La saggistica

"Pagine corsare"
Saggistica

Il "Sogno" con echi pasoliniani
Alberto Crespi, "l'Unità", 10 settembre 2009

La Resistenza e il Movimento Studentesco sono
le due uniche esperienze democratico-rivoluzionarie
del popolo italiano. Intorno c’è silenzio e deserto:
il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende
tradizioni sabaude, borboniche, papaline.

Pier Paolo Pasolini, 1973

Michele PlacidoIl ’68 di Michele Placido è un «grande sogno» autobiografico: Nicola, il personaggio di Riccardo Scamarcio, è Placido, racconta il suo passato e le voglie matte che lo bruciavano in quell’anno clamoroso. Nicola è un poliziotto che i superiori tengono d’occhio perché compra "Paese Sera" («per vedere i cinema», si giustifica), sogna di fare l’attore e legge Brecht, Camus e Buchner; il capitano Silvio Orlando gli consiglia Manzoni, ma invece di punirlo per quei libri «comunisti» decide che, da aspirante attore, è adatto a fare l’infiltrato. Ed ecco Nicola spedito alla Sapienza. Nicola fa il suo mestiere, ma intanto frequenta gli studenti e vede, ascolta, capisce. Il leader è Libero (Luca Argentero), figlio di un’operaia comunista; ma un giorno, in una assemblea, prende la parola Laura (Jasmine Trinca): viene da una famiglia borghese, ha due fratelli inquieti, un padre autoritario, una madre perbenista. È affascinata da Libero, ma anche quel ragazzo pugliese timido non è male… 

Anche Placido, allora, era nella polizia: molti ragazzi del Sud non avevano grandi alternative (Pasolini, lo sappiamo, lo capì prima di tutti). Il percorso di Nicola nel film - la scoperta della politica, la liberazione sessuale, l’ingresso all’Accademia nonostante la dizione tutt’altro che perfetta - è autentico, e benissimo raccontato. Anche la famiglia borghese di Laura ha una sua verità - e non furono poche, le famiglie dell’intellighenzia che si ritrovarono i figli nella lotta armata. Libero, e il coro degli studenti, sono più stereotipati. Ma qui si consuma l’irrisolvibile dramma di chi racconta il ’68: è difficilissimo «ricostruire» quell’epoca, e ci sarà sempre - 41 anni dopo - qualcuno che griderà alla manipolazione. Perché esistono tanti ’68 quanti sono coloro che c’erano, da protagonisti o da comprimari. Bene ha fatto Placido a raccontare il suo; ma era giocoforza incrociarlo con quello degli altri, che a tratti appare artefatto. 

Il film non è cronaca, è sogno. Funziona come tale, come un romanzo popolare (espressione che a Placido dovrebbe essere cara: nel bellissimo film di Monicelli, il celerino era lui) raccontato con abbondanza di colori, musiche, emozioni. E con un’adesione ai fatti storici qua e là discutibile.

 

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Il "Sogno" con echi pasoliniani, di Alberto Crespi

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