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"Pagine corsare"
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L'Escena Contemporanea di Madrid:
da Pasolini al burlesque 
di Simone Pacini, KLP Teatro

Nona edizione del Festival Escena Contemporanea di Madrid, rassegna teatrale che si è svolta a febbraio ed è diventata, negli anni, un punto di riferimento per la ricerca e i nuovi linguaggi: un approccio internazionale verso le forme dell’“altro” con il fine di divenire “esperienza estetica”. Il festival, che si svolge ogni inverno in numerosi teatri off, spazi espositivi, istituti culturali e musei, richiama un pubblico di appassionati ma soprattutto di operatori provenienti da tutta Europa.

Tre gli spettacoli a cui KLP ha assistito nell’ultimo fine settimana della rassegna. E seppure si respirasse aria da “fine festival” è stato ugualmente stimolante girare fra spazi teatrali non canonici in una città che fa del teatro e della fotografia tra le principali forme d’arte contemporanea.

Corteggiato dalle sontuose stagioni del Centro Dramático Nacional (dove era in scena “Llueve en Barcelona” di Pau Miró con la regia del napoletano Francesco Saponaro, testo già affrontato dallo stesso regista in italiano), della Compañía Nacional de Teatro Clàsico (che metteva in scena il classico Lope de Vega) e del Teatro de La Abadía (con una produzione di Àlex Rigola), non si poteva non rimanere affascinati anche da Leo Bassi che, al Teatro Alvil della capitale spagnola, rimane in scena per ben un mese e mezzo: un paragone infelice con l'Italia dove, quando va bene, lo si vede in un’unica serata di qualche coraggioso festival.

Un felice rifugio, insomma, quello degli spazi dell'Escena Contemporanea madrilena. Tanto da indurre a frequentare anche il Teatro Lagrada, nuovo e minuscolo spazio multidisciplinare votato alle arti sceniche, al cinema e alla fotografia, che sorge di fronte alla Cuarta Pared, centro dove vengono ospitate stagioni di teatro contemporaneo e teatro ragazzi, oltre che laboratori e workshop.

La retrospettiva che il festival ha dedicato quest'anno a Pier Paolo Pasolini è stata invece ospitata al Teatro Pradillo, ennesimo spazio votato alla ricerca un po’ fuori dal centro. Nel foyer, interessanti proiezioni di interviste a Pasolini si alternavano alla bevuta di una 'copa'. Un pubblico diverso per l’elegante teatro-auditorium dell’Istituto Francese: una platea numerosa, più adulta e 'snob', tra molti franco-spagnoli e qualche presenza italiana.

Veniamo agli spettacoli. A partire dallo "Striptease" di Pere Faura, un’“acción”, una performance che diventa una riflessione sullo striptease e sul voyeurismo. L’attore in scena si spoglia, parla al pubblico e lo filma mostrando poi su uno schermo prima il celebre striptease di Demi Moore nel film omonimo, poi i volti degli spettatori intenti a vedere lo strip. “Si guarda il corpo o i genitali?” chiede il performer in un continuo scambio interattivo con il pubblico, apostrofando i diversi spettatori (quelli teatrali e quelli degli spogliarelli) entrambi come “guardoni”. Un pezzo decisamente ironico che analizza la performance come ragione di vita ma soprattutto la poetica dello striptease e dei suoi locali. Simpatico, ma nulla di più.

È invece l’“Affabulazionedi Pasolini a essere messa in scena dal Teatro de la Esquirla durante il focus dedicato all’intellettuale bolognese. Purtroppo nello spettacolo la forza delle parole pasoliniane (anche a causa della traduzione spagnola) non riesce ad annullare numerose imprecisioni interpretative, registiche ma soprattutto scenotecniche dello spettacolo, in cui si salva solo la prova dell’attore principale, che interpreta il ruolo del padre. Una delusione anche rispetto all’ottimo Pasolini portato dei nostrani Motus [1] (in "Come un cane senza padrone"), unica presenza italiana ospitata dal festival nei giorni precedenti.

Lo spettacolo più interessante si rivela “Gustavia”. La performance, ideata, diretta e interpretata dalla madrilena La Ribot e della francese Mathilde Monnier, coreografe attive da anni in campo internazionale nella sperimentazione fra differenti linguaggi artistici, aveva debuttato in luglio al festival Montpellier Danse. Si tratta di una rivisitazione del burlesque, definito nel programma di sala “arte della trasformazione dell’incompetenza in competenza”. Le due interpreti entrano in una scena completamente nera, con scuri tessuti increspati in terra, e iniziano un personalissimo show dove manifestano tutta la loro intesa e il loro amore.

Anche se non più ragazzine, i loro corpi poco vestiti mostrano movimenti regali e forme eleganti e sinuose. Un pianto buffo verrà così alternato a scene alla Charlie Chaplin/Charlotte o Buster Keaton, per poi proseguire con una divertente scena di lotta/danza. Insomma, tutti i temi cari al burlesque: la gelosia, l’amore, la sensualità, la lotta. Una scena geniale mostrerà le due donne che, accennano a spogliarsi atteggiandosi con ironia a spogliarelliste, metteranno spavaldamente in mostra due fondoschiena da far invidia alle ventenni.

