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Commenti e notizie Pier Paolo Pasolini. ![]() “Quando uno muore in maniera tagica – dice Consoli a L’Indipendente – si sono sempre costruite grandi storie. Pasolini non fa eccezione alla regola di quelli che io ho ribattezzato complottardi. Può darsi pure – ammette – che poi in mezzo a tutte queste teorie ci sarà una verità ma io so che, anche se ci fosse, non la sapremo mai”. Tant’è. Troppa, però, è la suggestione e troppi i lati oggettivamente rimasti oscuri su una morte che ha letteralmente scioccato, all’epoca, l’intelllighentjia italiana composta da intellettuali e politici di sinistra, quella stessa sinistra che per anni ha fustigato, criticato, contestato l’eretico Pasolini, salvo poi, una volta seppellito con tutte le sue contraddizioni, parti integranti, peraltro, del suo straordinario acume nell’osservare e descrivere la società, correre a riabilitarlo, facendone un santino spesso a proprio uso e consumo. Sempre gli stessi i temi, tutti indissolubilmente legati alla scritta comparsa su un muro milanese all’indomani della morte. Pasolini, ucciso dal reo confesso Pino Pelosi, uno dei tanti ragazzi di vita frequentati dal regista, è divenuto così, in poche ore, vittima dei fascisti, di chi ha ordito le stragi di Stato, dell’autoreferenziale potere democristiano e dei suoi boiardi. Negli ultimi mesi, poi, complice anche la tardiva e comunque confusa memoria difensiva resa in diretta tv dal redivivo ma non redento Pelosi, i “complottardi” hanno ripreso forza e voce. Ultimo in ordine di tempo, osannato in anticipo sull’uscita in libreria dal Corriere e dall’Unità, è il testo di Gianni D’Elia intitolato L’eresia di Pasolini. In una pagina l’autore ha raccolto otto elementi attraverso i quali capire quanto e come l’omicidio Pasolini e il brogliaccio del romanzo Petrolio, rimasto tale fino al 1992, anno di pubblicazione del testo per l’editrice Einaudi, siano in qualche modo collegate alla morte del presidente dell’Eni, Enrico Mattei, avvenuta nel 1962. La scomparsa del manager petrolifero avvenne ufficialmente in seguito a un incidente aereo ma, a giudizio del saggista, tutto in realtà sarebbe accaduto grazie alla regia occulta del suo successore, Eugenio Cefis, finito appunto anche nel mirino di Pasolini proprio durante la stesura di Petrolio, anello di congiunzione tra le due vicende, al quale – non a caso secondo D’Elia, in compagnia del giudice pavese Vincenzo Calia, già titolare di un’indagine – mancherebbero inoltre delle pagine che Pasolini aveva scritto, testimonianza incontrovertibile il titolo rimasto isolato su un foglio bianco degli appunti pubblicati da Einaudi: Lampi sull’Eni. E proprio da questo particolare, a giudizio di molti decisivo, inizia la confutazione asensazionalistica che Consoli ha voluto rendere a L’Indipendente:”Chi scrive sa benissimo quanti capitoli si titolano senza mai buttarli giù. Semplicemente si perdono nelle intenzioni dell'autore..." Particolari, appunto, che non hanno nulla di sconvolgente.”Se Pasolini poi avesse voluto portare a termine un libro inchiesta di tale portata – si chiede inoltre Consoli – per quale motivo avrebbe dovuto camuffarlo da romanzo? So bene però – aggiunge lo storico – di essere minoranza in tal senso, anche perché la gente si appassiona da sempre ai complotti e a sua volta chi li rilancia trova subito e più facilmente spazio sui giornali, mentre chi smentisce spesso passa inosservato. Tuttavia il mio destino è stato sempre quello di dover dire quella che io penso sia la verità.” Al riguardo ha già riso amaramente, di fronte all’ennesima tesi di tale genere, il cugino, biografo ufficiale di