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Pasolini nei blog Una lettera di Pier Pasolo Pasolini a Penna Caro Sandro, non è forse giusto ch'io dica a te cose che riguardano te, e che ti dipingono con tanto amore. Io ho un culto di te. E, come tutti i culti, mi dà il rimorso di non essere così forte e fedele da praticarlo degnamente. Ciò lo dico come se ambedue fossimo morti, e la vita non ci toccasse dunque più con la sua miseria, che giorno per giorno, ora per ora, contraddice ciò che tu sei e ciò che io penso tu sia. È la vita nella sua totalità, come se noi l'avessimo del tutto adempiuta (e di fatto è quasi così) che ora io guardo. In questa vita tu ti sei tenuto in disparte, a contemplarla, come un animale buono, che qualche volta deve pur nutrirsi, e allora è costretto a predare, non potendo vivere di pura contemplazione, di «gioia e dolore di esserci». Avrai dunque compiuto anche tu i tuoi peccati, e anche la tua coscienza avrà laboriosamente lottato per giustificarsene. E ciò ti avrà reso patetico come il personaggio di una grande opera, che quasi non canta. Questa tenerezza della miseria umana ti circonda come un'aureola terrestre intorno a un capo celeste. Non dico che queste parole ti rappresentino del tutto fedelmente, e che possano prestarsi a qualche equivoco, per un estraneo che legga questa nostra lettera intima: sì, infatti oltre che miseramente patetico, sei anche un po' buffo. E ciò contraddice alla tua immagine santa che sto delineando. Contraddice, intendo, nei termini usuali con cui si discorre: in realtà tutti i santi sono patetici e buffi. In cosa consiste la tua santità? Nel silenzio con cui hai rinunciato alla vita e al suo godimento così come è inteso nella nostra parte di storia in cui siamo apparsi su questa terra. Ripeto, hai cercato il tuo godimento altrove, in cose considerate da tutti futili, remote, incomprensibili, infantili e sconvenienti. Anche tu sei stato, ripeto, un po' predone di quella realtà che forse dovrebbe essere unicamente contemplata. Ma è proprio da questi tuoi momenti di peccato in cui sei venuto meno alla regola della rinuncia e della umile, silenziosa, monastica protesta contro il mondo, così sublime e così inaccogliente che tu hai trovato le aspirazioni per la tua poesia. Essa consiste nell'osservazione lieta e priva di ogni speranza delle cose (per te pochissime, anzi forse una sola) che si possono cogliere nel mondo per sopravviverci; ma questa osservazione è compiuta nel silenzio del luogo dove non si vive più ma, appunto, si contempla soltanto. La tua esclusione di te stesso da un mondo che del resto ti escludeva è stata una lunga ascesi, fatta di notti e di giorni, in cui si ride e si piange, come ingenui personaggi di opere romantiche senza né principio né fine, con le loro croci e le loro delizie: una lunga ascesi in cui, anziché pregare, hai cantato le forme del mondo lontano. Che ciò abbia fatto di te - oltre che un santo anarchico e un precursore di ogni contestazione passiva e assoluta - forse il più grande e il più lieto poeta italiano vivente - è un discorso che si svolge su un piano molto più basso di quello di questa lettera incerta e incompleta, che riguarda più la tua poesia vissuta che la tua poesia scritta. È la prima infatti a contare, per chi, appunto perché educato e come tolto a se stesso da un lungo amore per la poesia, riesce a intravedere ciò che vale al di fuori di ogni valore: la santità del nulla. Minuta dattiloscritta con correzioni autografe conservata nell'Archivio Pasolini. Per la seconda edizione delle Poesie di Penna, aumentata di Croce e delizia e di altri inediti (cfr. Tutte le poesie, Garzanti, Milano 1970), Pasolini ha steso questo scritto sotto forma di lettera all'autore, che, trasferito in terza persona e con alcuni ritocchi, sarà inserito nei volumi come «segnalibro».Penna, ricevuto questo scritto, risponde a Pasolini con una lettera senza data: Caro Pier Paolo, grazie, tanto più che mi credevo proprio non ti fosse possibile. Avevo anche scherzato con Milano (Garzanti) che eri preso da mille cose con un Brasile che ti aspettava. Glielo mando subito e, credo non ti offenderai, gli chiederò «cosa farete con Pier Paolo? Lo pagate o gli fate un bel regalo in libri?» So che a te non interessa, ma il lavoro deve essere compensato. Ti pare. Ma dovevo solo scriverti «grazie» sul cuscino. L'idea è di Elsa [Morante] ma io tanto sapevo che a Graziella si può dire tutto. Digli di Porcile: ho pianto di entusiasmo come a Ladri di biciclette o [illeggibile]. Ma quelle sono cose ormai incolori di fronte alla stupenda visione (ma lo hai sognato?) di Porcile. È bello anche se non si può capire o spiegare. Ma da Mallarmé... Godi il Brasile. Poco santo ma molto affezionato, tuo Sandro Il saggio è più sublime, cioè è sublime quanto affettuoso. Lo leggerò tutta la notte. Non lo imposto subito. Elsa ne è entusiasta. |
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