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Cinema Pasolini, un genio che reinventò il cinema Tre mostre, l'opera integrale di Pier Paolo Pasolini, brevi presentazioni serali di scrittori, attori, amici, critici. Da oggi, al Palazzo delle Esposizioni, è in programma 'Pier Paolo Pasolini. Un poeta d'opposizione', una manifestazione organizzata dal Fondo Pasolini con la collaborazione di varie istituzioni, a vent'anni dalla morte del poeta. Al cinema è dedicato un mese, da oggi al 4 dicembre, durante il quale si vedranno tutti i film di Pasolini regista, quelli tratti dalle sue sceneggiature, oltre a una serie di autori 'scelti' da Pasolini, una decina di titoli, tra i quali 'La passione di Giovanna d'Arco' di Dreyer, 'Monsieur Verdoux' di Chaplin, 'Francesco giullare di Dio' di Rossellini, 'Playtime' di Tati. In riferimento a quest' ultimo film, Pasolini scrisse: "Non amo il cinema politico. Non amo la politica romanzata. Per me i veri e soli film politici sono, ad esempio, quelli di Jacques Tati. Tati è veramente politico perché mette in evidenza una situazione economica, politica, psicologica, umana perfettamente attuale e riconoscibile a termini pratici. E tutto ciò senza romanzare. Tutto realmente critico. Una vera esplosione di sentimenti politici nel quadro di una scrittura puramente cinematografica".La rassegna comprende una curiosa sezione, in cui si ipotizzano 'consonanze' e comprende due titoli di Kiarostami, 'E la vita continua' e 'Close up' , due di Paradjanov 'L' ombra degli avi dimenticati' e 'Il colore della melagrana' e 'Acto de primavera' di Manuel de Oliveira. Al Palazzo delle Esposizioni sono in programma da due a quattro proiezioni al giorno, dalle 15 alle 20,30. Oggi: 'La commare secca' di Bertolucci (che scelse un soggetto di Pasolini per il suo film di esordio), 'Accattone' , 'Il bell' Antonio' di Mauro Bolognini, 'Mamma Roma' . "Posso solo dire che è l' unico genio che ho conosciuto". È difficile, per Mauro Bolognini, parlare di Pier Paolo Pasolini. Fu tra i primi ad offrirgli la possibilità di avvicinarsi al cinema attraverso la sceneggiatura, quando la crudeltà degli eventi e di una mentalità chiusa e provinciale lo costrinsero a trasferirsi dal Friuli a Roma. Secondo Bolognini, che nel '59 girò La notte brava ispirato al romanzo Ragazzi di vita e sceneggiato da Pasolini, "oggi di lui dovrebbero parlare i giovani critici, sono loro che devono scoprire chi era Pier Paolo, capire che profeta era non solo leggendo i suoi scritti ma anche analizzando i suoi film. Io posso raccontare aneddoti, come passavamo il tempo, ma mi dà fastidio", dice, e confessa il peso di un coinvolgimento emotivo mai placato, che "non mi permette neppure di rileggere gli scritti di Pasolini, o di partecipare a commemorazioni". Nella memoria di Alfredo Bini (che 'salvò' Pasolini dalla depressione in cui era caduto quando Fellini e Fracassi, dopo avergli offerto la regia di Accattone, si ritirarono dal film, e produsse poi gran parte del suo cinema) ci sono momenti forti e affettuosi, insieme alla grande difficoltà di 'venderlo' . "Pasolini piaceva ai critici e anche a parte del pubblico, ma con le istituzioni era sempre un disastro. Per ogni film, una denuncia, un sequestro, una condanna. E quando andavamo con i film a Venezia, erano anche insulti e sputi. Meno male che le cose sono cambiate". ![]() Bertolucci ricorda quando "un giorno Pasolini volle fare una carrellata usando quei pezzi di binario tirati fuori e buttati nella polvere della borgata Gordiani. Era come vedere Griffith, come assistere all' invenzione di un nuovo linguaggio. E non parlava mai di cinema, ma di disegni e dipinti, citava pale d' altare e si riferiva spesso alla pittura senese del '400, evocando sempre immagini piene di sacralità. Per lo meno in Accattone e poi nel Vangelo, c'era sempre questa ricerca, Pier Paolo non cercava altre dimensioni". Bertolucci ricorda le reazioni della troupe davanti a un comportamento così inconsueto da parte di un regista. "All'inizio c'era una grande sorpresa per la semplicità con cui Pier Paolo girava. Ma i cosiddetti cinematografari romani - e non parlo solo di un vero artista come Tonino Delli Colli, ma di tutti gli altri del set - sono solo apparentemente superficiali, un po' rozzi e cinici. In realtà sono sempre molto intelligenti e non ci misero molto a capire che dietro quella semplicità essenziale c'era un lungo, profondo e sofferto lavoro interno, e che la naïveté di Pier Paolo era finta". Il cinema di Pasolini ha cercato altre strade. "Ho rivisto di recente Medea, che allora non mi aveva convinto. Ora mi ha molto emozionato, si capisce che è l'unica occasione in cui si è abbandonato a un estetismo quasi delirante. Il film è una festa di mitologia barbarica, con quei sublimi costumi di Piero Tosi. Il racconto era quasi incomprensibile, se non si conosceva la tragedia dal film si capiva ben poco, però c'era l'identificazione fortissima di Pier Paolo con Medea, la maga del vecchio mondo, in contrapposizione a Giasone che rappresenta il nuovo. Quando leggo un pezzo come quello di Marcello Veneziani, avverto la facilità delle semplificazioni. Certo, Pasolini era conservatore, così come era conservatore Berlinguer, se conservare significa alzare barricate contro l' orribile orda consumistica". Dice Bertolucci che, attraverso vari stadi, Pasolini "dai primitivi toscani è arrivato al manierismo. Penso al quadro di La ricotta, che evoca La deposizione del Rosso Fiorentino e penso a Salò con il suo rigore geometrico. Vidi Salò qualche giorno dopo la morte di Pier Paolo e ancora oggi non riesco a separare le immagini della sua morte dalle immagini atroci del film. Atroci e sublimi". Non è esatto, secondo Bertolucci, dire che Pasolini finì per innamorarsi del cinema. "Non ha mai cercato di entrare nell' esercito ombra dei cinephiles, la sua forza era di non esserlo. Un esercito del quale io ho fatto parte, ma su cui ho anche ironizzato. Il personaggio di Jean-Pierre Léaud era una presa in giro di certe manie da cinefili. Pasolini fece un percorso tutto suo nel cinema, che all' inizio lo affascinava ma poteva restare un corpo estraneo all'interno della sua carriera di letterato. Invece ho l' impressione che negli ultimi anni, 15 anni dopo il suo primo film, il cinema era entrato nella sua vita". Bertolucci riconosce a Pasolini, un delitto italiano di Marco Tullio Giordana "qualunque sia il giudizio sul film, la presenza di un sentimento fortissimo sulla mancanza di Pasolini. Soprattutto nella seconda parte del film, c'è il segno doloroso del vuoto lasciato da Pasolini. La cosa che mi ha molto amareggiato è che il pubblico dei giovani non abbia capito il senso e le intenzioni di Giordana e non abbia aderito al film. Spero che l' iniziativa al Palazzo delle Esposizioni serva a questo, a far capire che in Pasolini c'era un profeta. E oggi la sua mancanza si sente molto di più, perché non c' è nessuno che abbia colto la sua voce".
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