Pasolini, Nico Naldini, interpellato dal Corriere della Sera sull’edizione di domenica scorsa, dove ha riconfermato le sue certezze sull’unica natura possibile dell’assassinio: quella del “delitto sessuale”. Lo stesso Consoli, come fa da trent’anni, pur non avvalorando la tesi di Naldini, insiste nel parlare di omicidio a scopo di rapina. “Non escludo – dice ancora lo storico – che ci fossero altri ragazzi, amici del Pelosi. Allora, del resto, andavano in giro queste gang che seguivano le macchine, è capitato anche a me. Dopo che Pasolini ha fatto salire Pelosi a bordo della sua automobile, altri potrebbero averlo seguito. Pasolini, poi, era un uomo conosciuto. Probabilmente i ragazzi avranno pensato che potesse avere con sé molti soldi, considerando proprio la sua fama, senza sapere che invece in occasioni simili si tende a nascondere tutto ciò che può essere minimamente prezioso. Il regista, infatti, aveva nascosto delle banconote sotto il tappetino della sua auto. Quella volta poi, complice forse la degenerazione dei fatti, li hanno addirittura lasciati lì”. Sulla tesi sensazionale legata ai vertici dell’Eni, poi, Consoli è addirittura lapidario:”Ci sono dei personaggi che devono vendere libri e fare scandalo in ogni modo anche con delle esagerazioni. In queste cose sento un po’ di malizia, di invenzioni. D’altra parte con un po’ di esperienza sappiamo bene che sullo stesso fatto si possono fare mille discorsi diversi, tutti comprensibili, dimostrabili e perfettamente logici. Ora accusano Cefis di essere il mandante di due morti: quelle di Mattei e Pasolini…Mah”. Sospira. Impossibile, in tal senso, non annotare il fatto che proprio Eugenio Cefis è venuto a mancare lo scorso anno nel mese di maggio: ”Appunto – ironizza Consoli – in questo senso hanno avuto anche vita più facile. Chissà quante ne diranno sul mio conto quando morirò io!!!” Un sorriso e poi una smorzata al colpo: ”Resta il fatto che Pasolini era in ogni caso di sinistra, nonostante tutti i problemi noti. I tempi erano quelli, la morte del poeta è stata misteriosa, quindi, per l’epoca poteva essere anche normale e quasi istintivo pensare al complotto ordito dagli avversari politici. Io, tuttavia, ho sempre confermato la mia convinzione sulla tentata rapina. Ho un amico che la sera dell’omicidio Pasolini era alla stazione Termini. Lui dice di sapere con certezza che nel delitto sono rimaste coinvolte altre persone. Altri ragazzi. Gli ho sempre detto di denunciare ciò ma lui non se l’è mai sentita. Anche se non so a quanto porterebbe. In fondo lui potrebbe testimoniare solo che altri, dietro a Pelosi e al regista, si sono diretti a Ostia”. Consoli in tal senso è pronto a rispondere anche al cugino del regista che nella sua intervista al Corriere della Sera ha messo all’indice tra gli altri pure gli argomenti, definiti illazioni personali, rilanciati da Dario Bellezza: ”Posso giurare davanti a chiunque – dichiara Consoli – che la convinzione intima di Dario era che Pasolini fosse stato ucciso da una o più marchette, poi Bellezza, per interessi suoi, pubblicava le varie teorie possibili. Io e Dario ne abbiamo parlato tantissime volte. Anche perché quando insieme andammo al tribunale dei minori, vedemmo di persona Pelosi e proprio Dario mi disse ‘Lo capisco Pasolini che s’è fatto ammazza’ da uno così…È tutto Ninetto Davoli!’ a sottolineare la forte somiglianza tra l’allora presunto assassino e il beniamino di sempre del regista. C’è poco da fare – conclude - Pelosi era esattamente il tipo pasoliniano, non c’è nulla di strano, purtroppo, in tutto quello che è accaduto quella sera all’Idroscalo”. |
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