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"Pagine corsare"
Saggistica
Pasolini, un profeta in cerca di prove
Un commento al prossimo libro di Gianni D'Elia
di Fulvio Abbate
l'Unit?, 9 agosto 2005
Forse, Pier Paolo Pasolini sapeva. Sapeva davvero. E molte cose. Forse era entrato in possesso di qualcosa di pi? dei semplici fatti. Aveva, insomma, dati, elementi, prove. S?, prove. Prove esatte, prove incontrovertibili. Prove da mandare in carcere alcuni intoccabili. Forse possedeva la verit? sui misteri e i misfatti del potere. Meglio ancora: del ?Palazzo?. Forse, Pasolini sapeva davvero. E molto. E dunque il suo lavoro di scrittore custodiva qualcosa di pi? della semplice affermazione della profezia. Nel senso che il Profeta, in fondo, resta un semplice mistico, mentre nel caso di Pasolini, dell?ultimo Pasolini, potrebbe esserci qualcosa di pi?, un lavoro quasi da inquirente. Un?intuizione politica, giornalistica, giudiziaria iniziale, e da qui l?avvio per la ricerca di un filone di indagini che, movendo dalla crisi del petrolio, lo avrebbe portato a scoprire alcune verit? altrimenti taciute: i nomi stessi dei colpevoli. Se le cose stanno cos?, c?era qualcosa di pi? di una semplice invettiva in quel suo memorabile articolo apparso sul Corriere della Sera nel 1974, un capolavoro di chiarezza politica intitolato Il romanzo delle stragi, lo stesso pezzo dove egli, il nostro Pasolini, dichiara appunto di sapere chiaramente: ?Io so. Io so i nomi dei responsabili delle stragi?.
Forse, Pasolini custodiva davvero le ?sue? prove, forse aveva trovato la verit?. Forse.
Petrolio, il suo romanzo uscito postumo, concepito come un grande affresco, come opera-testamento, ma anche come cattedrale letteraria, avrebbe dovuto tenere insieme, accanto all?autobiografia, tutto questo materiale ?giudiziario?, un romanzo-indagine, e dunque le prove. Un romanzo nel quale ripercorrere anche la vicenda della morte di Enrico Mattei. Mistero crocevia, mistero che tiene con s? altri misteri di Stato. Mistero-binario morto d?ogni verit? che riguardi il nostro bene comune, la repubblica appunto. Forse. Il dubbio ? d?obbligo, lo si ? forse gi? detto. ? d?obbligo poich? la dietrologia non fa bene alla verit?, e magari non serve neppure al suo reale accertamento. A maggior ragione pi? di trent?anni dopo i fatti. Tuttavia, a sentire alcune testimonianze di persone che ebbero un rapporto di frequentazione con lo scrittore nelle sue ultime settimane, trapela la certezza di una modalit? di lavoro che fa supporre qualcosa di singolare. L?uomo, lo scrittore, l?intellettuale infatti scavava, prendeva nota, cercava fonti, documenti, era sulle tracce del petrolio con i suoi nomi. Il lavoro del filologo o dello studioso della poesia popolare aveva lasciato il posto ad altro. C?? in proposito, sempre citando Petrolio, un capitolo esemplare. Per l?attenzione prestata da Pasolini ai dettagli e perfino alla descrizione dei nomi e finache dei volti. Si tratta delle pagine che raccontano iperrealisticamente un ricevimento al Quirinale. Forse, se letto fra le righe, anche quel capitolo pu? dirci qualcosa sulla realt? e le intenzioni dell?ultimo Pasolini. Forse.?
E ribadiamo il forse, perch?, come si ? gi? detto, la dietrologia, l?abitudine a trasformare ogni fatto e ogni dato in un elemento indiziario in grado di condurre alla verit? quasi come in un?Apocalisse, lo dovremmo ormai sapere fin troppo bene, porta al buio pi? assoluto. Porta a mettere nero su nero. Ci? che invece, ripensando a quei giorni e all?uomo che pi? e meglio di ogni altro ha saputo rappresentare un presidio di volont? civile, resta intatto ? piuttosto la sensazione che Pasolini abbia tentato con ogni mezzo legalmente consentito di trovare risposte laddove altri avrebbe lasciato tutto sotto la campana di vetro di un colpevole e interessato silenzio, un silenzio, nel migliore dei casi, qualunquistico. Un silenzio che potrebbe essere definito il basso continuo, il pozzo nero della storia della societ? italiana.?
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