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La Roma di Pasolini La memoria di Donna Olimpia Così passavano i pomeriggi a far niente, a Donna Olimpia. sul Monte di Casadio, con gli altri ragazzi che giocavano nella piccola gobba ingiallita al sole, e più tardi con le donne che venivano a distenderci i panni sull’erba bruciata.
Anche se non rimane traccia, oggi, dei «prati secchi» e delle «gobbe ingiallite dal sole» di cui parlava Pasolini a metà degli anni Cinquanta, alcuni dei nomi di luoghi che compaiono con insistenza nei primi due capitoli di Ragazzi di vita suonano familiari a chi abita da queste parti: via Ozanam, Ponte Bianco, viale dei Quattro Venti, la stessa via Donna Olimpia dove sorgono ancora oggi i «Grattacieli» - gli enormi complessi dell’Istituto autonomo case popolari realizzati letteralmente in mezzo al nulla negli anni Trenta - sono ancora li a fare da ponte fra epoche diversissime e a identificare un territorio per tanti versi irriconoscibile. C’è invece bisogno di qualcuno che abbia perlomeno passato la cinquantina per rimettere al loro posto i tanti tasselli mancanti e avere ragione di nomi enigmatici come «Splendore» e «Casadio», che nulla dicono ai più giovani abitanti della zona, inevitabilmente restii ad interpretare la parola «monte» in senso letterale. Infanzia ai Grattacieli Fra quelli che si salvarono c’era invece la famiglia di Giuseppe Parrello, conosciuto in borgata come «il Pecione», per via della pece che usava nel suo mestiere di calzolaio.
La mattina ci fu il crollo e il pomeriggio gli adulti si riunirono e decisero di occupare le case popolari di via Donna Olimpia n. 56, che erano ancora in costruzione, anche se praticamente già finite. Molti di quegli appartamenti furono in seguito assegnati agli occupanti dall’Istituto. Io è da allora che abito lì». Al 30 e al 5 si aggiunge infatti nel dopoguerra il 56, situato più in là verso Ponte Bianco, poco prima degli stabilimenti della Ferrobeton, il «Ferrobedò», la fabbrica di binari teatro delle scorribande del Riccetto, che negli anni a venire sarebbe stata buttata giù per far posto al nuovi, sempre più fitti, complessi residenziali. La famiglia di Silvio precedentemente aveva abitato al Pigneto. Fino al luglio del ‘43. «Mio padre il giorno dei bombardamenti stava proprio a San Lorenzo, perché era andato da un rivenditore di suole che abitava in quella zona. Il palazzo dove aveva la bottega questo tizio è venuto giù completamente, tranne il piano terra, dove c’era appunto il negozio. Mio padre quindi s’è salvato per un pelo». Il Pecione doveva essere fatto di una pasta non comune, se è vero, come mi racconta poi Silvio, che era scampato anche a un’altra esperienza terribile, quella del confino a Ventotene, insieme a Pertini e Scoccimarro, dove era stato mandato in qualità di comunista e antifascista. Storia di un’ossessione Silvio è forse l’unico, fra i «ragazzi di vita», ad aver letto per intero il romanzo. Poeta egli stesso, non fa alcun mistero della sua viscerale passione per Pasolini che, sia pure a distanza di tempo dal loro effettivo incontro, è entrato progressivamente a far parte della sua vita, fino a diventare (sono parole sue) una vera e propria «ossessione». ![]() Tutt’intorno alla porticina sono affissi testi, poesie e articoli di giornale, che parlano di Pasolini o dello stesso Parrello: per lo più recensioni delle sue numerose mostre e pubblicazioni o segnalazioni di eventi culturali che lo riguardano. All’interno dello Scrittoio, quest’intellettuale autodidatta, che per vivere fa l’imbianchino, colleziona quasi feticisticamente una grande quantità di documenti su Pasolini. Alle pareti sono appese numerose tele, mentre altre, sollevate sul cavalletto o appoggiate per terra, sono ancora in fase di lavorazione. Giù ai Piloni «... Giù dai piloni gli andarono dietro Remo, lo Spudorato, il Pecetto, il Ciccione, Pallante, ma pure i più piccoletti, che non ci smagravano per niente [...]». Dalle panchine poste di fronte allo Scrittoio, scorgo, fra poesie e ritagli di giornale, l’unico brano di Ragazzi di vita in cui viene citato il Pecetto. La scena è quella del bagno al Tevere, al Ciriola, lo stabilimento un tempo situato fra Ponte Sisto e Ponte Garibaldi «Noi però il bagno lo andavamo a fare in genere giù ai Piloni, a Ponte Marconi, e Pasolini spesso veniva con noi. Non credo sia un caso che mi abbia citato proprio in quel contesto: anche se lui a noi più piccoli non ci filava granché, io ero uno dei pochi che sapeva nuotare e quindi gli andavo dietro quando lui attraversava il fiume...». «Paolo», come lo chiamavano i ragazzi, frequentava regolarmente il campetto di pallone sotto al Monte di Splendore. «Era praticamente uno di noi. Oltretutto era uno parecchio prestante: oltre a giocare a calcio, noi facevamo spesso la lotta e lui era imbattibile, perché pur essendo bassino e molto magro aveva un fisico atletico, tutto muscoli Riusciva a buttare giù anche due o tre persone contemporaneamente.». ![]() «Anche quando era ormai andato ad abitare a via Carini, nello stesso stabile di Attllio Bertolucci, ogni tanto ci veniva a trovare con la Cinquecento nuova nuova che gli aveva regalato Fellini. Il Pecetto mostra una certa insofferenza nei confronti dell’immagine tante volte evocata del Pasolini adescatore di minorenni. «A sentire certe persone, sembra che Pasolini volesse andare con chiunque. In realtà aveva i suoi gusti e quando andava con qualcuno era perché questo voleva in un certo senso pure lui: alcuni ragazzi si prostituivano per rimediare qualche soldo. E alla luce di questo risulta più chiara anche tutta l’ipocrisia dei commenti che si sono fatti a proposito di Pelosi. Pino «la rana» (il «reo confesso» del delitto Pasolini, ndr), che era né più né meno che un marchettaro della Stazione Termini». «Nessuno sa dei ragazzi di vita...» C’è un’ultima cosa di cui vorrei parlare con Silvio. Pasolini sosteneva, trent’anni fa, che la televisione, la «società del benessere», l’«edonismo consumista» indotto dal «neocapitalismo», stavano velocemente trasformando la gioventù, e che i borgatari della Roma degli anni Cinquanta, o i giovani contadini friulani del Sogno di una cosa, erano in realtà loro che potevano considerarsi fortunati se riuscivano ad arrivare alla quinta elementare, ben più saggi e istruiti dei giovani «televisivi» e omologati dal consumo di massa. Istruiti dalla vita e dalla miseria, depositari di un sapere non scritto tramandato attraverso le generazioni, a volte cinici e feroci. ma anche capaci di altruismo e di profonda solidarietà. Cosa pensa allora Silvio di quelli che hanno adesso diciassette o vent’anni a Donna Olimpia? Quali differenze coglie rispetto all’adolescente che è stato? Il Pecetto si alza, fruga per un po’ in mezzo alle sue cose e mi allunga, scritta a mano in bella calligrafia sul dorso di una foto che lo ritrae dentro al cortile di uno dei Grattacieli, una poesia di Pasolini: Nessuno sa dei ragazzi di vita che anima allegra e leggera avevano: SU SILVIO PARRELLO, RAGAZZI DI VITA E MONTEVERDE VEDI ANCHE:
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