I ricordi - Sommario

"Pagine corsare"
I ricordi

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Il Corriere della Sera
13 ottobre 1976
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Il 13 ottobre 1976 il "Corriere della Sera" pubblic? un volume di grande formato, per commemorare i "Cento anni 1876-1976" dall'inizio della propria attivit?. In tale occasione, la rievocazione del 1975 venne dedicata quasi esclusivamente alla figura di Pier Paolo Pasolini: furono riediti per l'occasione alcuni stralci di un articolo scritto da Pasolini per il "Corriere" (quello sul "processo alla Dc"), poi incluso nell'edizione Garzanti della raccolta di saggi pasoliniani nota con il titolo di Scritti corsari
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.1975
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Poeta, regista, scrittore, Pier Paolo Pasolini mostra sulle colonne del ?“Corriere della Sera?” la veste di acceso polemista, impegnato sui grandi temi civili e politici. Da uno dei suoi articoli pi? clamorosi (la proposta di un processo alla classe politica dominante) riportiamo alcuni fra i brani pi? incisivi: ? un?’immaginaria Norimberga che giudica i reati di arroganza e corruzione.?
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[pubblicato nel ?“Corriere della Sera?” del 24 agosto 1975]?
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Il processo
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Dunque: indegnit?, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, connivenza con la mafia, alto tradimento in favore di una nazione straniera, collaborazione con la CIA, uso illecito di enti, come il SID, responsabilit? nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna (almeno in quanto colpevole incapacit? di punirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell'Italia, responsabilit? della degradazione antropologica degli italiani (responsabilit?. questa, aggravata dalla sua totale inconsapevolezza), responsabilit? della condizione, come si usa dire, paurosa delle scuole, degli ospedali e di ogni opera pubblica primaria, responsabilit? dell'abbandono ?selvaggio? delle campagne, responsabilit? dell'esplosione ?selvaggia? della cultura di massa e dei mass media, responsabilit? della stupidit? delittuosa della televisione, responsabilit? del decadimento della Chiesa, e infine, oltre a tutto il resto, magari anche distribuzione borbonica di cariche pubbliche ad adulatori. [...]?
L'immagine di Andreotti o Fanfani, di Gava o Restivo, ammanettati tra i carabinieri, sia un'immagine metaforica. Il loro processo sia una metafora. Al fine di rendere il mio discorso comico oltre che sublime (come ogni monologo!), e soprattutto didascalicamente molto pi? chiaro.?
Cosa verrebbe rivelato alla coscienza dei cittadini italiani da tale Processo (oltre, si intende, alla fondatezza dei reati pi? sopra enunciati secondo una terminologia etica se non giuridica)??
Verrebbe rivelato ai cittadini italiani qualcosa di essenziale per la loro esistenza, cio? questo: i potenti democristiani che ci hanno governato negli ultimi dieci anni non hanno capito che si era storicamente esaurita la forma di potere che essi avevano servilmente servito nei vent?’anni precedenti (traendone peraltro tutti i possibili profitti) e che la nuova forma di potere non sapeva pi? (e non sa) che cosa farsene di loro.?
Questa ?millenaristica? verit? ? dunque essenziale per capire (al di l? del Processo e delle sue condanne penali) che ? finita l'epoca, appunto millenaria, di un ?certo? potere ed ? cominciata l'epoca di un certo ?altro? potere.?
Ma soltanto un Processo potrebbe dare a questa astratta affermazione i caratteri di una verit? storica inconfutabile, tale da determinare nel paese una nuova volont? politica.?
Una volta condannati i nostri potenti democristiani (alla fucilazione, all'ergastolo, all'ammenda di una lira, cosa di cui qualsiasi cittadino infine si accontenterebbe) ogni confusione dovuta a una falsa e artificiale continuit? del potere democristiano verrebbe vanificata. L'interruzione drammatica di tale continuit? renderebbe al contrario chiaro a tutti non solo che un gruppo di corrotti, di inetti, di incapaci ? stato democraticamente tolto di mezzo, ma soprattutto (ripeto) che un'epoca ? finita e ne deve cominciare un'altra.?
