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"Pagine corsare"
Cinema
Pier Paolo Pasolini. Quando il
poeta-regista girava in Calabria
Intervista, curata da Marcello Furriolo concessa da Pier Paolo Pasolini e pubblicata sul primo numero de
"Il Manifesto" di Catanzaro nell' aprile del 1964
da "Soverato.com"
PASOLINI "Sono in Calabria per trovare dei volti nuovi per il prossimo film Il Vangelo, di cui inizierò le riprese il giorno 6 a Roma ed a Tivoli, per poi trasferirmi in Puglia, Lucania, e quindi verso la fine di maggio-primi di giugno, qui in Calabria nelle zone di Cutro e Crotone".
MANIFESTO Ulteriormente incuriositi incalziamo: come mai ha scelto proprio queste zone per girare il suo film?
PASOLINI "Il paesaggio calabrese con i suoi meravigliosi contrasti naturali in cui a dolci pendii si contrappongono violenti sbalzi rocciosi, penso che sia determinante e quindi essenziale per il mio film".
MANIFESTO Non del tutto soddisfatti della sua risposta insistiamo: non avrà anche dei motivi, magari di carattere sociale?
PASOLINI "Penso che le folle colorite e varie che s'incontrano in queste zone, difficilmente si trovino altrove. Ecco è proprio il senso; la bellezza di queste masse che io voglio sfruttare per il mio film".
MANIFESTO La risposta ci dà modo di entrare in un argomento molto più preciso e forse a noi più vicino: cosa pensa della città di Catanzaro?
PASOLINI "Sono stato più volte a Catanzaro ed ho avuto sempre la stessa sensazione. Catanzaro, come tutte le città burocratiche, è una città un po' triste e deprimente. Infatti, malgrado si trovi in un posto molto bello e piacevole, la carenza di uno sviluppo urbanistico organico, per la mancanza di un piano regolatore, le conferisce un aspetto un po' caotico e confusionario, ma sempre grigio ed amorfo, cosa che del resto avviene in moltissime altre città italiane".
MANIFESTO Cerchiamo di ribattere che anche nella nostra città sussiste ed è caratteristica una certa vivacità, una certa vita.
PASOLINI "Non credo che possa considerarsi vita e quindi vivacità quella che caratterizza un certo tipo di società medio borghese, in cui i problemi, le ansie, le attività, nascono solo dalle preoccupazioni individuali egoistiche di una grigia classe impiegatizia che purtroppo per voi costituisce il nervo di questa enorme impalcatura burocratica. Penso che si possa parlare di vivacità e quindi di vita, in quelle città marinare, mercantili, laddove si sente palpitare coralmente il cuore delle masse popolari".
MANIFESTO Questa risposta ci lascia un po' sgomenti proprio perché ci ha quasi illuminati, ci ha prospettato in termini duri, come del resto è il suo stile, quella che è la nostra realtà di tutti i giorni. Ha messo a nudo la piaga più profonda della nostra società calabrese, in cui i feticci della nostra borghesia ci inchiodano nelle strettoie di orizzonti culturali legati agli schemi classici di un grigio qualunquismo. E di questo andazzo siamo proprio noi giovani a pagarne le conseguenze, nella impossibilità di una libertà espressiva, nella inutile lotta contro le barriere insormontabili del monopolio politico e culturale.
Vogliamo passare, nella nostra intervista, a trattare un argomento che costituisce uno dei motivi del nostro interesse per questo personaggio.
Abbiamo assistito giorni orsono alla proiezione del suo ultimo lavoro cinematografico: l'episodio "La ricotta" incluso nel film "Laviamoci il cervello". Abbiamo letto che la censura aveva bloccato il film proprio per il suo episodio. È stato tagliato molto?
PASOLINI "Niente affatto, altrimenti non avrei accettato di presentarlo. Ho dovuto subire solo l'eliminazione di due battute, d'altra parte per nulla determinanti alla comprensione del film stesso. Ed in questi si è dimostrato palesemente che le accuse rivoltemi, di vilipendio alla religione, non sono state che un pretesto".
MANIFESTO Che cosa ha inteso esprimere col suo episodio?
PASOLINI "La chiave del mio episodio sta nella distruzione totale dell'individuo borghese medio, con la sua ignoranza, i suoi terribili difetti ed è questo che ha urtato contro la suscettibilità della censura".
MANIFESTO Infatti, aggiungiamo, essa balza fuori chiara dalla frase di Orson Welles al giornalista immerso nella sua irrimediabile mediocrità.
PASOLINI "Esatto; la storia serve solo da sfondo, anzi direi quasi da pretesto".
MANIFESTO Comunque il film, tranne il suo episodio ed in un certo senso quello di Godard che si rivela soprattutto valido dal punto di vista narrativo e quindi del linguaggio in immagini, si rivela un po' povero di idee e mi sembra che segni un terribile passo falso di un grande maestro come Rossellini.
PASOLINI "Si in effetti il film è molto brutto e bisogna proprio dire che la cosa più brutta l'abbia fatta Rossellini. Peccato perché è stata qualcosa di veramente impensabile e ciò sebbene già in precedenza io avessi espresso il mio giudizio allo stesso Rossellini. Per quanto riguarda Godard ha fatto un episodio senza impegnarsi molto, anche se in ogni immagine si può riscontrare la mano del grande regista. Dell'episodio di Gregoretti meglio non parlarne".
In merito al lavoro che sta per iniziare, che lui comunque considera un po' affrettato, non azzardiamo nemmeno una domanda convinti come siamo che un'arte come quella di Pasolini si attua nell'intima dialettica delle immagini che trascendono ed esaltano nello stesso tempo i valori contenutistici, dando all'opera cinematografica una plastica evidenza che si attua nel pathos dei vividi contrasti chiaroscurali. In altri termini siamo persuasi che un suo film sia tutta un'esperienza da vivere ed in essa e per essa si realizzino anzi si incontrino le nostre più inconscie aspettative con gli intenti programmatici dell'autore.
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