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Notizie Da Totò a "Ultimo Tango a Parigi"
Appena inaugurate, realizzate dalla Cineteca di Bologna, volute dal gruppo di lavoro che fa capo a Tatti Sanguineti, a regime queste pagine web ospiteranno la documentazione sull'iter che tutti i film distribuiti in Italia hanno dovuto seguire, per ottenere il visto di censura. Per ora sono disponibili i fascicoli dal 1913 al 1943. Poi, a scaglioni, si arriverà fino al 2000. E nel futuro saranno visibili online, oltre alla parte cartacea, anche i tagli veri e propri, gli spezzoni, i fotogrammi "revisionati". Anche se in quantità minore: ne sono stati ritrovati circa 2.500, su un totale di 130 mila titoli. Un patrimonio prezioso per la storia del cinema, ma anche per quella del costume. Visto che la censura testimonia anche i mutamenti nella sensibilità media di un Paese. Prendiamo ad esempio Il Decameron di Pierpaolo Pasolini (guarda il pdf), uno degli autori più bersagliati. Ma per il suo film ispirato all'opera di Giovanni Boccaccio e datato 1971, la mannaia non colpisce con durezza: "Alcune sequenze - si legge nel documento - altamente erotiche (...) travalicano l'osceno più crudo e la dissacrazione. Va però osservato che pur nella plateale volgarità di alcune battute tipiche dell'eloquio del regista, il film si muove veramente (...) sul piano artistico". Insomma, un riconoscimento del valore dell'opera. Che esce col divieto ai 18 anni e con 58 metri di tagli (su un totale di 2.634 metri di pellicola). Poco dopo, un altro caso che fa scuola: Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (guarda il pdf), che, uscito nel 1972, viene subito sequestrato e solo in seguito sbloccato dalla magistratura. Ma la censura, che gli aveva "rubato" quasi 94 metri di pellicola, lo riabilita solo più tardi - e così, nel 1987, esce di nuovo nelle sale. Ma se qui la reazione era prevedibile, più inaspettata è la vicenda che ruota intorno alla commedia Totò e Carolina di Mario Monicelli (guarda il pdf). Siamo a metà anni Cinquanta, e l'uomo forte dell'epoca, il ministro Mario Scelba, la bolla come "inammissibile". Colpa, come disse in seguito il regista, della sua "satira della polizia, del clericalismo" e di "una specie di esaltazione umoristico-comica delle sezioni comuniste". Da qui il massacro: 31 scene abolite per 200 metri di pellicola, e molte situazioni edulcorate. In quello stesso periodo, da segnalare anche La Spiaggia di Alberto Lattuada (guarda il pdf), anno 1954: una sequenza fu tolta perché vi compariva una copia dell'Unità. E altre perché i costumi da bagno erano troppo succinti. Ma sul piano generale, a quali argomenti i censori sono stati da sempre più sensibili? Anna Fiaccarini, responsabile degli archivi extrafilmici della Cineteca di Bologna, non ha dubbi: "Gli autori delle revisioni - spiega - sono stati particolarmente attenti al tema della difesa della famiglia. Guardando con sospetto le avventure extraconiugali, i triangoli amorosi, e le altre situazioni simili". Forse per la presenza vaticana sul nostro territorio. Ma non ci sono solo film italiani. Anche quelli stranieri, per uscire nelle nostre sale, devono sottoporsi a censura. Esempio: Metropolis, capolavoro di Fritz Lang (1927). I revisori nostrani chiedono che la celebre "sequela di scene di operai che vanno al lavoro a passo lento, sia appena accennata": forse perché troppo rivelatrice della difficile condizione operaia. Ancora più paradossale il caso di Madame du Barry, l'opera di Ernst Lubitsch che racconta la Rivoluzione francese. Fatto, questo, che preoccupa molto i controllori italiani: tanto che la loro richiesta è quella di tagliare "tutti gli episodi della Rivoluzione raffiguranti barricate, conflitti fra la folla e forza armata". In altre parole: il cuore pulsante del film.
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