Se invece questi potenti resteranno ai loro posti di potere ?– magari scambiandoseli un'ennesima volta ?–, se cio? la Dc, e con essa, quindi, il paese, opteranno per la continuit?, pi? o meno drammatizzata, non sar? mai chiaro, per esempio, il fatto che gli italiani oggi sono laici almeno nella misura in cui fino a ieri erano cattolici, oppure che i valori dello sviluppo economico hanno dissolto tutti i possibili valori delle economie precedenti (insieme a quelli specificatamente ideologici e religiosi), oppure ancora che il nuovo potere ha bisogno di un nuovo tipo di uomo.?
Ora (o almeno cos? sembra a un intellettuale solo in mezzo a un bosco) gli osservatori politici italiani insistono colpevolmente a optare, in fondo, per la continuit? democristiana: per adesso anche i comunisti. Gli osservatori borghesi indicano settorialmente, nel campo economico (e non dell'economia politica!!), le possibili soluzioni di quella che essi chiamano crisi; gli osservatori comunisti ?– insieme a tale indicazione, naturalmente pi? radicale e pur accettando come buone le intenzioni dei democristiani demandati alla continuit? ?– lamentano il persistente anticomunismo.?
Ma che senso ha pretendere o sperare qualcosa da parte dei democristiani? O addirittura chiedere loro qualcosa??
Non si pu? non solo governare, ma nemmeno amministrare senza dei principi. E il partito democristiano non ha mai avuto dei principi. Li ha identificati, e brutalmente, con quelli morali e religiosi della Chiesa in grazia della quale deteneva il potere. Una massa ignorante (e lo dico col pi? grande amore per questa massa) e una oligarchia di volgari demagoghi dalla fame insaziabile, non possono costituire un partito con un'anima. Ci? l'abbiamo sempre saputo, e l'abbiamo anche sempre detto: ma non l'abbiamo saputo e detto fino in fondo: per una ragione molto semplice: perch? la Chiesa cattolica era una realt?, e la maggioranza degli italiani erano cattolici. [...]?
Torniamo dunque al nostro Processo (metaforico): ma stavolta in relazione e in funzione della politica del Pci (o di un Psi ipoteticamente rinnovato da una sua ?rivoluzione culturale?), che ? l'unica che importa. Se, invece di fingere di accontentarsi delle parole dei ?galantuomini della continuit?, i comunisti e i socialisti decidessero di spezzare tale continuit? intentando un Processo penale a Andreotti e a Fanfani, a Gava e a Restivo ecc. ecc., che cosa metterebbero in chiaro una volta per sempre di fronte alla propria coscienza? Una serie di fatti banali che portano a un fatto essenziale, e cio?:?
Primo fatto banale: si presenterebbe, in tutta la sua estensione e profondit?, ma anche in tutto il suo definitivo anacronismo, il quadro clerico-fascista in cui il malgoverno democristiano ha potuto essere attuato attraverso una serie di reati classici. Reati dunque non reati, in quanto consustanziali alla realt? del paese, e quindi (come quelli mussoliniani) perpetrati in fondo nel suo ambito e col suo consenso. Durante i primi venti anni del regime democristiano, si ? governato un popolo storicamente incapace di dissentire: esattamente come durante il ventennio fascista, come durante l'Ottocento pontificio o borbonico, e addirittura come durante i secoli feudali.?

Nel palazzo.
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Secondo fatto banale: la qualificazione di ?antifascista? (di cui insistono a gratificarsi uomini anche autorevoli di sinistra, che in questo non si distinguono affatto dai democristiani) diventa una sinonimia assurda, anzi, ridicola, di antiborbonico o antifeudale...?