Lo spettacolo termina con un manifesto, un omaggio che è atto d’amore di due donne verso il proprio genere: una lunga lista di frasi, tutte comincianti con “Une femme que…” dove si narra ciò che le donne fanno e non fanno, dovrebbero fare o non faranno mai. In scena accade di tutto: le due artiste giocano sulla ripetizione dei movimenti, sullo specchio (si assomigliano molto), sull’incidente casuale e sull’eccesso. E c’è anche di più: tutto il loro atteggiamento diventa una riflessione sul ruolo dell’artista oggi, mettendosi in discussione e scherzando sulla serietà della propria arte. Con ironia e consapevolezza. La Ribot e Mathilde Monnier hanno una grande dote: pretendere molto da se stesse ma non prendendosi troppo sul serio.

Un burlesque ultramoderno, quindi, black e minimal, molto “festivaliero” che merita tutte le grasse risate del colto pubblico internazionale presente in sala.

Un piccolo sguardo al festival, il nostro, che non permette bilanci globali (visto che in quattro settimane le cartucce più grosse probabilmente erano già state sparate). Resta comunque l’esperienza di aver tastato con mano certi ambienti off della scena spagnola e di aver constatato come Madrid, di questi tempi, possa davvero essere considerata, fra teatro di tradizione e sperimentazione multidisciplinare, una delle capitali europee delle arti sceniche.

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[1] I Motus in "Come un cane senza padrone"

Appunti di viaggio - in viaggio verso L'ospite - lo spettacolo che debutta a Rennes nell'aprile 2004, con cui tenteremo, acrobaticamente, di compiere, a partire dal romanzo Teorema di Pier Paolo Pasolini, un percorso trasversale attorno a quelle opere in cui si materializza un elemento sacrale-distruttivo che assume forme diverse anche in Porcile, San Paolo e Petrolio. Un itinerario lacerato fra La Nuova Periferia ed il deserto. Riflesso della decisione di Pasolini di iniziare a scrivere di situazioni borghesi, personaggi per lui odiosi, - "ripugnanti", li definisce nella lettera a Moravia in appendice a Petrolio - "(...) sì, anche il comunista è borghese. Questa è ormai la forma razziale dell'umanità."

Il tema della crisi e della "banalità del male" nel quotidiano, dentro il nuovo totalitarismo consumistico, era stato già fulcro di tutto il progetto Rooms, dove nelle analisi della borghesia attuate in chiave cinico-ironica da DeLillo, (e da Genet) l'elemento traumatico era il compiere un atto estremo, come l'omicidio per superare la paura della morte... in Pasolini invece è l'avvento di un fatto scandaloso esterno, quale l'irruzione dell'ospite, o una visitazione angelica e demoniaca, come in Petrolio, a provocare lo svelamento, la frattura...

Negli appunti da 58 a 62 di Petrolio, la "manifestazione" di Carmelo all'ing. Carlo dell'ENI, scatena lo stesso stordimento emotivo che l'avvento dell'Ospite provoca nella famiglia di Teorema: la fascinazione per le immagini evocate e la crudezza matematico/descrittiva del testo ci ha indotto al tentativo di farne un "film di letteratura", un film raccontato a viva voce da una narratrice "sadiana" come Emanuela Villagrossi. La sua voce, accompagnata da un concerto fisico/acustico degli altri due interpreti maschili, guida il crescendo di questa relazione rivelatoria fra vittima e carnefice, dove Carlo segue Carmelo - "come una cane, anzi come una cagna - al centro di quella grande distesa di terra con tutt'intorno, lontani, contro i loro differenti cieli, i lumi dei vari quartieri."

Come un viaggio del resto è andare fra le parole di Pier Paolo Pasolini, tra le righe e gli "appunti per" e sempre in movimento sono i personaggi dei suoi film e romanzi, sino al testamento-monumentum Petrolio. Un viaggio che termina, che viene interrotto da una morte violenta, la sola in grado di compiere il definitivo, scioccante montaggio sull'inarrestabile piano sequenza della vita.

Pasolini amava le corse in automobile, le auto sportive, veloci, amava andare in giro di notte solo, "...giro per la Tuscolana come un pazzo, per l'Appia come un cane senza padrone", sempre in cerca, sempre in attesa, perché sempre, sempre, gli mancava qualcosa. Dal vuoto di questa mancanza, "egli cercava - ma nel mondo, fra i corpi - la solitudine più assoluta", dal desiderio di andare a tracciare i margini figurativi, i punti di confine fra vecchio e nuovo, é nata poi l'idea di sovrapporre un ulteriore filtro datato 2003 a quella infinita carrellata che sono le Visioni del Merda. Un altro strato, un ulteriore livello narrativo che abbiamo realizzato con una macchina "mangia-realtà" da noi appositamente costruita e composta da una staffa con tre telecamere che registrano in sincrono il paesaggio in movimento, collocata sul cruscotto dell'auto. Abbiamo fatto un viaggio Roma-Napoli cercando il lato oscuro delle città, quel niente senza nome che si deposita nella deriva della ratio urbana... dove gli effetti della globalizzazione forzata e di una certa spregiudicata speculazione edilizia, tutta italiana, hanno partorito i loro mostri.

"Nessun deserto sarà mai più deserto di una casa, di una piazza, di una strada dove si vive millenovecentosettanta anni dopo Cristo. Qui è la solitudine...". Da Appunti per un film su San Paolo, 1968-74. 

Si veda anche la rassegna stampa nel sito dei Motus

 

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L'Escena Contemporanea di Madrid: da Pasolini al burlesque, di Simone Pacini

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