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Senza parole
Pelosi e la cerimonia del 2 novembre all'Idroscalo
Emanuele Di Marco
13 novembre 2008

Quando ho saputo che Pelosi avrebbe presenziato alla commemorazione del 33° anniversario della morte di Pasolini, ammetto di essere rimasto piuttosto indifferente. 

Ho pensato, subito, che non ci fosse nulla di particolarmente edificante, che Pelosi rimane il discreto venditore di se stesso che è sempre stato e poco altro.

Poi ho saputo delle nuove, omertose, lacunose, vergognose rivelazione della vecchia ‘rana’ e mi sono un po’ arrabbiato: la, ancora nuova (a quale versione saremo arrivati?), storia di quella tragica notte del 2 novembre 1975, per la quale una macchina, con a bordo due amici di Pelosi di cui lui non fa i nomi e che seguivano l’Alfa di Pasolini con l’intento di derubarlo, è stata a sua volta, quasi casualmente, pedinata da un’altra con a bordo fascisti, oppure gente dei servizi o chissà chi, mi ha rivoltato per la sua inverosimile e patente falsità.

E, a ritroso, ho cominciato a provare ribrezzo e sgomento per la partecipazione di Pino alla cerimonia dell’Idroscalo. Ma come? Le sue parole sono talmente inattendibili e doppie da non averlo ancora minimamente scagionato (senza dubbio non a livello processuale), è ‘de facto’ (lo so, contro ogni indicazione della più elementare ragionevolezza) l’unico omicida di Pasolini riconosciuto dalla giustizia italiana (sic), non ha mai ricevuto una pubblica riabilitazione dagli eredi di Pier Paolo né l’ha cercata, eppure è lì, a pavoneggiarsi, a raccontarci l’ennesima frottola.

Non conta nulla che noi sappiamo, pur non avendone le prove, che lui non è stato l’(unico) omicida di Pier Paolo: egli è sicuramente l’unico che sa, e non ha neanche una volta parlato sinceramente.

Personalmente, dubito che lo farà mai e ho paura che la verità ‘vera’ se la porterà nella tomba.
Avrei voluto esprimere tutta la mia rabbia in queste insufficienti righe ma ho ricevuto un inaspettato aiuto ‘dall’alto’. Non sono un lettore de ‘L’Unità’, ma mia sorella, l’altro giorno, ha ritagliato e serbato per me un articolo di Adele Cambria che, sul quotidiano fondato da Gramsci, il 4 novembre scorso, dice esattamente quello che avrei voluto io, ma decisamente in maniera più efficace.

Eccone alcuni stralci.

Al principio […] mi ha aggredito il senso di colpa. Se ci fosse ancora Laura Betti, ho pensato, […] questo assurdo detestabile fatto di cronaca non sarebbe potuto accadere. Ma Laura non c’è più, non c’è più Enzo Siciliano, scomparso da anni Paolo Volponi […].
 (L’ex deputato dei Verdi Angelo Bonelli) è stato l’unico a protestare per quella presenza: «Mi chiedo quanto sia opportuna. Chi in questo omicidio ha avuto un ruolo dovrebbe dire la verità». Protesta troppo rispettosa, forse […]. Ogni tanto Pelosi riemerge dalle tenebre e dà una nuova versione dei fatti. Ma fin a quando le sue fantasie non troveranno il sostegno di una qualsiasi prova, l’unico che, come dice Bonelli, “ha avuto un ruolo”, è lui.
Sono così indignata […] che telefono a Dacia Maraini […] anche, tra amiche si può, per ‘accusarla’: «Tu però in quel libro scritto da Pelosi con l’aiuto di una giornalista e intitolato “Io angelo nero” hai legittimato una sorta di rinascita del ragazzo […]». Dacia è molto chiara, nella risposta: «Una cosa è la pietà per un ragazzo di 17 anni […], un’altra il giudizio sui comportamenti di un 50enne: che poi passano nell’opinione comune come ‘normali’, l’assassino, unico o non-unico che sia, che si presenta alla commemorazione della sua vittima, perché scandalizzarsi? […] le vittime diventano i carnefici. No, la Storia ha un significato che porta a un giudizio. Che almeno Pelosi dica finalmente la verità!».
Ecco. Ora mi sento anche un po’ in colpa di fare, comunque, parte di una società che tutto questo permette.
 
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INVITO ALLA LETTURA
BRANI DI PIER PAOLO PASOLINI


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DA OTTOBRE 1998




















 


Senza parole. Pelosi e la cerimonia del 2 novembre all'Idroscalo, di Emanuele Di Marco

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