La saggistica

"Pagine corsare"
Saggistica

Attualità degli "Scritti corsari"
di Pier Paolo Pasolini
di Davide, "Come Don Chisciotte"

Fino a qualche tempo fa pensavo che lo scrittore Pasolini fosse rimasto vittima di un gruppuscolo di fascistelli che intendevano dare una lezione a un “frocio” e “comunista” o di una banda di giovani teppisti. Mi sono dovuto ricredere… Il trafugamento di carte nel suo appartamento indica, con pochi dubbi, che si tratta di un delitto “politico”, motivato dal possesso, da parte dello scrittore, di documenti gravi e scottanti. La recente storia d’Italia insegna: delitti come quelli di Moro, Pecorelli, del generale Dalla Chiesa, di Calvi, Sindona, dei giudici Falcone e Borsellino sono accompagnati dalla presenza-assenza di documenti che potrebbero mettere in grave imbarazzo qualcuno. Pasolini, dunque, non fa eccezione! 

Non è ormai un mistero che lo scrittore, poeta e regista friulano si fosse interessato della morte del Presidente dell’ENI - come, del resto, il regista Rosi che ne aveva ricavato un ottimo film interpretato da Gian Maria Volontè e il giornalista Mauro De Mauro, scomparso e quasi certamente ucciso dalla mafia -, infatti stava lavorando ad un grande progetto, al romanzo “Petrolio”, una sorta di summa della sua opera letteraria, ma con molte pagine dedicate all’ENI e alla “strategia della tensione”. Il romanzo era ancora in una fase “embrionale”, ma è certo che furono sottratte delle pagine che trattavano proprio l’argomento ENI, l’azienda petrolifera di Stato. 

Non è più un mistero: Pasolini si era convinto che Mattei fosse stato eliminato e che nell’assassinio fosse coinvolto il braccio destro, Cefis, che non condivideva la politica del Presidente. Mattei si era opposto strenuamente al dominio oligopolistico del mercato petrolifero da parte del cartello anglo- franco- americano- olandese delle “Sette Sorelle” e il suo successore - Cefis, naturalmente - cambierà linea. Si sa che Pasolini lesse un libro, scritto da un fantomatico Steinmetz, sotto pseudonimo, e intitolato “Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato Presidente”, un pamphlet che attaccava pesantemente il successore di Mattei. Significativamente, da un appunto dei servizi segreti militari italiani, risulterà che Cefis era il vero capo della famigerata P2 e che, solo in un secondo tempo, il controllo della loggia coperta passerà a Gelli e Ortolani. 

I tre personaggi, tanto Gelli e Ortolani quanto Cefis; le loro biografie rimandano al mondo oscuro e inquietante dei servizi segreti. Inoltre Pasolini aveva colto il nesso, il legame fra la morte di Mattei e la “strategia della tensione” non dissimilmente dal politologo Giorgio Galli che, però, traccerà una connessione fra la morte del Presidente dell’ENI, la strage di piazza Fontana e pure il sequestro e l’omicidio dell’onorevole Moro riconducendola, in maniera discutibile, alla mafia. Insomma i mandanti di queste operazioni sarebbero gli stessi, personaggi appartenenti alla sfera economica più che a quella politica, personaggi riconducibili a potentati economici come Cefis che aveva trasformato il carrozzone ENI in uno strumento per operazioni speculative e finanziarie. 

E’ vero che, provocatoriamente, Pasolini lanciò l’idea di un processo ai papaveri del regime democristiano, in quanto colpevoli non solo di malgoverno del paese ma anche di non aver perseguito e di aver coperto gli autori delle stragi, ma sicuramente riteneva che i responsabili fossero da ricercarsi fra i potentati economici di cui si è detto. Il pensiero, a riguardo, dello scrittore, era espresso dagli “Scritti corsari” e stupisce il fatto che questi articoli venissero pubblicati sul “Corriere della Sera”, il grande giornale d’opinione milanese, allora orientato su una linea progressista. Per qualche tempo, dopo la morte di Pasolini, i capi della P2 Gelli e Ortolani controlleranno il “Corriere” utilizzando il banchiere Calvi, il quale acquistò praticamente la Rizzoli. All’operazione non fu estraneo lo stesso Cefis. Vi è da dire poi che questi personaggi, tanto Cefis quanto Gelli e Ortolani, hanno biografie non estranee al mondo oscuro e inquietante dei servizi segreti.

Nel famoso “Romanzo delle stragi”, Pasolini esprime il suo punto di vista sulla “strategia della tensione” mettendo su carta un’intuizione che si rivelerà sostanzialmente veritiera: ad una fase “anticomunista” della “strategia” delle bombe (piazza Fontana), finalizzata a bloccare le sinistre indicando le (false) responsabilità degli anarchici ne era seguita una “antifascista” (piazza della Loggia, Italicus) per rifarsi la verginità e liquidare i fascisti ormai compromessi. Implicitamente si prende atto dell’inattualità di discriminanti politiche come quella tra fascismo e antifascismo e come quella tra comunismo e anticomunismo, perché il Potere, il “nuovo fascismo”, e Pasolini lo definisce così perché non trova altro termine, stanno altrove. 

