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Saggistica Il "Sogno" con echi pasoliniani La Resistenza e il Movimento Studentesco sono Pier Paolo Pasolini, 1973
Anche Placido, allora, era nella polizia: molti ragazzi del Sud non avevano grandi alternative (Pasolini, lo sappiamo, lo capì prima di tutti). Il percorso di Nicola nel film - la scoperta della politica, la liberazione sessuale, l’ingresso all’Accademia nonostante la dizione tutt’altro che perfetta - è autentico, e benissimo raccontato. Anche la famiglia borghese di Laura ha una sua verità - e non furono poche, le famiglie dell’intellighenzia che si ritrovarono i figli nella lotta armata. Libero, e il coro degli studenti, sono più stereotipati. Ma qui si consuma l’irrisolvibile dramma di chi racconta il ’68: è difficilissimo «ricostruire» quell’epoca, e ci sarà sempre - 41 anni dopo - qualcuno che griderà alla manipolazione. Perché esistono tanti ’68 quanti sono coloro che c’erano, da protagonisti o da comprimari. Bene ha fatto Placido a raccontare il suo; ma era giocoforza incrociarlo con quello degli altri, che a tratti appare artefatto. Il film non è cronaca, è sogno. Funziona come tale, come un romanzo popolare (espressione che a Placido dovrebbe essere cara: nel bellissimo film di Monicelli, il celerino era lui) raccontato con abbondanza di colori, musiche, emozioni. E con un’adesione ai fatti storici qua e là discutibile.
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