
            tu che venivi dai borghi e dalle pale d’altare
            con il tradizionale spirito vivo del grano 
            la scandalosa forza del passato e la profezia
            tra i dolci ragazzi sul greto del Tevere
            tra i gatti soli come te al Testaccio
            sui pratoni polverosi al Tiburtino
            e sognavi una terra la tua terra buona 
            ma tu camminavi sulle stragi-spine dell’Italia divisa.
            Sì, tu sapevi che non c’è libertà per la parola
            che sono mandati nei gulag i poeti
            come Mandel’stam quel fiore tenero di mandorlo
            o il tuo Pound chiuso in una gabbia per animali
            sì, che gli scribi e i farisei non danno il permesso
            perché la poesia non avrà mai peso mai
            in questo paese dei mali 
            e tu lì a forzare con il tuo segreto grimaldello
            ma non vuole i poeti e non lo sa l’Italia sbigottita. 
            Le lucciole luminose nella Maremma
            ma le rondini no non le ho più viste
            brillano solo alla luce 
            pura e antica dell’adolescenza
            con i lavori agricoli e le stagioni cristiane
            i bei viottoli di campagna come opere d’arte
            e le cose agricole immutate per duemila anni
            e i contadini cari e la fontana d’acqua del paese
            ma per te bestia da stile l’alba della lingua era in salita.
            Hai provato a educare l’Italia del consumo
            (non più umile) con le parole e la morte
            povero Pier Paolo con il tuo nome uno e trino
            con i trentatré processi e la passione 
            non c’è riuscito Cristo in duemila anni
            e sempre a sopraffare l’altro e i poveri della terra
            gli ultimi gli esclusi e i poveri cristi
            a portare la spada e non la pace
            ma troppo alto è lo sforzo inaudito per rifare la vita. 
            Poeta assassinato 
            tu sai, sai tutto poeta delle ceneri erede
            di secoli di poesia e storia 
            poeta mai tiepido e a volte anche ossesso
            con le poesie a forma di rosa e croce 
            e i versi urgenti non finiti
            con le tue ragioni e anche i torti
            con le tue unghie per segnare i libri amati
            ma il fragore delle unghie! e la battaglia non è finita.
            Nel giorno dei morti amati che tu già abitavi
            alla foce di Ostia nel luogo caro alle anime salve
            il mondo ti ha trovato morto nella polvere steso 
            al porto dopo gli affanni
            negli occhi avevi ancora il mare azzurro
            del Tirreno come Caravaggio
            sul corpo i segni della tua ultima nemica
            il pane dell’ostia in bocca
            ma finché eri vivo mancava di senso la tua vita, ogni vita.