Agli inizi degli anni Settanta si sarebbe prodotta una vera e propria rivoluzione culturale di destra all’insegna dell’omologazione delle masse e della falsa libertà. Sono idee e opinioni sbalorditive in un mondo che applicava altri concetti e adottava altre visioni del mondo. E chi altri, dopo il Sessantotto, si sarebbe lanciato in una tale affermazione circa un dominio egemonico della nuova destra ? 

In effetti proprio a quegli anni risale il documento costitutivo della commissione Trilaterale (USA - Europa occidentale - Giappone) , un manifesto del neoliberismo e del neoconservatorismo sempre più egemoni, specie a partire dagli inizi degli anni Ottanta con l’amministrazione Reagan (USA) e il governo Thatcher (Gran Bretagna) votati al libero mercato e alla libera iniziativa. 

Gli “Scritti Corsari”, quindi, sono molto di più di un compendio sulla “strategia della tensione” e ci troviamo il primo vero attacco alla volontà egemonica della nuova destra, del nuovo pragmatismo di marca angloamericana, ai potentati economici che oggi chiamiamo multinazionali o corporations, all’ottusità dei poteri più reazionari, della Chiesa, della DC, ma anche alla retorica sorpassata della Resistenza. Ci troviamo la denuncia della progressiva tendenza degli estremismi di sinistra e di destra ad assomigliarsi, della trasformazione aggressiva di hippie e capelloni, della nuova delinquenza estremamente cruenta, del ruolo dei mass media e della pubblicità, del nuovo conformismo, della deculturazione e dell’incultura diffuse fra i ceti medi, del progressivo rifugio nel privato che preannunciò gli anni del riflusso, del carattere “totalitario” della società edonista dei consumi, del teppismo, della violenza e 
dell’”ignoranza” dei giovani ormai preda del mercato, ecc…

Al lettore può sembrare che, ormai, molto di quel che è stato scritto da Pasolini, sia sostanzialmente scontato e che lui stesso ripeteva i concetti in maniera quasi paranoica e in maniera assoluta, forse eccessiva, ma, tenendo conto del fatto che sono ormai trascorsi quasi quarant’anni dagli “Scritti Corsari”, ci si dovrebbe sorprendere! Il poeta friulano individuò l’inizio della nuova egemonia “neocapitalista” - che oggi definiamo neoliberista e neoconservatrice - nel periodo immediatamente successivo al Sessantotto e capì che questa egemonia assumeva caratteri totalitari, pur presentandosi coi volti della libertà, del permissivismo e della nuova società edonista del consumo, dello spettacolo e dei divertimenti. Un Potere, quello nuovo, che si presentava con connotati “anarchici” e che faceva tabula rasa delle regole e della morale (in economia la chiamano “deregulation”) diffondendo un clima di eccentuata violenza (in apparenza tutto viene permesso). In effetti la conversione di molti elementi antiautoritari e libertari della nuova sinistra al neoliberismo e neoconservatorismo della nuova destra fa pensare! E’ l’inizio, o, forse, per la prima volta, un intellettuale si rende conto della forza 
dell’egemonia neoliberista che imporrà come capisaldi il libero mercato in economia e il controllo sociale attraverso slogan come “law and order” e “zero tolerance”. I massa media, la pubblicità, il commercio e il consumo del superfluo fanno il resto… Insomma , Pasolini scrive anche del mondo di oggi…

Infine è evidente che, tornando alla tematica delle stragi, egli scorgesse un rapporto proprio con quell’egemonia antropologica e culturale: coloro che hanno imposto il nuovo sistema hanno anche concepito la “strategia della tensione”. E non è un’idea peregrina pensare che Pasolini fosse stato assassinato perché sapeva e anche perché era pronto a fare i nomi. Così la morte di Pasolini ci comunica la sua grandezza di intellettuale veramente impegnato, di poeta, di scrittore e di regista, dedito alla ricerca della verità fino al martirio e al sacrificio. Una grandezza derivata dalla sua grande capacità di testimoniare dei suoi e dei nostri tempi senza rinunciare al suo anticonformismo. 

Oggi sono in molti a rivendicare l’eredità pasoliniana e coloro che vissero in quegli anni fingono di dimenticare quanto fosse disprezzato a destra perché “frocio” e comunista; quanto fosse attaccato dalla nuova sinistra perché non approvò l’arroganza della generazione sessantottina e, infine, quanto fosse osteggiato pure da quella generazione che aveva fatto la Resistenza e che etichettò lo scrittore come “reazionario” per le sue critiche alla (post)modernità. La reale condizione di Pasolini fu l’isolamento, se si eccettuano le poche amicizie nel mondo intellettuale, letterario e dello spettacolo. Forse è giusto rimpiangere una libertà di giudizio e una franchezza di toni come quelle. Chissà cosa scriverebbe nel mondo della globalizzazione? 

 

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INVITO ALLA LETTURA
BRANI DI PIER PAOLO PASOLINI


TUTTI GLI AGGIORNAMENTI
A "PAGINE CORSARE"
DA OTTOBRE 1998

 


Attualità degli "Scritti corsari" di Pier Paolo Pasolini, di Davide, "Come Don Chisciotte"

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