Terzo fatto banale: un paese non pi? clerico-fascista, e cio? un popolo non pi? religioso, non pu? non ripercuotere la propria realt? nel ?Palazzo?, vanificandone i codici e rendendo le manovre dei potenti degli automatismi pazzi (di cui son complici anche gli oppositori).?
Fatto essenziale: ci? che al contrario il Processo renderebbe chiaro ?– folgorante, definitivo ?– ? che il contesto in cui governare non ? pi? quello clerico-fascista, e che proprio nel non aver capito questo consiste il vero reato, politico, dei democristiani. Il Processo renderebbe chiaro ?– folgorante, definitivo ?– che governare e amministrare bene non significa pi? governare e amministrare bene in relazione al vecchio potere, bens? in relazione al nuovo potere.?
Per esempio: i beni superflui in quantit? enorme, ecco qualcosa di assolutamente nuovo rispetto a tutta la storia italiana, fatta di puro pane e miseria. Aver governato male significa dunque non aver saputo far s? che i beni superflui fossero un fatto (come oggettivamente dovrebbe essere) positivo: ma che, al contrario, fossero un fatto corruttore, di selvaggia distruzione di valori, di deterioramento antropologico, ecologico, civile.?
Altro esempio: la democratizzazione derivante dal consumo estremamente esteso dei beni (compresi, perch? no?, i beni superflui), ecco un'altra grande novit?. Ebbene, l?’aver governato male significa non aver fatto s? che tale democratizzazione fosse reale, viva: ma che, al contrario, fosse un orribile appiattimento o un decentramento puramente enfatico (gestito in genere da illusi progressisti).?
Altro esempio ancora: la tolleranza, che il nuovo potere ha elargito, per delle sue buone ragioni, ? anch'essa una grande novit?. L'aver governato male ?– ancora una volta consiste nel non aver fatto di tale tolleranza una conquista, ma di averla trasformata nella peggiore intolleranza reale che si sia mai vista (ossia la tolleranza di una maggioranza, resa sconfinata dalla sua nuova ?qualit? di ?massa?, che tollera, in realt?, solo le infrazioni che fanno comodo a lei stessa).?
Quindi, nella mia ansia didascalica, insisto: governare bene o amministrare bene non significa pi? affatto governare bene o amministrare bene rispetto al governare male o all'amministrare male clerico-fascista (e quindi democristiano). La moralit? politica non consiste pi? nel confrontarsi con l'immoralit? clerico-fascista e magari col debellarla: cosa che i democristiani, in quanto cristiani, hanno sempre detto, a parole, di voler fare. Di conseguenza, se i comunisti ?– nelle giunte amministrative regionali, provinciali e comunali ?– si? limitassero ad attenersi a una simile moralit? politica, essi altro non sarebbero che i veri democristiani.?
Ma ?– e questo ? il punto ?– anche facendo dei beni superflui, della democratizzazione consumistica e della falsa tolleranza, qualcosa di avanzato, di vivo, di reale ?– anche in tal caso ?– i comunisti altro non sarebbero che i veri democristiani. Perch?? Perch? beni superflui, democratizzazione consumistica, tolleranza sono fenomeni che caratterizzano il nuovo potere (il nuovo modo di produzione) e tale nuovo potere (tale nuovo modo di produzione) ? capitalistico.?
Bologna ? in realt? un esempio di come avrebbe dovuto essere amministrata dai democristiani una citt?.?
Ma ? a questo punto che si ha il ?risvolto? del mio presente scritto (reso evidentemente romanzesco dalla presenza di un Processo...).
Il ?risvolto? consiste in questo: la continuit? democristiana, voluta in realt? da tutti indistintamente ?– in barba alla terribile ?crisi?, da tutti, altrettanto indistintamente, recepita e drammatizzata - in realt? non ? possibile [...]?
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I ricordi - Il "Corriere della Sera" del 13 ottobre 1976

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