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Saggistica Si scrive spesso per dire poco
“Mi limito a fare il giornalista e a trovare il bandolo della matassa per raccontare ciò che spesso i giornali non fanno più” spiega al termine della prova generale della rappresentazione andata in scena al teatro Filodrammatici di Cremona. “Sfogliando i principali quotidiani trovo spunti interessanti. Perché a me piace occuparmi di tante cose ma per la gente normale non è così. I lettori vogliono sapere come stanno le cose. Una funzione che i giornali oggi non svolgono. Sulla vicenda Alitalia, ad esempio, leggiamo dei punti Mille Miglia ma nessuno scrive, ad esempio, come stanno le cose sulle azioni della compagnia aerea. E in questi tempi di opacità della borsa forse sarebbe il caso di fare un po’ di chiarezza”. Si scrive tanto spesso per dire poco. Ma le parole hanno un senso. Soprattutto in Italiopoli: i cui ritmi scenici sono scanditi da termini come scarpe, residence, palazzo, sapere, nomi, prostituzione, apparire, scuola, televisione,figli ma anche Weimar, comunista e via dicendo. Parole che suonano come imperativi di una morale che non c’è. Ma era già tutto previsto. Da un tale di nome Pier Paolo Pasolini i cui racconti guidano Beha durante la rappresentazione arricchita dall’intensa presenza delle attrici Daniela Coelli e Paola Cerimele. A distanza di 30 anni il nostro Paese, secondo Beha, sta andando ben oltre le visioni pasoliniane - definite allora decadenti -. “E’ l’Italia che Pasolini prefigurava tentando di esorcizzarla e che invece ci ha travolto”. In una sorta di mutazione antropologica che Pasolini trasfigurava poeticamente e che oggi è la didascalia di ogni cronaca quotidiana. E sul palco si susseguono le immagini delle mutazioni antropol-genetiche di “Cafonal”: specchio riflesso degli abitanti dei “palazzi del potere” dellaepoca di Pasolini e che oggi si ritrovano nel “residence di Italia” dove non è necessario saper fare quanto piuttosto esserci. Il sentimento dominante è l’ansia di esserci di una casta politica innamorata di se stessa. Il concetto di libertà di stampa aleggia nella sala gremita. “Oggi è impossibile scrivere sui giornali se non hai un’etichetta. Se sei ascritto a destra puoi scrivere a sinistra e viceversa. C’è un po’ di internet ma per il resto l’importante e riuscire a non svendersi”. Sopravvivere a questa Italiopoli (che in alcuni casi è anche Calciopoli e forse potrebbe diventare anche Giornalopoli) è il plot narrativo che prende il via dalla scarpa lanciata a Bush durante la sua visita in Iraq e con la dichiarazione che la classe politica italiana forse non merita neppure una scarpa in faccia. E c’è chi 30 anni prima scriveva: il coraggio intellettuale della verità e la politica sono inconciliabili in Italia. Giornalisti e politici spesso hanno indizi e prove eppure non fanno nomi”.
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Specie in "Italiopoli", di Elisabetta Reguitti |