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Pasolini nei blog: Rosa Maria Di Natale - Roberto Di Molfetta Giulio Delle Serre - Gianluigi Cavino
In questi giorni rileggo le Lettere luterane di Pier Paolo Pasolini e riassaporo la sua lucida, cinica e profetica critica ai media. Mi chiedo: cosa avrebbe pensato del web? Cosa avrebbe raccontato a Gennariello sui nuovi media nel suo trattato pedagogico? Una cosa è certa: Internet adora Pasolini, e lo adora in tutte le sue vesti, scrittore, saggista, poeta, regista, polemista. Date un’occhiata alla voce collettiva a lui dedicata su Wikipedia. E’contrassegnata come “voce in vetrina”, una delle migliori voci riconosciuta dalla collettività che contribuisce a creare l’enciclopedia libera. Youtube rappresenta una vera e propria collezione di filmati a lui dedicati. Tra questi, quelli che toccano ancora le corde di un certo pubblico di lettori: Biagi che lo intervista (e si inasprisce con lui), un pezzo su “Niente di più feroce della banalissima televisione”, ma anche Pasolini ed Ezra Pound, o Pasolini e Moravia. Il mese scorso i blog gli hanno dedicato un ricordo a 33 anni dalla sua morte, ancora misteriosa. Liquida (il portale/ valorizzatore di blog, un portale, luogo virtuale interamente generato dagli utenti) ne ha riassunto i post più belli. E c’è un sito che fa molto di più: pasolini.net, dove esiste anche una sezione specifica dedicata alla sua figura ri-scritta dai blogger. Lettera a Pier Paolo Pasolini Messaggio da me scritto ed indirizzato, idealmente, all'intellettuale italiano Pier Paolo Pasolini (1922-1975).
"La morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter essere compresi". Sulla sua indifendibilità Pasolini vedeva lontano. "Giudizi troppo sommari nelle aule dei tribunali non rendono ancora, a trent’anni dalla sua morte, giustizia dell’uomo", così concludevo qualche anno fa un post scritto nella pagine del blog dell'"opinion maker" Vincenzo, ricordando la figura di Pier Paolo Pasolini, con un ritratto che tendeva a riscoprirlo più come autore e pensatore dei nostri tempi. Mi limito pertanto a descrivere una sintetica definizione che Wikipedia gli dà: "è internazionalmente considerato uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo". Questa volta invece mi concentro sulla morte appunto e sull'ingiustizia che si è protratta sino ad oggi sul suo delitto e su quali possano essere stati i veri responsabili. Oggi a 33 anni dalla sua scomparsa nulla è cambiato. Anzi, da qualche anno a questa parte le confessioni di Pino "la rana" - unico colpevole per quell'orribile e efferato delitto che ha pagato con la galera il suo crimine presunto, ammesso che sia entrato qualcosa - fanno ancora più rabbia e confermano sempre più che alle spalle di Pasolini si fosse realizzato un complotto. Nel diario Pelosi esordisce con queste parole: "Mi presi tutte le responsabilità per non coinvolgere i miei amici di allora. Fu l’avvocato a suggerirmi quella linea difensiva. Pensava che da minorenne me la sarei cavata con poco". Il "riccetto", simile a uno dei personaggi raccontati proprio da Pasolini nei suoi romanzi e nei suoi film, ha raccontato delle falsità al processo e questo è un dato di fatto: una fra tutte quella di essere stato lui solo ad uccidere il poeta, mentre le prove e gli atti confermerebbero il contrario. E lo stesso Pelosi lo ha ammesso dopo oltre trent'anni: "c'erano tre che avevano un accento siciliano..e se sono stato zitto è per paura di avere delle ritorsioni. Io servii solo ad adescarlo". Le ultime mezze verità di quest'uomo confermano la validità delle ipotesi che si racchiudevano nel bellissimo film di Marco Tullia Giordana, "Pasolini un delitto italiano". Cosa voleva farci intendere Pelosi con quelle parole, che ad ammazzare Pasolini ci fosse per caso la mano della mafia? Mi chiedo comunque cosa c'entrino i siciliani, siamo ancora dinanzi ad una deviazione della verità. La smetta una volta per tutte di prenderci in giro e la dica fino in fondo la verità questo disgraziato. C'è più di un valido motivo per pensare e credere che i nemici Pasolini li avesse a Roma, a due passi da quelle borgate che frequentava e che raccontava idealisticamente nelle sue opere. E che non fosse opera dei personaggi di strada di quelle borgate (come pure qualcuno ha sostenuto) o di balordi come "la rana". C'è una mano pensante e Pelosi la smettesse una volta per tutte di continuare con queste mezze verità che gli consentono intanto di mattere su qualche sporco soldo. Pelosi conosce bene i nomi di quelli che lo ricattarono e comunque conosce la mano che si muoveva dietro quella gente, non può essere altrimenti. Chi erano costoro Pelosi?? Ce lo dica una volta per tutte e non lo faccia solo per Pierp Paolo ma in nome della verità. Pasolini è stato ammazzato perchè non era soltanto un critico scomodo, ma aveva il coraggio di fare i nomi e cognomi delle stragi di quegli anni e di quelli che avevano in mente di organizzare il movimento di azione fascista contro il Comunismo che prendeva piede dopo il '68. Lo scritto che lui firmò in un famoso editoriale del novembre 