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2 novembre 2006

"Pagine corsare"

La poesia di Pasolini
al Cimitero Acattolico di Roma
Rita Sala, Il Messaggero, 2 novembre 2006

«Povero come un gatto del Colosseo, / vivevo in una borgata tutta calce / e polverone, lontano dalla città / e dalla campagna, stretto ogni giorno / in un autobus rantolante: / e ogni andata, ogni ritorno / era un calvario di sudore e di ansie». 

Potrebbe essere l’annotazione che un romano di periferia, incazzato ma poeta, si è studiato di ricavare dalla quotidiana odissea vissuta per arrivare in centro. Invece no. I pochi versi qui sopra vengono da Le ceneri di Gramsci, in particolare dal poemetto omonimo (del 1954) che costituisce la parte centrale, nonché la più nobile, dell’opera di Pier Paolo Pasolini alla quale dà il titolo, pubblicata nel 1957.

E davanti al sepolcro di Antonio Gramsci, un piccolo sacello al Cimitero degli Inglesi («...tra Porta San Paolo e Testaccio, non lontano dalla tomba di Shelley. Sul cippo si leggono solo le parole: Cinera Gramsci, con le date», scrive Pasolini), Gigi Proietti leggerà oggi, alle 15.30, per la XIII edizione di “Luoghi della Memoria”, proprio le classicheggianti, alte e insieme attualissime strofe del poeta friulano. Lo accompagneranno musiche di Vivaldi e Beethoven eseguite dal Quartetto Aki. «Le Ceneri dice Proietti sono una grande testimonianza di impegno civile. Per celebrare il 2 novembre, giorno di riflessione e anche, se luoghi e tempi ce lo consentissero, di meditazione, non vedo miglior Parola. Pasolini, in questi versi, è sconvolgentemente uomo di oggi. Le sua analisi, i suoi paragoni, le sue amarezze, sembrano strappati all’esistenza consapevole di chi, fra noi, si guarda intorno senza infingimenti, ma sentendosi parte del “popolo”. E non rinuncia speranza». 

Per Pasolini, Gramsci non è qui l’uomo della lotta, bensì una figura cara da indentificare con quella del proprio fratello, partigiano assassinato durante la strage di Porzus. E con tutti i “fratelli” del mondo, scomparsi, mancanti, rimpianti. «Sono versi intimi e insieme “politici”. Nel giorno dei Defunti, credo che la poesia di questo segno sia, in assoluto, il gesto di commemorazione più eloquente. Da sempre, il 2 novembre, amo recitare versi, “dirli”. Anzi, al ruolo del dicitore, negli ultimi tempi, mi sto affezionando in maniera particolare, credo sia una bella missione. Approvo l’iniziativa dell’Assessorato alle Politiche Culturali: il silenzio del giorno dei morti può essere infranto solo dalla Parola». 

Ricordiamo, a proposito della nuova inclinazione di Gigi, la performance dantesca che un paio di mesi fa al Teatro Romano di Benevento, ha visto ottimo protagonista l’attore romano: il quinto Canto dell’ Inferno, dalla Divina Commedia, in occasione del locale Festival estivo. Come tecnicamente abbia scelto di scandire le terzine pasoliniane, testimoni dei tanti dissidi di pensiero e d’azione che hanno attraversato la poetica dell’intellettuale assassinato ad Ostia cinquant’anni fa, Proietti non lo rivela. «Ci ho pensato a lungo. Il verso non termina quasi mai con un senso compiuto. Mi spiego: l’ultima parola del verso A va quasi sempre agganciata con la prima del verso B. Occorre una dizione libera, capace di restituire i termini usati dal poeta assieme ai concetti che essi incarnano. Senza per questo evidenziare le regole metriche volutamente e con precisione rispettate da Pasolini». 

Che il 2 novembre sia anche l’anniversario della morte violenta del poeta e regista, Proietti lo sottolinea come «motivo in più per sentire significativa la lettura delle Ceneri». «Dovremmo ricorrere più spesso, tutti, alla Poesia e alle verità di cui riesce ad essere una sintesi unica, davvero insostituibile. La Poesia è il terreno delle evidenze, delle spiegazioni senza appello, dei segreti rivelati. Pochi versi riescono a convertirsi, in certi momenti, in chilometrici discorsi chiarificatori». Un esempio? Gigi dirà, fra l’altro, dalle Ceneri: Per quali strade il cuore / si trova pieno, perfetto anche in questa / mescolanza di beatitudine e dolore? / Un po' di pace... E in te ridesta / è la guerra, è Dio. Si distendono / appena le passioni, si chiude la fresca / ferita appena, che già tu spendi / l'anima, che pareva tutta spesa, / in azioni di sogno che non rendono / niente... 


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Il "Cimitero acattolico" di Roma, un tempo detto "Cimitero degli stranieri", "Cimitero dei protestanti", o anche "Cimitero degli artisti e dei poeti", è da molti considerato uno dei più belli e suggestivi del mondo. La zona dove sorge il Cimitero, fra Porta San Paolo e il Testaccio, ancora nel '700 e fino ai primi dell' '800 faceva parte dell'Agro romano. Essa era nota appunto come "i prati del popolo romano" e così viene indicata nella pianta della città del Nolli, del 1784, forse il primo documento che attesti ufficialmente il luogo dell'attuale "Cimitero dei protestanti".

Secondo la legislazione dello Stato Pontificio, nessun acattolico poteva essere sepolto in chiesa o in terra benedetta e le inumazioni dovevano aver luogo di notte, per non suscitare forse l'avversione e il fanatismo religioso del popolo e garantire l'incolumità di coloro che partecipavano al rito funebre.

Né mura né altro limite separavano le tombe dalla campagna circostante: ancora nel 1810, come attestano alcune cronache dell'epoca, le tombe venivano profanate da fanatici e da ubriachi. 

Nel 1817 i rappresentanti diplomatici di Prussia, Hannover e Russia si rivolsero al cardinale Consalvi, allora segretario di Stato pontificio, per ottenere il permesso di recingere, a proprie spese, il Cimitero. Benché contrario, il cardinale si dimostrò disposto a cedere un'area confinante dei "prati del popolo romano", che venne recintata a spese dell'Autorità pontificia: questa zona è indicata oggi come "zona vecchia", mentre la zona originaria, a ridosso della Piramide di Caio Cestio, è detta "parte antica". Quest'ultima fu delimitata solo nel 1824 da un fossato che costituì per mezzo secolo l'unica difesa dell'area cimiteriale.

Nel 1894, l'Ambasciata di Germania acquistò, anche a nome delle Colonie Estere Acattoliche, circa 4300 mq in aggiunta a quelli già esistenti per il Cimitero Protestante in Roma presso il Testaccio. L'area fu allora suddivisa in zona prima, zona seconda e zona terza, nella quale nel 1898 fu costruita una semplice cappella. 

 

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Vedi anche: tutti gli aggiornamenti di "Pagine corsare" da ottobre 1998
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La poesia di Pasolini al Cimitero Acattolico di Roma

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