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Pasolini corsaro e diverso
Le ragioni del suo successo in Germania
Un convegno a Casarsa: "Pasolini in lingua tedesca" - dicembre 2008
"Il Messaggero Veneto"

È stato più volte osservato che nei paesi di lingua tedesca l'interesse verso la figura e l'opera di Pasolini ha inizio solo dopo la morte dello scrittore. Al di là della diffusione dei film, il volume che decide, in modo abbastanza clamoroso, la fortuna di Pasolini in Germania è infatti la traduzione degli Scritti corsari pubblicata dall'editore berlinese Wagenbach nel 1979: un libro destinato a incontrare subito il favore del pubblico e di cui saranno vendute in pochi mesi ben 40.000 copie. In realtà questa edizione comprendeva solo una scelta degli Scritti corsari, e specificatamente quelli che più si prestavano a essere integrati nel dibattito culturale tedesco. È in particolare la seconda parte del volume – quella definita da Pasolini più «umile», e meno legata all'attualità rispetto alla prima, e tuttavia destinata ad approfondire, nelle intenzioni dell'autore, la serie di scritti immediatamente rivolta a questioni di natura politica – che viene sacrificata nell'edizione tedesca, al punto che dei venti articoli che la costituiscono se ne troveranno nel libro di Wagenbach solo cinque.

Il Pasolini che viene presentato in Germania è così un Pasolini costretto nell'orizzonte esclusivo della analisi politico-sociale, sempre e forzatamente «corsaro», schierato contro l'omologazione culturale e il nuovo fascismo, Cassandra della degradazione consumistica e cantore di un'Italia arcadica e pre-industriale, un Pasolini, quindi, perfettamente trasponibile nel dibattito tedesco di quegli anni, caratterizzato dall'affermarsi del movimento ecologista dei Verdi, le cui battaglie per la salvaguardia dell'ambiente e il rinnovamento della politica venivano appunto condotte da una apocalittica prospettiva di denuncia. In questo senso appare emblematico il sottotitolo dato all'edizione tedesca degli Scritti corsari, e cioè Die Zerstörung der Kultur des Einzelnen durch die Konsumgesellschaft, ovvero La distruzione della cultura del singolo ad opera della società dei consumi. Si trattava, evidentemente, di un’opposizione ben radicata nella storia tedesca delle idee e riconducibile, in fondo, alla vecchia opposizione tra Kultur e Zivilisation, tra cultura e civilizzazione, ossia alla denuncia del pericolo che la società di massa costituirebbe per la vita spirituale del singolo. In questo modo all'opera saggistica di Pasolini veniva impresso il marchio di una dialettica tutta tedesca, in cui il progresso e la modernità coincidono con l'inesorabile naufragio dell'Occidente, segnando la fine di secolari valori umanistici. Il lettore tedesco della fine degli anni Settanta poteva così legittimamente collocare Pasolini in una linea di pensiero che partiva dalla stessa scuola di Francoforte.

In un momento di crisi della socialdemocrazia, in cui più forte si faceva sentire la critica allo sviluppo tecnologico e industriale, l'elegante libro delle edizioni Wagenbach riusciva pertanto a occupare un posto d'onore nelle biblioteche della Nuova Sinistra ecologica, tanto più che l'Italia arcadica vagheggiata da Pasolini finiva per corrispondere a un modello idealizzato del nostro paese, da sempre caro all'intelligenza tedesca. E sino a che punto gli Scritti corsari abbiano costituito un punto di riferimento per il dibattito di quegli anni lo si può constatare nel titolo scelto dall'editore Wagenbach per la sua prima rivista di letteratura ‘impegnata’, nata nello stesso 1979, e chiamata appunto Freibeuter, «Il corsaro».

Vi è però una seconda ragione della fortuna tedesca di Pasolini, e cioè il profondo fascino esercitato dalla biografia dello scrittore, suggellata, per così dire, dalla tragica morte. L'esistenza di Pasolini si mostrava nel segno di una irriducibile diversità ai modelli di comportamento della società di massa, soprattutto nell'enorme provocazione rappresentata dall'omosessualità. In questo senso è significativo che il dibattito sull'opera di Pasolini nei paesi di lingua tedesca sia stato inscindibilmente legato, sin dalle prime recensioni all'edizione degli Scritti corsari – e ancora prima nelle reazioni a Salò o le 120 giornate di Sodoma – a un'interpretazione della figura dell'uomo e dell'intellettuale. Schematizzando, si può affermare che Pasolini sia stato visto come il prototipo dell'intellettuale che paga con la diversità e l'emarginazione il prezzo del proprio impegno nel sociale, e che d'altra parte è in grado di criticare la società solo dalla sua posizione di alterità.

Ora, questo paradosso dell'impegno civile che si trasforma in diversità esistenziale, e della diversità esistenziale che sola garantisce l'impegno civile, rappresenta un problema vivissimo nella stessa coscienza letteraria tedesca del dopoguerra, se non il problema principale della sua identità, stretta a tenaglia – e basti pensare al Gruppo 47 – tra la volontà dell'impegno e la marginalità oggettiva del proprio ruolo.

Si potrebbe dunque affermare che nella parabola esistenziale di Pasolini la cultura tedesca trovi rispecchiato emblematicamente il dilemma della propria condizione, quello che Adorno in altro contesto e replicando a Sartre aveva definito la Dialettica dell'impegno. Nello stesso anno della morte di Pier Paolo Pasolini era del resto apparso in Germania un libro destinato ad avere uno straordinario peso nel dibattito letterario. Si chiamava Die Ausenßeiter – in italiano è stato tradotto con il titolo I diversi – ed era opera di uno dei più grandi critici letterari tedeschi: Hans Mayer. In questo libro Mayer traccia una fenomenologia della diversità, nella letteratura come nella vita, dimostrando come nella figura del diverso l'arte assolva a una funzione primaria di opposizione.

Nell'opera di Mayer il nome di Pasolini non compare, ma certo avrebbe potuto benissimo trovarvi posto, a esempio nel capitolo dedicato a Sodoma, la più provocatoria delle diversità, in cui l'autore analizza, a esempio, la tragica morte di Winckelmann a Trieste.

 

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