1974 sul Corriere della Sera, un anno prima che lo uccidessero, mostra in tutta la sua eloquenza quali potessero essere i suoi nemici. Ve ne illustro qualche passo a riprova (ma vi consiglio di leggerlo integralmente): La sua terribile ed atroce morte sta gridando ancora vendetta, perchè la verità ad oggi non è ancora emersa. Quella verità che Pasolini ha sempre ricercato sino alla morte e che purtroppo la giustizia italiana non ha restituito, come in ogni processo degno di questo nome. Pasolini, un profeta laico Bisogna dire subito senza preamboli reverenziali o falso bigottismo che Pier Paolo Pasolini è sempre stato e rimane ancora oggi un emarginato. Una figura eclettica e per certi versi istrionica, un’anima geniale che ha offerto al mondo, buttando in pasto al popolo ignorante, la sua arte senza alcuna sovrastruttura o caricatura. Si è offerto nudo di fronte alla realtà che lo circondava e ha cercato di analizzare non solo il contesto storico nel quale viveva ma anche e soprattutto gli scenari futuri. Uomo dalla rara onestà intellettuale si è inimicato tutti i poteri forti del suo mondo, dai governanti, alla Chiesa e persino quel partito Comunista al quale aveva riposto le sue speranze non senza critiche. Un emarginato perché voleva rompere l’ordine costituito, voleva dare libera espressione all’arte, voleva dare il suo contributo nella lettura di un Italia alle prese con l’industrializzazione e la forte ripresa economica del dopoguerra. Un emarginato perché non parlava mai per conto di qualcuno o di qualcosa, allergico a qualsiasi forma di potere sfuggiva dall’ermeneutica moralistica di quel tempo trovando dimora prima di tutto nei versi, nella prosa e nella poesia. In una intervista rilasciata a La Stampa il 12 Luglio del 1968 Pasolini afferma una delle sue convinzioni più chiare che palesa non solo la sua gioia di vivere ma anche la sua emarginazione sociale: “Io sto benissimo nel mondo, lo trovo meraviglioso, mi sento attrezzato alla vita, come un gatto. E’ la società borghese che non mi piace. E’ la degenerazione della vita nel mondo. Hitler è stato il tipico prodotto della piccola borghesia. Anche Stalin è un prodotto piccolo borghese”. Pasolini è prima di tutto un poeta civile, un uomo di lettere che ha però ribaltato la concezione classica dell’intellettuale tutto cervello, egli concepiva il suo essere lettarato come occasione per mettere in gioco non solo la sua mente ma anche il suo corpo, i suoi sentimenti e perché no la sua stessa anima. Nelle sue opere si intravede in modo consistente un suo essere romantico, era un cantore della morte e della distruzione, era la voce degli ultimi della storia, di quelle vite emarginate come lui alle quali non era concesso di godere della ripresa economica del paese. Era il poeta civile della tragedia e possiamo dire con enorme convinzione che potrebbe essere accostato a Dante e Petrarca. Era un uomo a cui piaceva dare scandalo e l’ironia della sorte ha voluto che lui stesso desse una definizione dello scandalo a poche ore dal suo omicidio. Rilasciando una dichiarazione al secondo canale della televisione francese il 31 Ottobre del 1975 disse: “Io penso che dare scandalo sia un diritto, essere scandalizzati un piacere e chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato un moralista”. Fu la sua morte ad aver destato scandalo più di ogni altra sua azione in vita. Pensare Pasolini al di fuori di una realtà localizzata è impensabile. Egli cerca i modi in cui Per questo rifiutava ogni pensiero totalizzante e oligarchico, per questo aveva compreso che il mondo che lo circondava spendeva le sue energie a creare maschere che nascondessero la genuinità e la verità a vantaggio di interessi di classe. Ed il suo sforzo che lo ha portato Un emarginato, un corsaro e un essere contraddittorio come lui stesso si definisce, riconoscendo i suoi limiti. Un uomo scomodo che proprio per questo e la sua brillante e prolifica produzione culturale ha subito 33 processi senza riportare condanna alcuna. In Vie Nuove del 1964 Pasolini dice: “Il mio pessimismo mi spinge a vedere un futuro nero, intollerabile a uno sguardo umanistico, dominato da un neo imperialismo dalle forme in realtà imprevedibili”. Dieci anni dopo in un intervista che gli fece Enzo Biagi Pasolini si dichiarò senza speranza, ed ecco allora che il poeta civile diventa profeta, ossia colui che si fa carico della realtà storica. Un profeta perché è un lettore del presente e coglie lo spessore degli eventi rapportandolo al futuro, laico perché senza pregiudizi. Un profeta laico che ci fa affermare quanto ancora sia attuale il suo pensiero e quanto vergognosa sia ancora la sua emarginazione anche nelle scuole. Pasolini amava spesso dire che la morte non è nel non comunicare ma nel non essere più compresi, con questa frase ci lascia un testamento laico e umanistico che dovrebbe spingere tutti all’apertura all’altro, alla curiosità delle differenze e alla comprensione del diverso. Una lezione di vita che il nostro mondo e la nostra società italiana non ha ancora imparato.
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